Che noia il Napoleon di Ridley Scott!
Il regista britannico sembra divertirsi a rimpicciolire «il più grande dei grandi», con un Joaquin Phoenix torvo e incassato nella sua feluca, svuotato di carisma. E del tutto tedioso
Torvo, incassato nella sua feluca, fangoso, il Napoleone di Ridley Scott è un ometto scialbo, perdutamente innamorato, incapace di ammettere la sconfitta. E totalmente noioso.
Finalmente arriva al cinema il tanto atteso Napoleon con Joaquin Phoenix imperatore Bonaparte (dal 23 novembre in sala e poi in streaming su Apple+), ma il colossal annunciato è incolore e mai appassionante. Dopo 2 ore e 38 minuti il finale squilla liberatorio (e pensare che la versione estesa è di oltre 4 ore) e con una delle scelte registiche più nette e taglienti del film: in chiusura scorre l’elenco dei morti nelle varie battaglie napoleoniche, a Tolone (6.000), a Marengo (12.000), ad Austerlitz (16.500)…
A 85 anni Ridley Scott ci consegna un nuovo Il gladiatore, ma versione House of Gucci: storia vera riletta in salsa angloamericana pasticciata.
Un Napoleone senza carisma tra inesattezze storiche
Dopo essere stato un magnetico e nerissimo imperatore romano Commodo ne Il gladiatore, oltre vent’anni dopo Joaquin Phoenix è ancora imperatore, francese. Ma il carisma è evaporato. Lo sguardo è stanco, la schiena curva, e sin da giovane è senza vigore, come intrappolato nel corpo di un vecchio.
Ridley Scott sceglie la sua personale visione di Napoleone Bonaparte, grande condottiero e grande spargitore di morte, «liberatore» e despota, stratega minuzioso e accentratore megalomane. Affascinato da questo dualismo, il regista britannico sembra incerto su quale taglio dare al suo Napoleon, con un’unica certezza che alla fine emerge: l’impareggiabile uomo di guerra, protagonista di oltre vent'anni di campagne in Europa, «il più grande dei grandi» (come definito dallo storico russo Tàrle), in mano a Scott è un ometto senza ascendente. Sembra che si trovi lì, a dominare uomini e fato, quasi per caso. Eppure nella figura storica controversa di Napoleone Bonaparte almeno una certezza c’è: non mancava di carisma.
Joaquin Phoenix in "Napoleon" (Credits: Aidan Monaghan / Apple / Columbia Pictures)
Scott racconta Napoleone dal 1789, anno della Rivoluzione francese, fino al 1821, quando morì nell’esilio di Sant'Elena: oltre trent’anni raccolti a mo’ di bigino, con cesure narrative brusche che rivelano come la visione originaria di Scott sia di quattro ore e passa.
In Francia, madre patria di Napoleone, storici e critici stanno già vociando infastiditi, additando anche le inesattezze storiche che si è concesso Scott, dalla presenza del giovane Bonaparte davanti al patibolo di Maria Antonietta al colpo di cannone sparato contro le piramidi d'Egitto. In verità anche Il gladiatore pullula di anacronismi e inesattezze storiche (ad esempio, l’imperatore Marco Aurelio non fu mica ucciso da Commodo), ma la narrazione avvincente ed epica ha reso veniale ogni arricciar di naso. In Napoleon, invece, è così spontaneo arricciare il naso, come pure sbadigliare.
La storia d’amore travagliata con Giuseppina
Scott nel suo Napoleon cerca l’uomo oltre il mito, l’uomo che si copre anche di ridicolo. Sembra anzi divertirsi a rimpicciolirlo. Il grimaldello: la storia d’amore intensa e travagliata con la risoluta Giuseppina di Beauharnais, interpretata da Vanessa Kirby, che invece non è stata svuotata di carisma. Di fronte a lei, il Napoleone di Phoenix è un generale in guerra che rinuncia addirittura a guerreggiare pur di tornare dall’amata fedifraga.
«Finisce per piagnucolare in lacrime: l’uomo che abbiamo visto farsi strada verso il trono d’Europa, il genio tattico, si trasforma in un piccolo uomo indifeso, completamente innamorato della donna accanto a lui sul suo divano, che ammette di non essere niente senza di lei», ha detto Scott. «Le sue lettere a lei sono comicamente scortesi e infantili, eccessivamente romantiche e persino piuttosto sconce. Era assolutamente incantato da lei. E da quando si separarono per l'ultima volta, lei non le lesse nemmeno. Quando morì, erano tutte in un cassetto accanto al comodino».
Ecco quindi che al cospetto di Giuseppina/Kirby il nostro Napoleone/Phoenix è un uomo medio che brama attenzioni e sgattaiola sotto il tavolo per un’imboscata d’amore. «Josephine era nella sua mente fino alla fine: il suo nome è stata l'ultima parola che ha pronunciato prima di morire», parole di Scott, che già ne I duellantiaveva mostrato interesse per l’epoca napoleonica.
Vanessa Kirby e Joaquin Phoenix in "Napoleon" (Credits: Aidan Monaghan / Apple / Columbia Pictures)
La ricostruzione delle battaglie: la parte migliore
Nel colossal che sa di bigino colossali sono senz’altro le battaglie: su questo Ridley Scott è maestro. Schiere di uomini geometricamente in divisa, formazioni militari in moto all’unisono, esplosioni di palle di cannone, capriole di cavalli, squartamenti, fango, sangue e gelo su facce e divise...
Ecco l’assedio di Tolone del 1973, in cui Napoleone fa sfoggio delle sue tattiche di guerra e il suo cavallo viene decapitato in corsa; e poi la detonante battaglia di Austerlitz del 1805, con il lago di Satschan ghiacciato che si trasforma in una trappola di morte; quindi la disastrosa campagna di Russia del 1812, con Bonaparte imperterrito a pretendere gloria: «Non vedo altro che successo nel mio futuro». Fino all’epilogo, la battaglia di Waterloo, da solo contro tutti, squadroni di soldati attenti all’ultimo ordine letale.
Gli appassionati di combattimenti sapranno svegliarsi dal torpore.
Sul set di "Napoleon" (Credits: Aidan Monaghan / Apple / Columbia Pictures)
Curiosità sul film: telecamere, location, costumi
Sul set di Napoleon Scott ha impiegato fino a undici telecamere contemporaneamente. Girare con più telecamere è una sfida per ogni reparto della produzione, ma lo è stato soprattutto per il direttore della fotografia Dariusz Wolski, che ha dovuto garantire che ciascuna telecamera catturasse un'immagine adeguatamente illuminata, e per lo scenografo Arthur Max, che ha dovuto progettare scenografie che sembrassero vita reale.
Il film è stato girato per lo più in Inghilterra, dove sono state rintracciate molte architetture neoclassiche plausibili con l’epoca napoleonica.
Boughton Manor, residenza situata nel Northamptonshire costruita nel XVIII secolo da un inglese che amava l’architettura francese, è stato utilizzato come castello di Napoleone. All’interno anche un letto d’epoca preso in prestito dal Victoria and Albert Museum. I saloni da cerimonia dei palazzi di Fontainebleau e Tuileries in cui Napoleone ha vissuto come imperatore sono stati trovati a Blenheim Palace nell’Oxfordshire, così come molte altre scene per esterni.
Sono poi tornate alcune location già usate per Il gladiatore, tra cui Bourne Wood nel Surrey e Forte Ricasoli a Malta.
Per ricostruire la sequenza epica in cui i cavalli in corsa vengono inghiotti dal lago ghiacciato il coordinatore degli effetti speciali Neil Corbould, due volte premio Oscar, ha fatto scavare nel terreno un serbatoio di 30 x 40 metri, utilizzato come area FX per le persone che cadevano nel ghiaccio.
I vestiti di Napoleon? Per il 95% circa sono stati realizzati ex novo: tutto è stato disegnato dalla costumista Janty Yates (premio Oscar per Il gladiatore) sulla base di abiti veri e completamente creato a mano.