Tullio De Piscopo: «Vi racconto Pino Daniele, il mio amico geniale»
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Tullio De Piscopo: «Vi racconto Pino Daniele, il mio amico geniale»

Dal primo incontro all’ultima telefonata. Dieci anni dopo la scomparsa del bluesman napoletano il batterista svela aneddoti sulla loro relazione speciale. Il 4 gennaio esce docufilm «Nero a metà», a lui dedicato. Il regista Marco Spagnoli lo racconta a Panorama - VIDEO


«Pino non se la prese per quell’annuncio, anzi. Non aveva un carattere facile, a volte appariva scontroso, sospettoso, ma in realtà era solo diffidente perché segnato da un’infanzia difficile. Però, quando sentiva di potersi lasciare andare, si apriva e ti dava tutto» spiega il batterista che insieme a James Senese, Tony Esposito, Rino Zurzolo e Joe Amoruso è stato una delle colonne portanti della miglior live band italiana di sempre.

A chi gli faceva notare che cantare in napoletano non rendeva comprensibili i suoi testi a tutti, Pino Daniele amava rispondere così: «Forse il significato delle parole non arriva proprio a chiunque, ma le emozioni sì. E quando si parla di musica sono quelle che contano». Emozioni che passavano attraverso la voce e la chitarra, che a loro volta si nutrivano delle storie di vita, dei vicoli e delle contraddizioni di una Napoli lontana anni luce, nei suoi brani, dagli stereotipi da cartolina. E che rivive nelle immagini di Pino Daniele - Nero a metà il docufilm (al cinema il 4, 5 e 6 gennaio) scritto a quattro mani dal regista Marco Spagnoli e da Stefano Senardi, produttore discografico e amico del bluesman.


Una celebrazione, a dieci anni dalla morte, intrisa di testimonianze e video inediti. «Mio padre» racconta De Piscopo «mi fece conoscere Pino. Papà suonava nell’orchestra della trasmissione Senza rete che andava in onda da Napoli .e proprio nel programma lo aveva visto suonare insieme a un percussionista. Rimase folgorato: Tullio, tu devi conoscere questo ragazzo, è bravissimo e ha avuto il coraggio di cantare quello che nessuno ha mai osato dire, e cioè che Napoli è una “carta sporca” (dal testo del brano Napule è, ndr)» spiega.

«La prima volta incontrai Pino a Napoli per pranzo in una pizzeria storica di Port’Alba. Mi consegnò il suo primo album, Terra mia, e io gli promisi di ascoltarlo con attenzione. Un attimo prima di salutarci, mi disse: “Dài, vieni in sala prove con me”… Ci rimanemmo fino a mezzanotte, l’inizio di una relazione musicale e umana che è durata per sempre».

E che è immortalata, in uno dei suoi momenti più trionfali, nelle immagini del 1981 di piazza del Plebiscito stipata da 200 mila persone che intonano Yes I Know My Way. «È stato pazzesco. Dopo lo show tutta la band si è riunita per festeggiare. Ma ne mancava uno: Pino. Mi metto a cercarlo e lo trovo seduto al buio in fondo al tour bus. “Dai, unisciti a noi, anche solo per un bicchiere” gli dico. E lui: “Nun tengo genio (non ne ho voglia, ndr)”. Aveva capito che quella notte era sì diventato il re di Napoli, ma che da quel momento non sarebbe più stato libero di camminare per strada come aveva sempre fatto». E a suggellare il concetto, De Piscopo racconta: «Una volta, con le rispettive famiglie andiamo a trovare Lucio Dalla alle Tremiti. Davanti al traghetto una signora lo riconosce e si mette a urlare. In un istante Pino si ritrova addosso decine e decine di persone. Un assedio».

«I nostri non erano concerti, ma maratone di 3-4 ore. Facevamo i pezzi dei dischi e poi improvvisavamo senza limiti. Una volta, dopo lo spettacolo, sono svenuto di colpo atterrando sul petto di una bellissima ragazza, un’attrice che era nei camerini. Non avevo ancora scoperto la funzione degli integratori...» ricorda. «Io e Pino ci siamo detti tutto delle rispettive vite nelle pause delle registrazioni dei dischi al Castello di Carimate. Lì, seduti in una stanzetta dove ci rilassavamo dopo cena prima di ricominciare e suonare fino a notte fonda. L’ultima volta l’ho sentito al telefono il 31 dicembre del 2014 (Pino Daniele è morto il 4 gennaio 2015, ndr). Non stava benissimo e in quei giorni nemmeno io. Se non se ne fosse andato, avremmo realizzato un mio grande sogno: un intero disco strumentale con lui alla chitarra senza nemmeno una parola, una voce. Pensa che meraviglia che avremmo tra le mani adesso...». n

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Gianni Poglio