The Smoke Orchestra: «Celestial Bodies unisce funk e astronomia»
(ufficio stampa)
Musica

The Smoke Orchestra: «Celestial Bodies unisce funk e astronomia»

Il primo album di inediti del collettivo formato da alcuni tra i migliori musicisti funk italiani è un sorprendente viaggio tra galassie, pianeti e corpi celesti, con dieci brani tra cosmic funk, jazz e afrobeat

Negli anni Settanta, periodo di massimo splendore per il funk, si era affermato un sottogenere chiamato space funk, un particolare stile musicale tra afro, funk ed elettronica che trovava nel “cosmo” un elemento sonoro comune. Rifacendosi a quello stile, ma declinandolo con sonorità più moderne e contemporanee, è nato Celestial Bodies, il primo album di inediti della The Smoke Orchestra, una sorta di “all star” dei migliori musicisti funk in Italia.

Il disco, oltre che in tutte le piattaforme digitali, è disponibile anche in vinile edizione limitata. Il collettivo The Smoke Orchestra (formato da Angelo “Gange” Cattoni alle tastiere e voce, Gianluca “Pello” Pelosi al basso, Marco Zaghi ai sassofoni e al flauto, Antonio “Heggy” Vezzano alla chitarra, Riccardo “Jeeba” Gibertini alla tromba e al trombone e Nico “Rho Kayman” Roccamo alla batteria e percussioni) nasce semplicemente Smoke nel 2004 come reggae-roots band, incidendo due dischi, Smoke (2006) e Routes (2008), che diventano di culto nel panorama reggae italiano. Nel 2009 il progetto diventa The Smoke Orchestra e per quasi un decennio è impegnata come backing band di vari artisti soul e r&b italiani e internazionali, tra cui Nina Zilli e Ronnie Jones, per i quali registrano anche alcuni album.

Nel 2020 pubblicano con Irma Records un primo disco di cover Hot, Funky & Sweaty, una raccolta di reinterpretazioni di grandi hit del funk tra il 1965 e il 1975. Quattro anni dopo vede finalmente la luce Celestial Bodies, il primo album di inediti del collettivo milanese formato da dieci brani e anticipato dai singoli Henrietta Leavitt and the Cepheids Variables, Interstellar e Hot Mercurio. Il primo singolo, tra funk e afrobeat, è dedicato a una grande astronoma del passato che, con il suo lavoro di osservazione di alcune stelle nella piccola nube di Magellano, ci ha portato a scoprire le distanze tra le galassie. Interstellar, che cita il libro/film di culto Guida per autostoppisti galattici, è un omaggio alla sonorità electrofunk dei Kraftwerk e degli Zapp di Roger Troutman, mentre Hot Mercurio è un brano tutto da ballare, in cui si avvertono echi di Earth Wind & Fire, Stevie Wonder e Ohio Players, fino al nostro Lucio Dalla più “black”. «Il tema dell’album è nato quasi per gioco parlando insieme al bassista Gianluca “Pello” Pelosi, con cui abbiamo sempre avuto in comune l’amore, oltre che per la musica reggae e funk, anche per l'astronomia», ci ha detto al telefono il cantante e tastierista Angelo “Gange” Cattoni.

«Abbiamo iniziato a scambiarci informazioni astronomiche e, una volta che abbiamo preso il via, il processo è stato abbastanza naturale, divertente e interessante. Alcune canzoni sono un po' trasognate, con dei testi quasi astratti, invece, in altri casi, mi sono messo ad analizzare che cosa succede esattamente quando esplode una supernova o cosa c'è nella fascia di Kuiper, all'esterno del nostro sistema solare, quindi c’è stato un lavoro di ricerca molto approfondito». Unire un genere musicale sensuale e carnale come il funk con le comete e gli astri celesti può sembrare un azzardo, ma il realtà Gange ci ha detto che «alla fine degli anni Sessanta gruppi come i Funkadelic e i Parliament di George Clinton sono stati tra i primi che hanno usato strumenti elettronici, come sintetizzatori, moog e vocoder, anche per simulare gli effetti speciali dei film di fantascienza. Inoltre ci siamo accorti, provando i nuovi brani di Celestial Bodies per la presentazione dell'album al Biko di Milano, che con il funk ti stacchi corporalmente da quello che stai facendo, per entrare in una specie di trance nel momento esatto in cui stai andando bene, senza pensare troppo alle singole note. Quindi, in questo senso, il funk ha in comune il distacco dalle cose terrene per entrare in una dimensione altra».

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Gabriele Antonucci