Samuel: «Rivedere il pubblico che balla è stato entusiasmante»
Il cantante dei Subsonica, dopo l'ultimo singolo E Invece, sta portando il suo spettacolo solista nei locali italiani
«E Invece è un brano estemporaneo, che non assomiglia a niente. È una canzone legata a quell’amore che vedi passare tutti i giorni davanti, e a cui non riesci a confidare quello che provi. Una canzone spassionata e leggera che ha l'ambizione di non avere ambizioni, e che vuole regalare un momento di leggerezza e di malinconia a chi l’ascolta». Parola di Samuel, storica voce dei Subsonica, che ha da poco pubblicato il nuovo singolo solistaE Invece realizzato in collaborazione con Jeremiah Fraites, co-fondatore del gruppo musicale statunitense The Lumineers. Il brano, caratterizzato dal sound accattivante di chitarre acustiche e battiti di mani, racconta di un amore di quelli che si sfiorano a vicenda, fra rimpianti, ricordi e una piacevole nostalgia. L'artista, attualmente in tour per promuovere il suo ultimo progetto Brigatabianca, si esibirà nei prossimi giorni all'Hiroshima Mon Amour di Torino (27/5), alla Latteria Molly di Brescia (28/5), al Giardino dell’Università di Verona (1/6), al Music In Village di Pordenone (2/6), al Mercato Nuovo di Taranto (4/6), al Rama Beach di Castel Volturno (5/6) e al RiveRock di Assisi (29/7).
Samuel, hai dichiarato che E Invece, il tuo ultimo singolo in collaborazione con Jeremiah Fraites, co-fondatore di The Lumineers, ha "l'ambizione di non avere ambizioni". Che cosa intendevi esattamente?
«Quando ci approccia alla scrittura di una canzone, normalmente ci si dà un obiettivo e un punto d'arrivo musicale. E Invece era già lì, da un po' di tempo, ma ancora non aveva trovato una sua casa musicale. In questo periodo di incertezza organizzativa, in cui ho fatto uscire un disco in piena pandemia che ancora sto raccontando in tour, ho continuato a scrivere musica, anche senza la progettualità di un vero e proprio album, poiché entro la fine dell'anno registreremo un nuovo disco dei Subsonica e un progetto speciale con i Motel Connection. In questo clima di attesa, non mi piaceva stare con le mani in mano e così ho ritirato fuori ciò che non aveva trovato posto in Brigatabianca. Quando Jeremiah, che ora vive a Torino, è venuto in studio a trovarmi, si è subito innamorato della canzone. E invece non ha l'ambizione di raccontare una storia particolare o un futuro album, era una musica che casualmente ha avuto voglia di venire a galla, una canzone di cui sono innamorato e che tenevo da mesi al centro del desktop sul pc, ma che aveva bisogno di un evento particolare. Con Jeremiah è stato bellissimo lavorare insieme, lui fa parte di uno dei gruppi più famosi al mondo (The Lumineers n.d.r.) e si è appassionato al brano, tanto da riarrangiarlo completamente. C'è stata una grande sintonia umana e artistica, la parte empatica ed emotiva del brano è la diretta conseguenza del rapporto che si è creato tra noi in studio»
Il precedente singolo Elettronica ha sonorità assai diverse, un electropop che ci trasporta nella fervente scena clubbing torinese di metà anni Novanta. Secondo te tornerà mai quel tipo di fermento o la pandemia è stata una pietra tombale per il clubbing italiano, già in crisi da qualche anno?
«Da parte dei ragazzi molto giovani c'è un forte interesse verso quel tipo di sonorità. Una settimana fa abbiamo suonato con i Motel Connection all' Eurovision al Valentino e c'erano 20.000 ragazzi che saltavano davanti al palco. C'è una fascinazione e un interesse verso quel tipo di musica, che non morirà mai. Negli anni Novanta è accaduto qualcosa di magico, c'era una grande libertà e una grande creatività da parte dei gestori dei locali. Adesso c'è una scena da reiventare completamente, seguendo però regole nuove e i meccanismi di oggi, perché i ragazzi hanno altre esigenze diverse rispetto agli anni Novanta»
Oggi assistiamo a un grande ritorno, sia nella musica che nella moda, degli anni Novanta. Come te lo spieghi?
«La moda ritorna, è un'onda che si muove. Mi ricordo perfettamente quando negli anni Novanta c'è stato un ritorno degli anni Settanta, a turno le mode ritornano e scandiscono il nostro tempo. Quello che cambia è che oggi tutto è più veloce: prima i trend musicali duravano due-tre anni, oggi solo pochi mesi, fino al prossimo campionario autunno/inverno. L'importante, però, è il modo in cui viene reinterpretata quel tipo di moda»
L'Eurovision è stata una grande vetrina per la città di Torino. Che ne pensi della scena musicale contemporanea torinese? Che cosa ti è piaciuto di più della kermesse?
«In quei giorni ero in tour e ho visto poco dell'Eurovision. Mi è sembrato evidente che Torino è ancora oggi una città musicalmente accesa e viva, anche se sono stati chiusi i locali del centro e hanno sbarrato le porte dei Murazzi, il cuore pulsante della vita notturna. Purtroppo oggi la città è in ostaggio delle stesse persone che sono a vivere in quei luoghi perché erano trendy e che, poi invecchiando, hanno deciso che dovevano essere solo luoghi di riposo. Quest'ipocrisia di fondo ha distrutta la città, che era rinata negli anni Ottanta e Novanta anche grazie all'arte e alla musica. Qualche giorno fa ho strappato al sindaco la promessa di riaprire i Murazzi, vediamo che succederà. Il Dna musicale di Torino è rimasto, c'è una grande voglia di riaffermare il suo primato musicale in Italia. L'Eurovision è uno spettacolo principalmente televisivo, che c'entra poco con la musica live: la cosa più bella è stata il multicolore di culture, si respirava l'Europa come paese unico, pur nelle differenze, che è una grande ricchezza per tutti noi. Essere uniti ci rende più forti, non solo economicamente, ma anche come società»
Nell'album Brigatabianca hai duettato con Ensi, Willie Peyote e Johnny Marsiglia, tre dei migliori rapper italiani della scena conscious rap. Visti anche i recenti progetti di Calvin Harris e Swedish House Mafia, sembra che sempre più elettropop e rap, un po' come accadeva negli anni Novanta, riescano a coesistere, mentre per anni sono state considerate scene contrapposte. Che ne pensi?
«Per me non sono mai state contrapposte: la mia prima canzone inedita, registrata quando avevo 18 anni, è stata un brano rap. La cosa più importante è veicolare un'idea e un messaggio, a prescindere dal genere musicale con il quale lo fai. Con i tre artisti che hai citato mi lega un'amicizia personale e la stessa sfera comunicativa. Il rap è l'evoluzione della poetica e del racconto legato alla musica»
Che cosa bolle in pentola, in questi giorni, nel Golfo Mistico (la factory artistica di Samuel n.d.r.)?
«Sta bollendo tanta roba, al punto che non riesco a seguirla tutta personalmente. A settembre ci saranno 2-3 grandi eventi a Torino, delle esperienze di creatività crossmediale, tra musica e cucina, con tutte le arti che vanno a stimolare direttamente i sensi del nostro corpo»
Che sensazioni ti ha dato riabbracciare il tuo pubblico dopo tanti mesi lontano dal palco, sia con i Subsonica che nel tuo tour solista?
«Con i Subsonica è stata la prima esperienza con il pubblico assiepato, in piedi, che poteva vivere un concerto normale. Vedere le persone divertirsi e ballare è stato davvero entusiasmante, mi ha dato grande energia e grande voglia di live. Poiché il mio tour solista era stato pensato per l'inverno, adesso stiamo incontrando alcune difficoltà climatiche, ma il pubblico sta rispondendo molto bene, i locali sono sempre pieni e c'è una bella atmosfera di condivisione»