La nostra banda suona il rock (davvero)
Come i Måneskin (secondi classificati a X-Factor) anche i The Kolors (campioni di Amici) stanno esportando, con successo, voce e sound non «artefatti» al computer.
«Credo che tutta la scena musicale italiana debba essere grata ai Måneskin per quello che stanno facendo». Va dritto al punto Stash, il frontman dei The Kolors, una band che, con il quartetto romano diventato famoso nel mondo, ha in comune il fatto di saper suonare e non affidare ai software di un computer la scelta dei suoni e degli arrangiamenti delle canzoni.
«I Måneskin stanno abbattendo a colpi di chitarra elettrica quella barriera invalicabile che fino a qualche mese fa ci ha separato dalle classifiche del Nord Europa e del Nord America. Trovo strano e singolare che in Italia, nel sottobosco degli addetti ai lavori, non siano molto amati. Io, invece, li difendo a spada tratta perché sono il simbolo di come deve essere una rock band di nuova generazione» sottolinea.
«Nel 2017 mentre eravamo a Londra per incidere un disco incontrammo un dirigente di Sony Uk che era rimasto sorpreso dal nostro sound tra pop, rock e funk e dal fatto che cantassimo in inglese. Fu abbastanza lapidario: “Nei confronti delle band italiane, così come per quelle provenienti dall’Europa dell’Est, c’è sempre stato un muro immaginario che finora ha reso vano ogni tentativo di scalare le classifiche inglesi”. Onestamente devo dire che uscimmo da quel meeting con la coda tra le gambe» racconta.
«Ecco, in questo tempo una band italiana che si trovasse davanti a un discografico londinese non si sentirebbe più dire che i gruppi italiani non hanno nessuna chance per accedere alle classifiche Uk. Ed è tutto merito dei Måneskin che hanno scardinato i cliché della musica italiana e internazionale. Oggi, una chitarra rock distorta è più rivoluzionaria degli stereotipi sonori della trap, talmente ripetitiva e scontata da essere già finita».
Sono musicisti talentuosi e appassionati i The Kolors, che prima di vincere Amici nel 2015 sono stati la resident band di un club storico della musica live milanese: Le Scimmie. L’ultimo singolo, Leoni al sole, scritto in collaborazione con Tommaso Paradiso (ex leader di Thegiornalisti) è un’immersione totale negli anni Ottanta: «La musica di quella decade l’abbiamo ereditata dai nostri genitori. Io sono assolutamente maniacale nelle scelte sonore: quel sax soprano con cui inizia la canzone è un marchio di fabbrica degli anni Ottanta ed è stato pensato nei minimi dettagli per pizzicare la fantasia e i ricordi di chi ha vissuto quel decennio. Noi siamo fatti così, ce lo disse anche il proprietario del locale milanese dove abbiamo iniziato la gavetta nel 2010: “Voi siete gli anni Ottanta declinati ai giorni nostri”» ricorda.
«Non è esattamente questa la tendenza della musica di oggi. Nel mio ambiente di lavoro c’è chi mi chiede: “Ma chi te lo fa fare? Non sarebbe più semplice mandare una linea vocale a un produttore che ti confeziona un brano fresh che spacca?”. Solo che a me non interessa essere fresh o cool. Il motivo per cui questa band abbraccia gli anni Ottanta è perché allora c’era il gusto di essere iconici, diversi dagli altri».
Altri tempi, oggi la popolarità in musica è una questione di streaming, di visibilità social. Tanto che viene da chiedersi se i talent show abbiano ancora un ruolo di avvistamento e di scoperta. «I talent possono essere un formidabile amplificatore: noi venivamo da un mondo super underground e suonavamo tutte le sere alle Scimmie davanti a un pubblico di universitari. Il giorno dopo ci siamo trovati ad Amici con un’audience di milioni di giovanissimi e questo ci ha spalancato le porte a un pubblico nuovo. In sostanza, eravamo lì a fare quel che facevamo fino alla sera prima. Solo che non ci esibivamo in un locale, ma su Canale 5» spiega.
«Altra cosa è il cliché che prevede di uscire dal talent e riempire il Forum di Assago o il Palalottomatica di Roma. Ecco, se fino al giorno prima hai cantato sotto la doccia, c’è qualcosa che non va. Poi, inevitabilmente, arriverà la depressione perché non hai la struttura per affrontare un concerto del genere. Non si può credere all’amore eterno di un pubblico che va dai 13 ai 16 anni. Oggi adora te, domani si innamora di un altro...Noi dopo aver vinto Amici abbiamo detto no al Forum di Assago e abbiamo continuato a suonare nei club. Eravamo consapevoli che i numeri e la popolarità del post talent show non erano quelli veri e che nel giro di poco si sarebbero ridimensionati. Il mondo glitterato e il disco di platino dopo che sei stato per settimane in tv sono un’illusione ottica...».