A scuola nell'hotel del futuro
Nel campus di Les Roches, in Spagna, gli studenti imparano le regole e i segreti per accogliere e accontentare i clienti più esigenti. Tra riproduzioni di bar e ristoranti, cucine evolute e camere hi-tech, si scrive l’evoluzione degli alberghi. Siamo andati a scoprirla. In anteprima.
E io che pensavo di avere fatto un figurone arrivando puntualissimo, indossando una giacca elegante. Invece, senza saperlo, avevo già collezionato tre penalità: un decimo di punto per essermi presentato senza cravatta; un altro decimo perché la camicia non era stirata alla perfezione (la valigia, si sa, fa di questi scherzi); un ultimo decimo perché avevo fatto la barba la sera prima, non il giorno stesso. Inchiodato alla mia inadeguatezza da una leggerissima ricrescita.
A differenza di me, gli studenti di Les Roches sono abituati a non scivolare su queste minuzie. Intanto perché se perdono due punti interi rischiano l’espulsione. E poi, nel primo anno, ogni mattina alle 8 e 45 vengono messi in riga e controllati stile Full Metal Jacket: un professore verifica che gli chignon dei capelli siano ineccepibili, le scarpe lucide, i calzini mai spaiati. Nessuno urla insulti come nel capolavoro di Stanley Kubrick, ma eventuali sbavature sono annotate e sanzionate.
Les Roches è tra le scuole di business nell’alta ospitalità più quotate e rispettate al mondo. Al termine degli studi, gli iscritti ricevono in media cinque offerte di lavoro ciascuno. Ha 70 anni di storia e due campus: uno in Svizzera, che ricrea le atmosfere di un albergo di montagna; uno in Spagna, un incrocio tra un resort di mare e un lussuoso hotel urbano. Qui a Marbella, non lontano da Malaga, si contano quasi 1.900 studenti di 97 nazionalità, tanto forte è il richiamo mondiale dell’istituto, che oltre a percorsi di laurea offre master in numerosi ambiti manageriali legati all’accoglienza di livello. Per tutti gli studenti, dall’alba al tramonto, vige un dress code rinforzato, definito persino nei colori accettabili di abiti e accessori.
Un codice ribadito in decine di cartelli appesi ovunque, un puntiglioso promemoria dell’abbigliamento fallimentare indossato del cronista di Panorama. Che vergogna. «Non pensiamo di esagerare. Facciamo in modo che questo modo di presentarsi diventi un’abitudine» ragiona Carlos Díez de la Lastra, il Ceo di Les Roches: «Se poi sul lavoro bisognerà essere più rilassati nel look, sarà semplice riuscirci». L’eccellenza è il parametro, un valore tanto delicato quanto intangibile. Teoria che è pratica sul campo: i ragazzi si esercitano in quattro locali, dal bistrot con bar annesso, al clone di un ristorante stellato. Lo fanno in cucina, dove apprendono ad affettare lo zenzero o ad affilare un coltello; in sala, mentre scoprono come lucidare a regola d’arte un bicchiere o che il piatto del pane va sistemato a tre dita dal bordo del tavolo. E non perché da adulti saranno camerieri o cuochi, la logica è un’altra: se vogliono dirigere un dipartimento specializzato in cibo e bevande hanno necessità di comprendere la complessità di un servizio o quanto tempo occorre per preparare un piatto.
Accanto ai ristoranti, le altre palestre di Les Roches non hanno canestri da basket né reti da pallavolo, sono piuttosto riproduzioni di stanze d’hotel, che diventano antipasti di futuro, anteprime di come alloggeremo domani. Qui le aziende fanno la fila per sperimentare le loro proposte, per conoscere e sedurre i prossimi manager degli alberghi. Ecco bizzarrie come l’asciugacapelli fissato a parete e alto quasi due metri, che soffia vento su tutto il corpo riducendo la necessità degli asciugamani e strizzando l’occhio all’ambiente. Funziona bene ma è chiassoso, l’obiezione è come usarlo a tarda ora senza farsi maledire dai vicini di camera. C’è il letto che massaggia l’occupante e all’occorrenza si solleva, per pulire meglio il pavimento; ci sono le superfici hi-tech a prova di batteri, i sensori che accendono le luci e rilevano dove gli ospiti si soffermano di più per non lasciarli in penombra. Fino alle chiavi nello smartphone per fare il check-in pure a colazione e non aspettare in fila che l’addetto cancelli il proprio nome da un elenco.
«Non ci limitiamo a presentare agli studenti le ultime soluzioni, le analizziamo con loro, capiamo come migliorarle. Per esempio, pensiamo a come disegnare le applicazioni per i tablet che mostrano i vari servizi di un hotel» spiega Susana Garrido, che a Marbella è responsabile di Spark, il progetto di Les Roches dedicato all’innovazione nell’ospitalità. Un laboratorio per coltivare la nascita di start up, «incoraggiare le intuizioni dei ragazzi» come quella di costruire una app per ingaggiare lo chef di un cinque stelle per una cena a domicilio. In un’altra aula c’è una cucina avveniristica, con telecamere dappertutto e un concetto di ristorazione parecchio avvolgente: i commensali sono bendati, prima di assaggiare un piatto lo annusano, ne toccano gli ingredienti, ascoltano suoni e musica legati ai luoghi da cui una pietanza proviene. S’impara ad assaporarla con tutti i sensi.
Circa 50 iscritti sono italiani, come Mattia che sogna di fondare il suo business o Giulia che preferirebbe lavorare nel marketing degli eventi. Hanno una ventina d’anni ma sembrano molto più maturi, sono determinati e impeccabili. A Les Roches gli insegnano non solo a vestirsi bene, ma a gestire le situazioni di crisi, ad assecondare con un sorriso i clienti incontentabili, a sopportare lo stress: «Un ottimo metodo è fissare gli esami orali al mattino e quelli pratici al pomeriggio» svela il Ceo: «Non è per crudeltà, dobbiamo abituarli ad agire sotto pressione, a reggere la stanchezza, a districarsi nei momenti di tensione». Les Roches, prima che di ospitalità, vuole essere una scuola di vita: «L’educazione da sola non può cambiare il mondo, ma può cambiare le persone che lo cambieranno».