Sei motivi per seguire il rugby (e il torneo delle Sei Nazioni)
Lo spirito in campo, il codice d'onore, la nostra nazionale, l'impegno civile, i protagonisti, il terzo tempo. Molto più di un semplice sport
Inutile arricciare il naso: oggi è il rugby lo sport da seguire. L'aveva già notato Oscar Wilde quando disse che “il calcio è uno sport da gentlemen giocato da banditi e il rugby uno sport da banditi giocato da gentlemen”. E non solo perché vide i suoi natali in un college inglese di quelli blasonati, della cittadina di Rugby, appunto, nel 1845 quando, durante una partita di calcio, lo studente William Ellis afferrò con le mani la palla (all'epoca, ovviamente, ancora rotonda) e scappò velocissimo verso la linea di fondo del campo opposta. Non solo perché è uno sport dove vige, fortissimo, un rigido codice d'onore. E non solo perché i giocatori sono sottoposti per forza di cose (la violenza delle azioni, per esempio) a una disciplina severissima.
Mentre parte l'ormai seguitissimo Torneo delle Sei Nazioni (sabato 1 febbraio allo stadio Millennium di Cardiff, Gran Bretagna, l'incontro d'apertura tra Galles, campione in carica, e Italia), ecco alcuni motivi per seguirlo.
Tutti per uno - Il rugby è uno sport di massa con regole ferree e, spesso, di difficile comprensione (sarà per questo che il calcio è più popolare?) dove ognuno dei 15 giocatori della squadra ha un ruolo definito con precisione. Il fine, però, è uno solo per tutti: portare la palla alla meta, oltre la linea di fondo. Per eseguire perfettamente il proprio ruolo, i giocatori non possono contare solo sulla forza fisica, ma anzi devono ragionare con un certo acume, a dispetto della violenza in campo. Non per niente, è nato nei college inglesi.
Codice d'onore - Le regole sono rigidissime e tendono all'eroismo, per così dire: per esempio, esclusivamente il giocatore che in quel momento ha la palla può essere placcato mentre gli altri non devono subire intralci di qualsiasi tipo, pena il fischio del fallo. Fino a pochi anni fa non era prevista la sostituzione tecnica: si stava in campo fino alla... fine. E se un giocatore si macchia di una scorrettezza, deve temere la ritorsione dei compagni stessi.
L'Italia tra le migliori - Il Torneo delle Sei Nazioni, il più importante e seguito del mondo, fino al 2000, è stato Torneo delle Cinque Nazioni: Inghilterra, Irlanda, Galles, Scozia e Francia, considerate le migliori nazionali europee di rugby e i Paesi del Vecchio Continente dove questo sport era maggiormente diffuso. Grazie all'aumento di seguito anche nel nostro Paese e alla crescita agonistica della nazionale italiana, nel 2000 l'International Rugby Board ha deciso di innalzare il numero delle Nazioni a sei, comprendendo l'Italia.
Impegno civile - Il Sudafrica, Paese dove il rugby è da sempre molto praticato, è stata esclusa dalle competizioni internazionali fino al 1992 come boicottaggio al regime dell'aparthaid. Tre anni dopo, nel 1995, l'IRB decise coraggiosamente di organizzare la Terza Coppa del Mondo di rugby proprio in Sudafrica e l'appassionante storia dell'happening sportivo traformatasi, ben presto, in evento sociale e politico, è raccontato nel pluripremiato film Invictus - L'invincibile del 2009, diretto da Clint Eastwood, con Morgan Freeman nel ruolo di Nelson Mandela e Matt Damon in quello di François Pienaar, il capitano bianco della nazionale sudafricana.
Parisse, Bergamasco & Co - Accanto ai giovani nati negli anni 90 Angelo Esposito, Tommaso Allan e via dicendo, il ct della nazionale italiana Jacques Brunel schiera nel primo incontro contro il Galles (21 incontri tra le due squadre, 17 dei quali vinti dai gallesi) alcuni veterani di grande esperienza, veri e propri eroi epici del mondo rugbistico: il capitano Sergio Parisse (102 presenze in nazionale), Mauro Bergamasco (56 presenze consecutive in nazionale) e Martin Castrogiovanni (102). Tra l'altro, firmato dallo stesso Bergamasco e da Francesca Boccaletto, in questi giorni esce la sua biografia Nel nome del rugby. Storia di un bambino diventato campione e di una palla ovale (Infinito Edizioni, € 12,00).
Il “terzo tempo” - Per finire questo excursus semiserio su un mondo i cui valori sportivi sono rimasti tali anche nel corso dei decenni, una menzione particolare merita il “terzo tempo”. Le partite di rugby durano 80 minuti divisi in due tempi, con un intervallo che non deve superare i cinque minuti. Ma assolutamente irrinunciabile è il “terzo tempo”, ovvero la cena o drink di fine partita a cui partecipano i giocatori delle due squadre avversarie, spesso con parenti e tifosi, indipendentemente da quanto se ne siano date sul campo. E, manco a dirlo, i leitmotiv della serata sono alcol, scherzi e goliardia.