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La sanità in Italia? Funziona bene solo in ospedale

La sanità in Italia? Funziona bene solo in ospedale

Il rapporto del Ministero della Salute tinteggia un quadro non edificante per la medicina del territorio e per la prevenzione. Otto regioni italiane mostrano criticità difficili da colmare. E il Sud raggiunge la sufficienza solo nell’ambito dell’assistenza ospedaliera.

Una sanità divisa in due: da una parte gli ospedali, che funzionano, e dall’altra l’assistenza territoriale, che in alcune regioni è praticamente inesistente. E separata anche geograficamente: tra le regioni virtuose, tutte quelle del Nord e nessuna del Sud. In ospedale si ricevono mediamente cure tempestive e appropriate, ma riguardo a prevenzione, vaccinazioni, assistenza a domicilio od oncologica, tempi di arrivo delle ambulanze, e soprattutto medici di base e ambulatori territoriali, la situazione in Italia non è certo rosea. Anzi. E’ questo il ritratto impietoso appena stilato dal Ministero della Salute, che ha reso nota una sintesi dei risultati del monitoraggio dei LEA (i livelli essenziali di assistenza, cioè le attività di cura e prevenzione che rappresentano le basi portanti del nostro sistema sanitario) attraverso il Nuovo Sistema di Garanzia, strumento che valuta 88 indicatori relativi a tre macro-aree: Prevenzione, Assistenza distrettuale Assistenza ospedaliera. I dati mostrano complessivamente che 13 regioni, e cioè Lombardia, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia e Sardegna registrano un punteggio superiore a 60 (soglia di sufficienza) in tutte le macro-aree. Le altre 8 regioni risultano invece carenti: Sicilia, Valle D’Aosta, Abruzzo e Calabria mostrano insufficienze nell’area della Prevenzione e in quella Distrettuale, mentre P.A. Bolzano, Liguria e Molise sono carenti in Prevenzione e Basilicata solo in Distrettuale. Al di là dei tecnicisimi, questi dati sono specchio delle disuguaglianze del paese, dove la differenza tra la vita e la morte, tra cure che possano garantire una ripresa completa e altre insufficienti, la fa ancora troppo spesso la regione in cui si è nati o dove si è residenti. E dove spesso solo in ospedale, e questo è un dato che accomuna tutti i territori, si riescono a trovare cure adeguate. Le insufficienze in una o due macro-aree, che riguardano appunto 8 regioni, precludono l’accesso ai fondi previsti dal Fondo sanitario, che vale più di 136 miliardi.

LOMBARDIA FUORI DALLA TOP FIVE

Al primo posto si è piazzato il Veneto, con punteggi altissimi: 98/100 sulla prevenzione, 96/100 per l’assistenza distrettuale e 94 per quella ospedaliera. Nei top 5 risultano anche Toscana, Emilia Romagna, Provincia Autonoma di Trento e Piemonte. La Lombardia -peraltro unica regione italiana ad avere ben cinque ospedali tra i 250 migliori al mondo secondo la classifica internazionale stilata da Newsweek- è risultata “solo” sesta: il risultato non è piaciuto al governatore Attilio Fontana. «Sono cose assolutamente inaccettabili» ha spiegato Fontana. «I cervellotici parametri indicati non hanno niente a che vedere con il funzionamento della sanità e hanno l’obiettivo di penalizzarci”. Il governatore ha poi accusato i “burocrati” che hanno predisposto i parametri e fatto sapere che la Regione sta dialogando con il ministero per avere degli indicatori “che rappresentino effettivamente” la realtà dei fatti della sanità regionale.

IL SUD IN CONDIZIONI DRAMMATICHE

Tra le peggiori cinque regioni, in base alle performance nelle diverse macro-aree , 4 sono del Centro-Sud, con la Calabria sempre saldamente piazzata come fanalino di coda. Per tutte, la sufficienza viene raggiunta solo ed esclusivamente nell’area dell’assistenza ospedaliera, che in Sicilia raggiunge il buon punteggio di 80/100, vicino a regioni ben più virtuose come Liguria e Umbria, ma che in Calabria si ferma a 69 (comunque sopra la soglia di sufficienza). Verrebbe da dire, a questo punto, che non hanno tutti i torti i cittadini che proprio in queste regioni preferiscono sempre e comunque cercare risposte ai propri bisogni di cura rivolgendosi ai Pronto Soccorso, bypassando per qualsiasi problema sia i medici di base che le guardie mediche che i pochi e spesso scadenti ambulatori territoriali. Se non fosse che così il sistema diventa un cane che si morde la coda: con una serie infinita di accessi impropri nei reparti di emergenza, codici bianche e verdi che ingolfano i Pronto Soccorso e attese interminabili che spesso sfociano poi in conflittualità con gli operatori sanitari.

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