Paolo Virzì, l'America chiama. E se il prossimo film fosse un Marvel?
"Mi arrivano dagli Usa copioni che mai avrei pensato mi potessero arrivare", racconta il regista toscano, "mi cercano per film d'azione ad alto budget"
Di vincere non ci si stanca mai. Lo sa bene Paolo Virzì che in questi giorni riceve l'ennesimo riconoscimento per il suo Il capitale umano, all'Ischia Global Fest.
Un nuovo premio al suo noir intessuto nel mondo della finanza, che va ad aggiungersi ai sette David di Donatello, ai sette Nastri d'argento, al Globo d'oro e al Tribeca alla migliore attrice per Valeria Bruni Tedeschi, da affiancare agli oltre 6 milioni e mezzo d'incasso in sala e alla vendita del lungometraggio in 35 Paesi.
Nel vivo di una positiva scia di onori, il regista toscano ultimamente è ambito anche in America, terra d'origine del libro che Virzì ha trasposto in film, trasferendone l'ambientazione dal Connecticut al settentrione italiano. "Mi arrivano dagli Usa copioni che mai avrei pensato mi potessero arrivare" ha raccontato all'Ansa, "non script indipendenti ma dagli studios e mi cercano per film d'azione ad alto budget. Mi hanno spiegato che è molto cool affidare questi blockbuster a registi di cinema d'autore, come Sam Mendes per 007 o Ang Lee per Hulk. Mica male se accettassi un Marvel? Amazing! Però non so se avrò coraggio, ci sto pensando su".
Il rapporto con lo scrittore Stephen Hamidon, autore del romanzo Il capitale umano, è diventato un'amicizia e una collaborazione. "Stiamo tentando di fare una cosa insieme", continua Virzì. "Lui è un grande autore. Io quando ho letto il suo libro sono rimasto folgorato. Ho pensato 'è una storia italiana, la nostra società contemporanea'. Per questo ho voluto fare il film a tutti i costi, anche quando tanti storcevano la bocca su un 'noir lombardo', e quando alle Giornate Professionali del Cinema un anno fa per la prima volta l'ho fatto vedere al pubblico più tosto da conquistare e più decisivo, quello degli esercenti, ricevendo un applauso infinito, mi sono commosso, ho capito che ce l'avevo fatta, che ero riuscito a raccontare una certa Italia, il mistero, l'angoscia, l'infelicità di questi nostri anni di crisi e di un mondo che a Milano come a Wall Street gioca a scommettere sulle sconfitte ('avete scommesso sulla rovina del paese e avete vinto', è una frase cult del film). E tutto utilizzando un genere, il thriller, che è uno schema narrativo inconsueto per un box office che sembra solo orientato sulle commedie. Invece il pubblico è più avanti di quel che si pensa e ci ha premiati".
E il prossimo film? "Con gli anni anziché diminuire l'ansia da prestazione peggiora, le aspettative dopo questo bel successo crescono pari al mio livello di gastrite con conseguenze pesanti e impennata di consumo di normix e maalox. Insomma non so, forse li spiazzo e vado in America".