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(Ansa)
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Zucchero Sugar Fornaciari, una vita all'insegna del blues | il film

Da oggi fino al 25 ottobre nei cinema sarà disponibile il film documentario di Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano sulla storia del nostro bluesman più famoso all'estero, con interviste a Bono, Sting, Brian May e Roberto Baggio

«Ha una voce sexy come un whisky invecchiato in una botte di quercia. Ha i capelli da leone e un’anima da poeta». Così il frontman degli U2 Bono Vox ha descritto Zucchero, il nostro cantautore blues più internazionale. Chi altri, infatti, può vantare nel suo curriculum collaborazioni con Miles Davis, Eric Clapton, Bono Vox, Sting, Queen, B.B.King e Tom Jones? Oltre a essere il primo artista occidentale a essersi esibito al Cremlino dopo la caduta del muro di Berlino, Zucchero è anche l’unico artista italiano ad aver partecipato al Festival di Woodstock nel 1994, a tutti gli eventi del 46664 per Nelson Mandela di cui è Ambasciatore e al Freddie Mercury Tribute nel 1992.

Se c’è un merito che viene universalmente riconosciuto a Adelmo Fornaciari (vero nome di Zucchero) è quello di aver sdoganato anche in Italia un genere affascinante e al tempo stesso "ostico", per il gusto medio italico, come il blues. Migliaia di chilometri separano il Delta del Mississippi, dove è nata questa musica per alleviare la fatica della raccolta del cotone nei campi, da Roncocesi, un paesino in provincia di Reggio Emilia dove è nato Fornaciari. Zucchero è riuscito ad accorciare queste enormi distanze grazie alla sua voce roca e passionale, al suo gusto melodico che ne addolcisce le asprezze, alla forza e all'irriverenza dei suoi testi.

Da oggi fino al 25 ottobre sarà trasmesso per la prima volta al cinema il film documentario “Zucchero - Sugar Fornaciari” di Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano, presentato in anteprima alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Il docufilm, una produzione K+ in collaborazione con Adler Entertainment e Ela Film, racconta la vita e l'arte del bluesman emiliano attraverso le sue parole e quelle di colleghi e amici come Bono, Sting, Brian May, Paul Young, Andrea Bocelli, Salmo, Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Roberto Baggio, Jack Savoretti, Don Was, Randy Jackson e Corrado Rustici. Un viaggio dell’anima che, grazie a immagini provenienti dagli archivi privati di Zucchero e dal “World Wild Tour”, il suo ultimo fortunatissimo tour mondiale, va oltre il ritratto di un musicista di successo, arrivando fino a scavare nei dubbi e nelle fragilità dell’uomo.

«Zucchero è coerente nelle sue contraddizioni e per questo interessante – dichiarano i registi Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano – È un personaggio vibrante che mette assieme la cultura emiliana, a cui torna anche nelle canzoni che ha scritto in questi anni, e il luogo dove ha iniziato la carriera: la Versilia. L’Emilia è il ponte con gli Stati Uniti, con il blues e con quella cultura contadina che l’emigrazione ha sparso nel nuovo continente e che è tornata a noi e, ovviamente, a Zucchero attraverso la musica. Zucchero ha quindi messo in connessione la cultura rurale con quella nera e americana. Un’operazione rischiosa e dalla bassissima possibilità di successo che invece ha funzionato in tutto il mondo. Zucchero è figlio del ‘900, innovatore musicale del suo secolo e sapiente mescitore del suono delle origini alle tendenze musicali contemporanee».

Negli ultimi due anni in giro per il mondo per il “World Wild Tour”, dove ha richiamato oltre un milione di spettatori in 114 concerti ospitati in 3 continenti, Zucchero ha vissuto tanti momenti indimenticabili: è stato protagonista dell’importante show-evento con Eric Clapton al Waldbühne di Berlino, ha aperto per la seconda volta nella sua carriera il concerto dei Rolling Stones alla Veltins-Arena di Gelsenkirchen (Germania), è stato in Nord Europa e in America in tour con Andrea Bocelli ed è stato ospite a sorpresa sul palco dei Coldplay allo Stadio San Siro di Milano. Davvero niente male per quello che negli anni Sessanta era un bambino timido e riservato di un piccolo paesino emiliano, che aveva il sogno di portare la "musica del diavolo" in Italia e poi in giro per il mondo: un sogno che, dalla fine degli anni Ottanta a oggi, è diventato realtà.

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Gabriele Antonucci