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L’allergia? E’ un epidemia

L’allergia? E’ un epidemia

Negli ultimi anni si sta verificando un aumento esponenziale dell’ipersensibilità a tante sostanze, legata anche a fioriture sempre più precoci e prolungate nel tempo. E non è solo colpa del clima che cambia. Così i problemi dati da pollini, alimenti, acari della polvere – solo per citarne alcuni – sono ormai diventati un tormento perenne.


Per sette persone su dieci, l’avvento della bella stagione è un inno alla gioia: fiori, colori, gite fuori porta, tepore mentre si passeggia. Per le altre tre, quelle che soffrono di allergia (più o meno il 25-30 per cento della popolazione) la primavera è, molto semplicemente, una iattura. Un susseguirsi di starnuti, naso che cola, occhi che lacrimano, prurito in gola, persino un leggero sibilo bronchiale simile a quello di un fumatore incallito di mezza età.

Lo strazio, in genere, va avanti per qualche mese, a seconda del tempo di fioritura di un polline o dell’altro. O meglio, così era fino a qualche tempo fa. Ora il caldo anticipato a inizio marzo e prolungato fino all’autunno rende la vita difficile quasi tutto l’anno. E la parola «epidemia», che dà il titolo a quest’articolo, seppure forzata (non si tratta di virus) rende l’idea: negli ultimi anni le malattie allergiche sono in aumento esponenziale, in Italia e ovunque: in Europa, per esempio, la rinite allergica tormenta circa 100 milioni di cittadini. E non a caso tra i prodotti da banco delle farmacie italiane, il 10 per cento consiste in prodotti contro i sintomi allergici. Aggiungiamo qualche altra cifra: tra i bambini fino ai 14 anni, uno su due soffre di allergie respiratorie (e il 10 per cento di quelle alimentari). Negli adulti, ne sarà colpito, dicono le stime, il 50 per cento della popolazione entro il 2050. E già ora i costi per la sanità, tra farmaci e terapie, superano i 7 miliardi di euro all’anno.

Meglio dunque archiviare l’aggettivo «stagionali», tanto vale definirle perenni. Colpa di un’alchimia micidiale formata dalle temperature che si alzano appena svoltato l’inverno, dall’inquinamento ostinato in città, dalla mancanza di piogge. Il cambiamento climatico poi attira a nord piante che una volta non c’erano, e al «catalogo» dei soliti pollini se ne aggiungono di nuovi. «Le fioriture non solo iniziano prima e terminano più tardi, ma stanno subendo una serie di modifiche» conferma Mario Di Gioacchino, presidente della Siaaic, Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica. «Le nostre piante, come l’artemisia e le composite, danno sintomi fino all’estate, ma con l’arrivo di piante arboree non autoctone, per esempio l’ambrosia di tipo asiatico, questo ciclo tende a spostarsi verso settembre, ottobre, novembre. Ne risulta un quadro allergologico più lungo e potente. E incide anche la siccità, perché la pioggia porta il polline a terra, tant’è vero che dopo il temporale l’allergico sta meglio». L’inquinamento poi ci mette del suo: oltre a irritare le vie respiratorie, agisce «polarizzando» il sistema immunitario, ossia aizzandolo contro stimoli di norma innocui: un polline, o il componente di un alimento. «Le sostanze inquinanti stimolano il sistema immunitario ad attivare una reazione tipica delle allergie – detta Th2 – contro un ospite che ritiene sgradito nonostante non faccia, per così dire, nulla di male» spiega Di Gioacchino.

Non bastasse, a contatto con le particelle inquinanti, anche il polline si fa più «aggressivo». L’allergico che vive in mezzo allo smog sarà così più a rischio di asma e riacutizzazioni. «È soprattutto il particolato diesel a rompere la membrana dei granuli dei pollini e ad aumentare la concentrazione nell’aria delle sostanze allergizzanti» aggiunge Mona-Rita Yacoub, coordinatore dell’Area allergologica presso l’Unità di immunologia, reumatologia e allergologia dell’ospedale San Raffaele di Milano. «Queste particelle molto piccole penetrano meglio a livello delle vie aeee. Inoltre, una parte delle allergie ai cibi, anch’esse in aumento, deriva dalla sensibilizzazione ad allergeni in comune fra pollini e alimenti». In questo groviglio di pollini, smog e cambiamento del clima, ha un ruolo il microbiota: quell’insieme di batteri che vivono nel nostro intestino e influiscono, nel bene e nel male, su numerose malattie. Se il microbiota viene alterato, rischiamo di perdere tolleranza verso una serie di sostanze a livello respiratorio, intestinale e cutaneo. Alcuni batteri della flora polmonare, per esempio, favoriscono l’asma. Così come nella dermatite atopica c’è un microbiota cutaneo alterato.

Vivere in ambienti igienizzati e sterlizzati come oggi sono le nostre case, infine, non aiuta. Si è visto che chi abita in campagna è meno allergico, così come avere animali domestici nella prima infanzia può essere un fattore protettivo. Se è vero, insomma, che allergici si nasce – esiste una predisposizione ereditaria – oggi lo si diventa sempre più in età adulta, addirittura da anziani (Di Giocchino racconta di un suo paziente scopertosi allergico al cipresso a 82 anni), proprio perché è una malattia multifattoriale. E se si combinano più fattori tra loro, anche senza alcuna genetica di mezzo, si inizia a non sopportare più un polline, un alimento, la polvere di casa. La percezione comune, però, è che qualche starnuto cosa vuoi che sia, in fondo passa, un po’ di occhi che lacrimano… Insomma, che l’allergia non sia una malattia poi tanto grave. Ma banalizzarla è un errore. Se è vero che nei casi blandi basta un antistaminico per tenerla a bada (anche se prenderlo ogni giorno, per mesi di fila, diventa impegnativo), il 50 per cento delle rinite non curate evolve in asma, ben più pericolosa: ogni anno in Italia si stima che ne muoiano 200-300 persone, soprattutto sotto i 35 anni.

«Nella terapia della rinite allergica il primo step è l’antistaminico, nei casi più seri si passa agli spray nasali contenenti cortisone, talvolta associati agli antistaminici. L’asma si cura con cortisone topico e broncodilatatori a lunga durata d’azione, cui si possono aggiungere farmaci antinfiammatori specifici» spiega Yacoub. «Ma alcuni pazienti non rispondono bene a questi trattamenti e hanno riacutizzazioni, in questo caso ci sono anticorpi monoclonali, che si somministrano una o due volte al mese». Sugli spray abbiamo, in verità, qualche dubbio: non creano dipendenza, per cui alla lunga uno si ritrova con il naso tappato, come se dentro avesse una colata di cemento? «Gli spray con cortisone e antistaminico non danno assuefazione» rassicura Yacoub. «Il problema invece esiste per quelli vasocostrittori che decongestionano. Tolgono gonfiore atraverso un meccanismo vascolare, ma alla fine c’è un effetto rebound. Andrebbero usati solo per breve tempo, per esempio nel raffreddore comune, non nelle riniti croniche, altrimenti possono danneggiare la mucosa nasale e portare a riniti iatrogene(causate dai farmaci, ndr)».

C’è anche un vaccino, che sarebbe meglio definire «immunoterapia con allergeni», sia per pollini che per acari della polvere. Non comodissimo, a dir la verità: da fare tutti i giorni, nella forma sublinguale, o con iniezioni ripetute. «L’immunoterapia specifica, seguita per almeno tre anni, è in grado di modificare la storia naturale dell’allergia» dice Yacoub. «Sono estratti sublinguali, o per via iniettiva». E funzionano: riducono molto gli episodi, in alcuni casi fino alla scomparsa. Prima di tentare il vaccino, però, bisogna sapere a che cosa esattamente si è allergici. Lo rivela il Prick test, esame cutaneo che si fa sugli avambracci applicando lancette appuntite, e che individua a quali sostanze si è sensibilizzati: pollini, veleno di insetti, lattice, acari, epitelio di animali, latex, alimenti… un piccolo ponfo rosso darà il responso. E poi c’è il dosaggio delle «IgE specifiche»: da un prelievo di sangue vanno a vedere la concentrazione di un tipo particolare di anticorpi – le immunoglobuline di classe E, appunto – per verificare l’eventualità sensibilità a una sostanza. Esami fondamentale soprattutto in caso di polisensibilità e quando si sospettano allergie crociate tra i pollini, o tra questi e gli alimenti. Alcuni pacchetti di questi test (Isaac, Alex) dosano fino a 200 allergeni.Online (su Amazon, come al solito, si apre un mondo) sono poi pubblicizzati molte altre analisi fai-da-te, vendute con fare disinvolto. Affidabili, chiediamo alla dottoressa? Domanda quasi superflua. «Al di là dei test che le ho illustrato, validati da studi scientifici, tutto il resto non è standardizzato» In altre parole, no.

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