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Noi con i nervi a pezzi per il vaccino

Noi con i nervi a pezzi per il vaccino

In alcuni casi le iniezioni anti-Covid hanno causato danni alle fibre nervose periferiche. In parole semplici: dolori e infiammazioni in tutto il corpo, tachicardia, difficoltà nei movimenti. Parlano a Panorama coloro che stanno soffrendo per questi effetti collaterali sottovalutati. E per i quali i medici non hanno ancora cure efficaci.

Hanno tutti sofferto di anomalie alle fibre nervose periferiche, però ai medici sembrano interessare solo i pazienti con long Covid, gli effetti a lungo termine della malattia. Gli altri, i «danneggiati da vaccino» che non riescono a farsi riconoscere la correlazione malgrado presentino lo stesso processo infiammatorio immunomediato, legato a una regolazione alterata del sistema immunitario, «bruciano» in silenzio.

La neuropatia delle piccole fibre, ovvero la cattiva funzionalità dei nervi periferici che colpisce quei vettori che fanno arrivare al cervello informazioni relative al dolore e alla temperatura, provoca calore intenso, «scosse elettriche» agli arti, problemi cardiaci, tachicardia quando si cambia postura, difficoltà respiratorie e nei movimenti, disturbi che la scienza definisce «altamente invalidanti», pur non offrendo cure specifiche. L’origine del danno non è ben compresa. Nel 2021 c’è stata un’esplosione di casi, il più delle volte sottovalutati o curati come malattie psichiatriche e, come conferma l’infettivologo Andrea Francesco De Maria, «si è perduta l’occasione di studiare queste alterazioni come possibili effetti avversi da vaccino». Negli Stati Uniti, la vicenda di Brianne Dressen, insegnante di scuola materna di Saratoga Springs, Utah, che dopo aver ricevuto l’iniezione AstraZeneca in una sperimentazione clinica nel novembre 2020, ha sofferto di problemi cardiaci, grave debolezza muscolare e «scosse elettriche» interne debilitanti, ha permesso di individuare un alto numero di persone con problemi analoghi dopo un vaccino anti Covid-19.

William Murphy, immunologo presso l’Università della California, nel novembre 2021 su The New England Journal of Medicine suggeriva che un meccanismo autoimmune innescato dalla proteina spike Sars-CoV-2 potrebbe spiegare sia i sintomi di long Covid, sia alcuni rari effetti collaterali del vaccino, e ha chiesto una ricerca più approfondita. Intanto, la patologia rimane, le sofferenze pure, i casi non sono più così rari. Pochi riescono in Italia a ottenere una diagnosi, certa solo dopo una biopsia cutanea. Il Covid è un brutto virus spesso affrontato con scarse cure domiciliari, limitandosi a caldeggiare la vaccinazione; ma dalle testimonianze che Panorama ha raccolto si capisce che in alcuni casi l’inoculazione ha portato con sé problemi collaterali anche importanti, con interrogativi sul futuro. E se da una parte la pandemia si continuerà a combattere con i nuovi vaccini allo studio e con la quarta dose proposta a tamburo battente, dall’altra non può essere rinviata la presa in carico di tanti malati con eventi avversi.

Senza una normale sensibilità

Manuela, 31 anni, impiegata in un’azienda di Milano, ha dovuto lasciare il lavoro, vendere casa e andare a vivere da parenti a Torino perché la degenerazione del sistema nervoso periferico, cominciata dopo il vaccino anti Covid, è peggiorata. Le impedisce di essere autonoma, di affrontare semplici impegni quotidiani. Vaccinata con Pfizer, seconda dose a ottobre 2021, accusava parestesie diffuse, percezioni alterate della sensibilità, associate a senso di bruciore.

«Nessuno riusciva a diagnosticare di che cosa stessi soffrendo. Mi è stato consigliato di andare a Bologna, dal professor Vincenzo Donadio, neurologo che effettua biopsia di cute. Ha prelevato sottili frammenti di pelle in quattro punti della gamba ed è stata confermata una neuropatia delle piccole fibre». Purtroppo i farmaci non la fanno stare meglio: «All’estero i pazienti hanno accesso alla plasmaferesi (scambi plasmatici, ndr) o alle immunoglobuline, in Italia non è possibile. Apprezzo la diagnosi che hanno fatto, ma mi sento abbandonata a me stessa».

Lotta per l’esenzione

Marika, 44 anni, insegnante friulana, per colpa del vaccino AstraZeneca ha perso 20 chilogrammi in otto mesi, si è ritrovata con perimiocardite, pleurite e danni alle piccole fibre periferiche del sistema nervoso. «Eppure, con il mio quadro clinico, ogni 30 giorni devo battagliare per ottenere l’esenzione dal vaccino e non fare il booster» racconta esasperata. La seconda dose, a maggio 2021, accentua i bruciori e i dolori articolari, i crampi già avvertiti durante la prima dose. «Mi ero rivolta a un neurologo che, senza approfondimenti, ha concluso che ero vaccinabile». Invece, dopo solo un giorno ha avuto vertigini e si è diffuso il bruciore alle gambe.

Le visite specialistiche a pagamento, «4 mila euro in un solo anno», non fanno emergere problemi. «Mi sono rivolta anche a un ambulatorio per il Long Covid, dove mi hanno detto che i sintomi non sono da post vaccino. Sono invece da infezione. Ma il Covid non l’ho mai avuto, è impossibile».

Anche Marika prende la via di Bologna e della biopsia per diagnosticare la neuropatia delle piccole fibre, fatta nel febbraio scorso. Conclusione: «L’insorgenza della sintomatologia dopo l’inoculazione del vaccino suggerisce un possibile rapporto causale con il vaccino stesso, anche considerando l’assenza di fattori predisponenti la neuropatia». Nella signora si è scatenata una gigantesca risposta immunitaria, ma non ci sono cure.

«I medici mi hanno fatto sentire matta»

A Federica, fisico ospedaliero di Cagliari, 57 anni, nessuno aveva sconsigliato di vaccinarci perché affetta da tiroidite autoimmune. «Anzi, inizialmente i soggetti con tiroidite di Hashimoto sono stati inclusi tra la popolazione fragile, che doveva fare il vaccino» precisa. Con la seconda dose Pfizer, nel febbraio 2021, sono iniziati dolori, vertigini, bruciori alle gambe.

Il medico di base la mette alcuni giorni in malattia con «sindrome parainfluenzale», ma la stanchezza non passa, a maggio fare qualsiasi cosa le costa fatica. «I dolori articolari sono diventati muscolari, camminando ho iniziato a faticare, ad avere tachicardie improvvise, problemi alla vista». Effettua visite private, a partire dall’endocrinologo. Il neurologo le consiglia le solite «goccine per calmarsi», però i sintomi peggiorano, nel novembre scorso riusciva solo a muoversi dal letto al divano.

«Grazie al Comitato “Ascoltami” ho scoperto che poteva essere una neuropatia delle piccole fibre e c’erano centri in grado di diagnosticarla. Per mesi ho fatto avanti e indietro dalla Sardegna, spendendo soldi in viaggi e visite private per non sentirmi dire che ero matta. Alla fine, dopo la biopsia, è arrivata la conferma nella neuropatia». È tornata a lavorare «grazie all’ozonoterapia, che mi dà sollievo. Però i dolori restano. Dovrebbero rendere i vaccini più sicuri».

«Dopo questi dolori, ho paura per la terza dose»

«Dopo la prima dose con Moderna, nel giugno di un anno fa ho avvertito dolore all’anca. Completato il ciclo vaccinale, mi è successo di tutto. Il male si è diffuso ovunque, fitte continue che mi hanno molto spaventato» racconta Elisa, 36 anni, di Bologna, educatrice di sostegno in un liceo. Costretta a fare radiografie, colonscopia, ogni genere di accertamento che si concludeva con la diagnosi «è solo ansia», anche lei nell’aprile di quest’anno prova la biopsia. «La neuropatia è stata confermata, mi è stato detto che il vaccino può aver provocato una reazione tossica ma non esiste certezza. Non si sa perché i nervi siano lesionati. Non ho cure, vengono dati antidepressivi, antiepilettici, integratori. Le “punture di spillo” si sono diffuse ai piedi e alle mani e non so quanto peggiorerò. Ho paura a fare la terza dose, quando non mi faranno più esenzioni dovrò smettere di lavorare?».

I casi sono concreti, ma le istituzioni non rispondono

Elena, psicologa e psicoterapeuta di Firenze, racconta di essere stata «in malattia per circa cinque mesi». La vaccinazione nel 2021 le provoca disturbi vari e gravi. «Dopo una decina di accessi al Pronto soccorso, nonostante le numerose visite e gli esami diagnostici, nessuno riusciva a capire di cosa soffrissi. Alcuni medici hanno cercato di aiutarmi, altri non mi hanno creduto e hanno attribuito i miei sintomi a problemi psicologici».

In Rete scopre storie di altre giovani che in Italia e all’estero accusano gli stessi problemi, senza ottenere la diagnosi. Legge, si documenta, si mette in contatto con Vincenzo Donadio e Andrea Francesco De Maria, inizia una collaborazione con i due specialisti. Collabora anche con React19, organizzazione no profit scientifica statunitense che offre supporto finanziario, fisico ed emotivo.

«Molte persone si sono ritrovare abbandonate a sé stesse, costrette a vagare per l’Italia, passando da un medico all’altro, alla ricerca disperata di una diagnosi e di una cura, costrette a spendere cifre ingenti senza magari arrivare a niente» afferma. «A dicembre 2021 ho inviato una comunicazione Pec alla farmacovigilanza e alle istituzioni sanitarie delle Regione Toscana, per segnalare l’esistenza di reazioni avverse di tipo neurologico che rischiavano di non essere riconosciute. Inoltre, ho proposto la creazione di un centro di riferimento regionale, con un ambulatorio multidisciplinare per favorire una diagnosi differenziale precoce e una presa in carico globale del paziente». Nessuno le ha ancora risposto.

«Il vaccino protegge e fa bene. Ma può anche fare male»

«Questi prodotti farmacologici devono essere migliorati» avverte l’infettivologo. «Ma nel frattempo non si possono abbandonare le persone che soffrono».

Andrea Francesco De Maria, esperto di malattie infettive dell’Università di Genova (nella foto), lo scorso febbraio aveva scritto una lettera pubblicata dal New England Journal of Medicine (Nejm) in cui dichiarava di aver assistito cinque pazienti con gravi eventi avversi post vaccino, che avevano coinvolto i nervi periferici.

Sono in crescita i casi tra gli immunizzati?

No, perché i primi sintomi si manifestano entro un mese dalla somministrazione e ormai la maggior parte della popolazione italiana si è vaccinata. Il numero più elevato di neuropatie è insorto lo scorso anno, purtroppo coloro che avevano questi effetti collaterali non sono stati riconosciuti o creduti. Il flusso di prossimi casi potrà risentire dell’andamento delle nuove vaccinazioni.

Si è persa l’occasione di individuare questa patologia?

Le prime segnalazioni ci sono arrivate tra la seconda metà del 2021 e l’inizio del 2022. I lavori scientifici stanno uscendo adesso. Mentre sappiamo che in Italia il Long Covid interessa tra il 16 e il 20 per cento di coloro che hanno avuto la malattia, non abbiamo il numero di chi ha i sintomi post vaccinazione. La farmacovigilanza passiva sottostima tutto. La mia impressione è che, numericamente, sia almeno equivalente all’effetto collaterale cardiologico. Ovvero miocarditi e pericarditi.

La neuropatia delle piccole fibre è presente anche nelle persone che soffrono di Long Covid?

Sì, con la stessa sintomatologia. L’unica differenza è che nei soggetti che l’hanno come effetto post vaccino, la malattia non viene riconosciuta.

Occorre maggiore attenzione scientifica?

Il problema è capire quali cose può provocare il vaccino anti Covid, che protegge, fa bene, ma può anche far male. Deve essere migliorato, nel frattempo non si può abbandonare la persona che soffre.

Perché non ci sono farmaci appropriati?

Bisognerebbe sapere come nasce il disturbo. Sappiamo che in alcune persone è indotto dalla vaccinazione, però non abbiamo la conoscenza esatta del meccanismo. C’è chi prova a trattare i pazienti con terapie immunomodulanti, che si fanno solo in ospedale, altri danno farmaci per ridurre il dolore, o integratori che hanno effetto sui nervi periferici. Ma per vedere come funziona un farmaco bisognerebbe condurre «trial» clinici su pazienti omogenei che hanno questi problemi. Negli Stati Uniti sono stati stanziati fondi per la ricerca, in Italia no.

Un disturbo invalidante, ma molti medici lo scambiano per ansia 

Non esistono dati epidemiologici e scientifici sufficienti. Ed è anche difficile diagnosticare correttamente il problema organico alla base di questi sintomi.

Vincenzo Donadio è il direttore del programma neuromuscolare e neuroimmunologia dell’ospedale Bellaria di Bologna, uno dei pochissimi centri in Italia che effettua biopsia di cute per accertare la neuropatia delle piccole fibre.

Professore, stiamo parlando di una malattia rara?

Non molto, è correlata a diverse patologie del metabolismo, come il diabete, o autoimmuni, o infettive. Si tratta di un dolore cronico e quando la distribuzione dei sintomi non è localizzata solo su mani e piedi, ma diffusa in altre parti del corpo, come quella che stiamo riscontrando, diventa altamente invalidante. Il problema è la diagnosi, servono strumenti poco diffusi nella pratica clinica, perciò diventa una condizione sottostimata.

Quanto risulta frequente nei vaccinati contro il Covid?

Non ne abbiamo idea. Il vaccino è nuovo, non ci sono dati epidemiologici e scientifici, però nel nostro centro di Bologna, con i casi che studiamo, vediamo tante persone che prima stavano bene e dopo il vaccino soffrono di neuropatia delle piccole fibre. C’è una correlazione temporale, ma non conoscendo i meccanismi e le cause non possiamo avere la certezza del nesso causale con la vaccinazione.

Un’idea se la sarà fatta.

Il vaccino determina una situazione infiammatoria e l’ipotesi più verosimile è che nella cascata infiammatoria ci sia il coinvolgimento dei nervi.

È facile scambiare questa patologia con altre malattie?

L’esperienza clinica è limitata. Inoltre, essendo un disturbo doloroso e invalidante, provoca angoscia, abbattimento psicologico. Capita che venga diagnosticata l’ansia, non il problema organico che la provoca.


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