Panorama, Il newsmagazine che ha aiutato
a capire gli anni più duri del Paese
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Panorama, Il newsmagazine che ha aiutato a capire gli anni più duri del Paese

1972-1981 il secondo decennio di Panorama tra politica, cultura, sport

Il 28 maggio 1974 avevo 16 anni e nonostante fossimo nel periodo delle proteste studentesche, con lezioni a singhiozzo accompagnate da scioperi e picchetti, fino ad allora la politica mi lasciava indifferente. L’unico giornale che entrava in casa mia era un quotidiano della provincia, Il giornale di Brescia, ma le pagine nazionali le saltavo senza degnarle di uno sguardo, concentrandomi su quelle di cronaca. Però quel martedì di quasi cinquant’anni fa cambiò ogni cosa. I sindacati confederali avevano indetto una manifestazione nel centro della città e molti miei compagni di classe avevano scelto di parteciparvi. Io no: come dicevo i cortei non facevano per me. Dunque, quel giorno ero regolarmente al mio banco, in aula, ad ascoltare la lezione. Ore noiose, di cui praticamente non ricordo nulla, se non il momento in cui il professore ci informò della bomba. Era scoppiata alle 10 e 12 minuti del mattino, nascosta dentro un cestino, vicino a una colonna dei portici di piazza della Loggia, mentre il segretario della Cisl Franco Castrezzati parlava. Quel giorno pioveva e molti, invece di stare con l’ombrello al centro della piazza, si erano radunati lì, sotto la Torre dell’orologio, e lì morirono in otto, mentre 102 persone rimasero ferite. Quando a Milano scoppiò l’ordigno collocato all’interno della banca dell’Agricoltura avevo 11 anni: troppo pochi per preoccuparmi. Ma a 16 era diverso. A quell’età si ha voglia di capire, di informarsi, di scoprire il mondo, bello e brutto che sia. Fu così che cominciai a leggere i giornali. Non solo le pagine di cronaca e dello sport, ma anche quelle di politica. Con i soldi che i miei genitori mi davano iniziai a comprare i settimanali, Panorama e l’Espresso, perché mentre i quotidiani si limitavano a riportare le notizie «secche», riferendo solo i dettagli dell’attentato, i newsmagazine (così li chiamavano) ti aiutavano a capire, a inquadrare il contesto di ciò che stava succedendo. Le inchieste che descrivevano le trame nere e rosse che insanguinavano il Paese le trovavi solo sulle pagine di Panorama e dell’Espresso. Fu così che, numero dopo numero, finii per abbonarmi. E sempre così mi innamorai di questo mestiere. Un anno e mezzo dopo la strage, infatti, iniziai a scrivere per Bresciaoggi, il quotidiano nato proprio poche settimane prima che la bomba esplodesse, quando

La città era già scossa dalle violenze di piazza.

Se mi sono permesso di raccontare la storia che mi riguarda, è perché il numero di Panorama che avete tra le mani ripercorre quella stagione di ombre nere che si stagliarono sulla nostra fragile democrazia. Erano gli anni del golpe, preparato o solo agitato. Ma anche gli anni della «giustizia proletaria», dei cortei, degli scontri con la polizia, degli espropri e delle «gambizzazioni». Quello che attraversammo, io prima da studente e poi da giovane cronista, fu un periodo buio, forse il peggiore della nostra vita. Un decennio passato alla storia come gli Anni di piombo, quando l’Italia sembrava sull’orlo di una rivoluzione o forse di una guerra civile. Appena quattro anni dopo la strage, ci furono il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Doveva essere una giornata come le altre e invece iniziò con un’edizione straordinaria. Il presidente del primo partito italiano era stato sequestrato e la sua scorta barbaramente assassinata. Un colpo al cuore dello Stato: uno degli uomini politici più in vista d’Italia, lo stratega dell’unità nazionale e dell’apertura a sinistra, era ostaggio di una banda chiamata Brigate rosse e insieme a lui era ostaggio anche il Paese.

Quella che leggerete sfogliando le pagine che seguono, è la storia di un decennio fra i più pesanti della nostra storia. Per me fu l’inizio di tutto, ma per tutti credo sia stato il momento in cui ci si rese conto che la Repubblica era sull’orlo dell’abisso. Il rapimento Moro segnò la svolta, politica ed economica. Quella scia di sangue che ci accompagnò dalla fine degli anni Sessanta fino a quella degli anni Settanta, con esplosioni di violenza anche nei primi anni Ottanta, ci costrinse a voltare pagina e a farla finita con la lotta di classe. Cominciava un nuovo decennio ed era all’insegna di una diversa parola d’ordine, che non prevedeva la lotta continua, ma il disimpegno. Dopo decine di morti, gli italiani riscoprivano la voglia di vivere. E noi di raccontarla.

E allora io quasi quasi prendo il (super) treno

In un articolo degli anni Settanta, Panorama presenta progetti avveniristici,ambizioni e prospettive reali del trasporto ferroviario. A commentare quel servizio, è oggi Luigi Corradi, amministratore delegato di Trenitalia, che qui anticipa lo sviluppo dell’alta velocità verso Venezia, Bari e Reggio Calabria, e il Frecciarossa verso la Spagna. In sicurezza e senza inquinare.

di Guido Fontanelli

All’inizio degli anni Settanta Panorama dedicò un articolo di sei pagine al futuro del trasporto ferroviario. Sotto il titolo «In treno oltre il muro del suono», il lungo testo faceva il punto sugli studi più avveniristici sul mondo delle rotaie. Molti dei progetti descritti erano al limite della fantascienza e non sono mai stati realizzati: vagoni che viaggiano a mille chilometri orari su cuscini di aria compressa, locomotori spinti da un motore a elica, carrelli giganteschi che trasportano le auto con i loro guidatori da una città all’altra, come traghetti terrestri. Altri stanno tornando di attualità, come il treno che corre velocissimo all’interno di un tubo: nell’articolo di mezzo secolo fa ne parlava Giuseppe Foa, ingegnere aeronautico e docente all’università americana Rensselaer di Troy, nello Stato di New York, il quale immaginava qualcosa di simile all’Hyperloop attualmente in fase di studio.

Ma oltre a solleticare la fantasia dei lettori con progetti avanzatissimi e a volte poco realistici, l’articolo individuava già alcune tendenze che si sarebbero rivelate molto concrete: autostrade sempre più congestionate, città italiane inadatte per sopportare un intenso traffico veicolare, treni che superano la velocità di 200 chilometri orari e diventano concorrenti degli aerei, computer che governano le cabine dei locomotori.

Un’impressione condivisa da Luigi Corradi, amministratore delegato di Trenitalia, che ha letto l’articolo e lo ha trovato sotto alcuni aspetti straordinariamente anticipatore: «È interessante vedere come già in quegli anni si intravedeva l’importanza del treno non come mezzo economico per unire il Paese, destinato a chi non poteva permettersi l’auto, ma come soluzione per soddisfare la crescente domanda di trasporto intorno ai grandi centri urbani. In quell’articolo avevano visto lungo. E si scopre anche che c’era un grande confronto di idee a livello internazionale: i cervelli italiani andavano a proporre soluzioni innovative all’estero, in particolare negli Stati Uniti che poi, in realtà, non si sono sviluppati così tanto in campo ferroviario».

In Italia invece, dopo aver investito molto sull’elettrificazione e sui sistemi di consolidamento della parte elettrica, le nostre ferrovie hanno puntato sulla velocità creando icone come il Settebello, introdotto nel 1952 e capace di viaggiare a quasi 200 chilometri orari. Poi, superando difficoltà gigantesche dovute alla conformazione fisica del nostro paese, è arrivata l’alta velocità con i Frecciarossa che oggi vanno a 300 chilometri orari. «L’Italia è stata tra i primi al mondo» ricorda Corradi «a capire l’importanza dei collegamenti veloci. E ha dimostrato una determinazione e una capacità ingegneristica ammirevoli, tenendo conto della complessità del territorio».

Se un lettore di Panorama dei primi anni Settanta venisse trasportato con una macchina del tempo nell’Italia di oggi probabilmente sarebbe sbalordito dai risultati raggiunti dalle Ferrovie dello Stato: oggi vedrebbe un collegamento ad altissima velocità, fra 250 e 300 chilometri orari, che da Torino arriva fino a Salerno passando da Milano. Vedrebbe un treno Frecciarossa che va in Francia ed entro l’anno anche in Spagna, e i lavori per la linea Tav verso Lione e per il nuovo tunnel sotto il Brennero. «Stiamo estendendo l’altissima velocità fino a Venezia» aggiunge Corradi «e nel Pnrr c’è un piano molto ambizioso per portarla fino a Reggio Calabria per dare un servizio Nord-Sud completo. Mentre una nuova linea ad alta velocità andrà verso Bari. In sostanza, con l’alta velocità è successo proprio quello che veniva anticipato da Panorama: la linea Milano-Roma ha avviato una rivoluzione che ha spostato traffico dall’aereo al treno».

«Ora il prossimo passo di Trenitalia è cercare di convincere gli italiani a utilizzare un po’ meno le quattro ruote e di più la ferrovia» anticipa il numero uno di Trenitalia. «Otterremmo tre effetti: un trasporto collettivo al posto di uno privato con una riduzione delle emissioni di CO2, una minore congestione delle strade e una maggiore sicurezza dei viaggiatori. Non vediamo una competizione con la gomma, pensiamo piuttosto che dovremo integrare meglio le ferrovie con altre forme di trasporto. Vogliamo dare al nostro cliente un servizio completo e aiutarlo ad arrivare più facilmente da casa alla stazione, soprattutto nei grandi centri urbani. Per esempio, in alcune stazioni abbiamo aree a disposizione che possono essere destinate a parcheggi riservati prioritariamente a chi prende il treno: chi acquista il biglietto ferroviario può comprare quello del parking a un prezzo irrisorio, venire tranquillamente in auto in stazione e lasciarla lì fino al suo ritorno. Un’altra forma di intermodalità che sta avendo molto successo riguarda le biciclette, che possono essere lasciate in stazione o caricate sui vagoni: noi ogni giorno offriamo circa 20 mila posti per bici sui nostri treni dando la possibilità di ricaricare le batterie nel caso siano elettriche. Inoltre stiamo unendo autobus e treno con la società Busitalia che è stata inglobata nel Polo passeggeri del Gruppo FS Italiane, nato a seguito della presentazione del Piano industriale 2022-2031. Vogliamo investire nell’integrazione autobus-treno con i nuovi servizi Link: sul nostro sito si possono acquistare biglietti integrati treno più autobus o traghetto per raggiungere località turistiche che non hanno la stazione. Chi per esempio arriva alla stazione di Taormina, non vicina alla città siciliana, ha il servizio Link che lo porta in paese. Stiamo lavorando per offrire un servizio simile per le località invernali delle prossime Olimpiadi, come Cortina».

Altro fronte che ha cambiato le ferrovie di oggi è stata la trasformazione delle stazioni da antri bui e tristi in luoghi accoglienti, ricchi di negozi e ristoranti. «È un punto fondamentale della rivoluzione che c’è stata e che vogliamo continuare: la stazione è la porta di ingresso al treno e noi abbiamo lavorato molto bene nelle grandi stazioni come quelle di Milano, Roma, Bologna, che oggi offrono una quantità di servizi enorme. Ora vogliamo fare la stessa cosa anche nei centri minori: le stazioni dovrebbero ritornare a essere luoghi di aggregazione sociale. Stiamo pensando per esempio di portarvi il punto di ritiro Amazon oppure lo sportello della Poste, una farmacia, un ristorante. Rivitalizzare le stazioni può riportare più facilmente le persone a prendere il treno e a viaggiare più sicuri inquinando di meno». Il futuro che immaginava Panorama 50 anni fa è già qui.



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