Steve Hunter: «Lou Reed mi ha cambiato la vita»
Ufficio stampa Medimex
Musica

Steve Hunter: «Lou Reed mi ha cambiato la vita»

Il grande chitarrista americano, a cui si deve la leggendaria introduzione della versione live di Sweet Jane, ha inaugurato la mostra "Perfect Day, Lou Reed e la New York di Andy Warhol" al Museo MarTa di Taranto

Irriverente e iconoclasta, geniale e nichilista, fragile e rabbioso.Tutto questo e molto di più è stato Lou Reed, vera e propria icona del rock americano che ha raccontato per cinquant'anni, tra rabbia e poesia, l’altra faccia dell’America. L’artista newyorkese si è spento dieci anni fa, il 27 ottobre del 2013, di domenica mattina.

Quasi una beffa del destino, visto che l’onirica e stralunata Sunday morning, brano d’apertura del leggendario "Banana album", è stato il suo primo successo con i Velvet Underground, gruppo nato all’interno della Factory di Andy Warhol che ha avuto un’influenza decisiva nella storia del rock. E proprio al legame tra il cantautore e il padre della pop art è dedicata la bellissima mostra fotografica Perfect Day, Lou Reed e la New York di Andy Warhol, visitabile fino al 9 luglioal Museo MarTa di Taranto, nell'ambito del programma del Medimex 2023.

La mostra, curata da ONO arte attraverso 55 fotografie di Mick Rock, Steve Schapiro, Nat Finkelstein, Stephen Shore, Ronn Spencer e Adam Ritchie, ha avuto un padrino d'eccezione in Steve Hunter, leggendario chitarrista che, con i virtuosismi della sue sei corde, ha reso immortale l'album Rock And Roll Animal di Lou Reed del 1974, universalmente riconosciuto come uno dei migliori dischi live della storia del rock. Dobbiamo ad Hunter, che ha suonato anche con Alice Cooper, Aerosmith e Peter Gabriel, la memorabile introduzione di Sweet Jane, una delle parti di chitarra più studiate e imitate di sempre nelle scuole di musica.

Hunter ha raccontato ai giornalisti Gino Castaldo ed Ernesto Assante il suo rapporto con Lou Reed, a cui era legato da una profonda amicizia: «La prima volta che ho incontrato Lou Reed è stata nel 1973 a Londra per registrare Berlin. Lui aveva apprezzato i miei lavori per Alice Cooper e mi ha chiamato a suonare nel disco. Eravamo entrambi timidi e non ci siamo detti molte parole, ma, appena abbiamo iniziato a suonare insieme, abbiamo capito di avere molto in comune da un punto di vista musicale. Non avevamo bisogno di parlare a lungo, riuscivamo a comunicare attraverso la musica». Dopo il clamoroso successo di Transformer del 1972 (prodotto da David Bowie), che al suo interno aveva brani immortali come Walk on the wild side, Perfect day, Vicious e Satellite of love, il successivo Berlin del 1973 fu un mezzo fiasco dal punto di vista commerciale, nonostante il suo assoluto valore artistico. Un concept album oscuro e inquietante che racconta la storia, in buona parte autobiografica, del rapporto disperato e autodistruttivo tra Jim e Caroline, una coppia di americani trapiantati a Berlino agli inizi del Novecento.

Definito da Reed “il mio Amleto elettrico”, il disco nasce dalla profonda esigenza di purificarsi dal rancore covato nei confronti della moglie, con la quale stava per separarsi. Berlin diventa così un viaggio di sola andata negli abissi della sua anima tormentata, nel quale racconta, con sorprendente schiettezza, temi difficili come violenza, tossicodipendenza, tradimento e amore che si trasforma in odio. A causa delle critiche piovute addosso all'artista e dell’oggettiva difficoltà di esecuzione, Reed non suonò mai dal vivo i dieci brani di Berlin, almeno fino al 2003, nel corso di un trionfale tour mondiale con molti dei musicisti che suonarono all'epoca nel disco, tra cui lo stesso Hunter: «Quando ci siamo ritrovati 30 anni dopo per il tour di Berlin ero nervoso. Quando ci siamo rivisti è stato bellissimo, sono bastati pochi minuti ed eravamo di nuovo come dei fratelli. Quando ho suonato con lui, alla metà degli anni Settanta, non mi piaceva perdere tempo dopo il concerto e andavo subito in hotel, mentre nel tour di Berlin abbiamo parlato molto durante e dopo le prove. Lou era eccentrico, ma era un ragazzo fantastico, un uomo profondo, sensibile, con una visione interessante su molti temi. Aveva un grande sense of humour, ci divertivamo tantissimo sul palco. A lui devo moltissimo, mi ha cambiato la vita».

Hunter ha poi raccontato com'è nata l'epica introduzione di chitarra di Sweet Jane, che apre l'album live Rock 'n' Roll Animal, un disco di grande successo dopo il mezzo passo falso di Berlin: «Ho iniziato a lavorare sull'intro quando ero a Detroit nel 1970. Ci ho rimesso le mani due anni dopo e poi ancora nel 1974: aveva finalmente un senso, ma non un finale. Come dicevamo in gergo, "cadeva dalla collina". Nelle prove del tour di Rock 'n' Roll Animal i produttori volevano una intro per l'ingresso della star. L'ho suonata per Vicious in Europa, ma non ne ero ancora soddisfatto. In Usa, invece, volavano Sweet Jane come primo brano e lì la mia intro non "cadeva dalla collina", ma era perfetta. È il pezzo a cui ancora oggi tengo di più, riassume perfettamente la mia idea di rock e il mio modo di suonare la chitarra».

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Gabriele Antonucci