Aumentano i casi di miocardite dopo le iniezioni anti Covid. Lo dicono nuovi studi e lo confermano diversi esperti. Invece di minimizzare, la scienza dovrebbe affrontare il problema con analisi più approfondite.
Le miocarditi sono in aumento, forse perché le proteine spike del vaccino si legano a recettori che controllano le infiammazioni cardiache. Bisogna approfondire, non minimizzare. Troppo poco ancora sappiamo degli anti Covid disponibili, eppure guai a sollevare interrogativi su efficacia e sicurezza di 11,37 miliardi di dosi già somministrate nel mondo.
Eccellenti medici e ricercatori sono stati messi al bando, sospesi dai loro incarichi (l’ultimo caso da noi in Italia, quello dell’endocrinologo Giovanni Frajese) se solo osano avanzare dubbi, sebbene supportati da accurati studi. Sulla moria di articoli ritirati dalle principali riviste scientifiche è intervenuto di recente il neurochirurgo statunitense Russell L. Blaylock, dichiarando che «in troppi casi gli autori avevano osato mettere in discussione il dogma accettato dai controllori delle pubblicazioni scientifiche, in particolare per quanto riguarda la sicurezza, i trattamenti alternativi o l’efficacia dei vaccini».
Un testo molto duro, quello scritto per il Surgical Neurology International, che denuncia l’assurda gestione della pandemia e il controllo dei media da parte delle aziende farmaceutiche. Significativa, a tal proposito, l’affermazione di Blaylock che «non c’è alcuna indagine seria da parte di alcuna agenzia governativa per determinare perché queste persone stiano morendo e siano gravemente e permanentemente danneggiate da questi vaccini».
Al contrario, le segnalazioni dei problemi legati ai vaccini sono in continuo aumento, sebbene l’Agenzia italiana del farmaco dichiari solo 18 eventi gravi ogni 100 mila dosi somministrate (su un totale di 136 milioni). Fabio Angeli, esperto di cardiologia preventiva, ipertensione arteriosa, fibrillazione atriale, assieme ad altri studiosi ha mostrato come non sia infrequente l’aumento dei livelli di pressione arteriosa dopo la prima o la seconda inoculazione. Un innalzamento significativo, che ha reso necessario anche l’intervento farmacologico.
Pochi giorni fa, sulla rivista internazionale peer review Journal of Cardiovascular Development and Disease, Angeli e colleghi hanno pubblicato la prima revisione sistematica progettata per indagare sull’insorgenza di un aumento della pressione sanguigna dopo la vaccinazione anti Covid-19, quindi come potenziale reazione avversa. Dopo aver valutato più di un migliaio di studi realizzati e pubblicati nell’Unione Europea, solo sei sono entrati nell’analisi finale e la percentuale di ipertensione registrata in 357.387 soggetti è stata del 3,2 per cento. «Significa che la pressione arteriosa anomala dopo la prima o la seconda dose non è evento raro» spiega Angeli, professore, associato di Malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università degli Studi dell’Insubria di Varese, due anni passati in prima linea a combattere il Covid in un’area emergenziale. Quindi con tanta esperienza clinica.
L’ipotesi «molto probabile» è che il meccanismo fisiopatologico alla base dell’alterazione non sia molto diverso da quanto accade durante l’infezione da Covid, quando pure s’innalza la pressione, visto che le proteine spike che il vaccino fa produrre all’organismo sono molto simili, a livello funzionale e morfologico, a quelle del virus e si legano ad alcuni recettori in tutto l’organismo. Recettori coinvolti in pressione arteriosa, infiammazioni cardiache, trombosi e quando le spike si legano a essi, creano una sorta di paralisi funzionale. «Salta un po’ il meccanismo di regolazione delle funzioni vitali» precisa Angeli. Le caratteristiche risultanti dalla vaccinazione assomigliano a quelle della malattia attiva. Se confermato con altri studi, tenendo conto dei milioni di vaccinati in Italia, non è un numero da sottovalutare. Senza prevenzione e informazione, almeno 15 milioni di ipertesi in Italia si vaccinano senza sapere che cosa rischiano.
Anche gli autori di una ricerca apparsa sulla rivista di ematologia clinica Blood Advances segnalano la possibilità che «in determinati individui la produzione di specifici anticorpi indotti dalla spike vaccinale porti alla formazione di immunocomplessi, che a loro volta attivano le piastrine portando a trombocitopenia ed eventualmente a trombi e/o emorragie». Avevano analizzato il caso di una donna di 25 anni, immunizzata con il prodotto a mRna di Moderna, e i risultati degli esperimenti indicavano che il meccanismo patogenetico di spike e vaccino sulle piastrine è legato all’attivazione del recettore delle immunoglobuline sulle piastrine.
Pur precisando che la prevalenza di questo fenomeno deve essere ancora determinata clinicamente, ritengono che sia utile un test diagnostico capace di riconoscere più casi di trombocitopenia indotta da vaccino (Vit). E il 2 maggio la Fda statunitense ha limitato l’uso autorizzato del vaccino di J&J ai soggetti over 18, dopo aver stabilito il rischio di trombosi con sindrome da trombocitopenia (Tts), e insorgenza dei sintomi circa una o due settimane dopo la somministrazione. «Il Covid-19 è stata una malattia disastrosa, non avevamo armi, ma non significa che non si debbano studiare i vaccini» precisa Angeli. Il nesso causa-effetto deve essere indagato. «Anche gli eventi di miopericardite potrebbero avere un denominatore comune, ossia la vaccinazione, che innalzerebbe la carica infiammatoria predisponendo o facilitando infiammazioni localizzate a livello del cuore così come nella fase acuta del Covid, seppur in maniera meno grave» aggiunge. In ogni caso è preoccupante perché un problema di salute che riguarda la popolazione più giovane, quella che ha meno bisogno di vaccinarsi contro il Covid.
ll medico piacentino Alessandro Capucci, ordinario di Malattie cardiovascolari, ha dichiarato che «nel 2021 si è riscontrato un aumento dei casi di miocardite giovanile e negli atleti. Anche le morti improvvise tra i calciatori sono superiori alla media. Dagli studi emerge un legame significativo con i vaccini mRna, il ministero non dovrebbe minimizzare». Accade soprattutto nei giovani maschi «per una maggiore produzione di catecolamine da parte delle ghiandole surrenali»; e negli atleti «che sono già esposti ad elevati livelli di catecolamine, ne incrementano il livello, a seguito dell’inoculazione di questi vaccini, con necrosi di parti del tessuto muscolare miocardico». A detta dell’esperto, «la miocardite non va mai sottovalutata. È possibile che dopo anni si abbia uno scompenso cardiaco». Il tennista francese Ugo Humbert, dopo quattro sconfitte consecutive ha ammesso di non essere più stato bene dopo la vaccinazione. «Ho sperimentato effetti avversi anche quando ero in Australia», ha dichiarato, aggiungendo «no, non sono l’unico atleta. Ho sentito altri parlarne, so che può succedere».
Il 28 aprile, la rivista Scientific Report (del gruppo editoriale Springer-Nature) ha pubblicato uno studio condotto in Israele sull’aumento delle «emergenze» cardiovascolari nella popolazione sotto i 40 anni durante la terza ondata Covid e in piena campagna vaccinale. Tra gennaio e maggio 2021 sono cresciute di oltre il 25 per cento le chiamate ai numeri di emergenza per arresto cardiaco o sindrome coronarica acuta nella popolazione tra 16 e 39 anni, rispetto allo stesso periodo nel 2019-2020. Le miocarditi si registrano soprattutto nella popolazione maschile, ma l’incremento delle chiamate all’Israel National Ems, servizio nazionale di emergenza, per problemi al cuore è in prevalenza nella fascia femminile e per i ricercatori questo significherebbe una «potenziale sottostima di insorgenza di miocarditi nelle donne».
Secondo quanto riportato dal Berliner Zeitung, nel 2021 c’è stata un’impennata delle chiamate ai vigili del fuoco di Berlino per problemi cardiaci e ictus. Una crescita del 31 per cento rispetto ai valori medi del 2018-2019. «Occorre verificare se vi sia un nesso causale con gli effetti collaterali del Covid-19» è stata la richiesta inviata al Robert Koch Institute e al Paul Ehrlich Institute, anche per accertare l’esistenza di analoghe situazioni in tutta la Germania. Su Open Medicine, il ginecologo Antonio Simone Laganà e altri esperti sempre dell’Università dell’Insubria hanno pubblicato uno studio sulle irregolarità mestruali dopo la prima e la seconda dose del vaccino Covid-19. Escludendo le donne con patologie ginecologiche, sottoposte a trattamenti ormonali, in perimenopausa e menopausa, o che hanno avuto cicli mestruali irregolari negli ultimi 12 mesi prima del vaccino, dai dati risulta che circa il 50-60 per cento delle donne in età riproduttiva che avevano ricevuto la prima dose hanno riportato irregolarità del ciclo mestruale, indipendentemente dal tipo di prodotto somministrato.
Irregolarità leggermente superiore (60-70 per cento) dopo la seconda dose. Anche in questo caso, la conclusione è che si devono informare le donne, prima che ricevano l’iniezione. Sotto accusa pure i richiami, che si vogliono distribuire indiscriminatamente. In un editoriale del 13 aprile sul New England Journal of Medicine, il pediatra americano Paul Allan Offit, specializzato in malattie infettive, vaccini, immunoematologia e virologia, avvertiva: «I booster non sono privi di rischi, dobbiamo chiarire quali gruppi ne beneficiano di più. Per esempio, i ragazzi e gli uomini tra i 16 e i 29 anni di età sono ad aumentato rischio di miocardite causata dai vaccini a mRna». La connessione tra vaccinazioni e miocarditi va analizzata a fondo, non scartata come fanno pediatri e virologi nostrani che sorvolano sulle importanti conclusioni di studi a livello internazionale. Come accade davanti a episodi di riacutizzazione della fibrosi polmonare idiopatica (Ipf), una malattia rara, in soggetti che erano stati vaccinati nei 3-5 giorni precedenti.
Un altro studio appena pubblicato sull’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine da Luca Richeldi, direttore della Uoc di pneumologia della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, da Giacomo Sgalla e da altri colleghi, ne segnala invece la criticità. «I vaccini a mRna anti Covid sono vaccini nuovi, che noi suggeriamo di annoverare tra le potenziali cause di una riacutizzazione fibrosi polmonare idiopatica» osserva Richeldi. «È possibile che in alcuni di questi pazienti, la liberazione di citochine infiammatorie, causata dalla vaccinazione, possa aver fatto da innesco di questa esacerbazione acuta» aggiunge Sgalla. Di certo, visto che le Spike possono resistere anche otto settimane nel nostro organismo, l’esposizione prolungata a queste proteine aumenta i rischi e sono indispensabili dati aggiornati sui benefici da vaccinazione anti Covid.
Eppure, come ha denunciato l’avvocato Enzo Iapichino, che assieme ad altri colleghi si è sentito rispondere picche da Ema (l’Agenzia europea per i medicinali) e Aifa (quella italiana per i controllo sui farmaci) circa le relazioni sulla sicurezza dei vaccini che sarebbero coperte da segreto militare. «Manca la trasparenza da parte delle istituzioni. Se parliamo delle relazioni sulla sicurezza dei vaccini a questo punto presumiamo che non ne siano in possesso. Se parliamo degli studi scientifici, presumiamo che li abbiano. Ma allora perché non li mettono a disposizione?» ha commentato Iapichino sul quotidiano Fatto Quotidiano. Un silenzio analogo a quello che avvolge i dati sull’immunità naturale data dall’infezione Covid, più alta e duratura di quella fornita da un vaccino ormai vecchio di due anni (messo a punto sul ceppo originario di Wuhan), ma che continua a essere imposto senza approfondimenti scientifici anche ai guariti, ignorando i dosaggi degli anticorpi.