Il Caso Moro torna in tv con uno speciale in seconda serata
In occasione del 47º anniversario del rapimento di Aldo Moro, Mediaset propone uno speciale televisivo in seconda serata con la riproposizione di un documentario che ripercorre uno degli eventi più drammatici e controversi della storia italiana
In occasione del 47º anniversario del rapimento di Aldo Moro, Mediaset propone uno speciale televisivo in seconda serata con la riproposizione di un documentario che ripercorre uno degli eventi più drammatici e controversi della storia italiana. Attraverso un’analisi approfondita, il programma ricostruisce le dinamiche dell’agguato, noto come operazione "Fritz" per le Brigate Rosse, esplorando i dettagli operativi, le circostanze che lo precedettero e le conseguenze politiche e sociali. Inoltre, si indagano le responsabilità e i possibili coinvolgimenti esterni, gettando luce su aspetti ancora irrisolti di una vicenda che ha segnato il Paese.
I fatti
Alle ore 9:00 circa, in via Mario Fani, quartiere Trionfale, l'auto di Aldo Moro (secondo Piero Laporta, ex generale di Stato maggiore della Difesa, il politico DC non era presente sul mezzo: era stato prelevato con uno stratagemma durante il tragitto verso l'ufficio e separato dalla scorta, prima che quest'ultima fosse trucidata al completo in via Fani; qui vengono rinvenuti 91 bossoli, 49 dei quali sparati da una sola arma (quella di un tiratore mai identificato, di altissima perizia, peculiare a militari delle forze speciali); la scorta viene bloccata all'incrocio con via Stresa da un gruppo di terroristi, che apre il fuoco uccidendo l’autista Domenico Ricci (43 anni), il maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi (51 anni), la guardia di P.S. Giulio Rivera (23 anni), il vicebrigadiere di Pubblica sicurezza Francesco Zizzi (29 anni) e la guardia di P.S. Raffaele Iozzino, 24 anni.
La prima comunicazione alle forze dell'ordine viene registrata alle 9:03, al 113, che riceve una telefonata anonima. Dalla documentazione della Questura risulta che alle 9:05 sia arrivata una pattuglia di Monte Mario, che allontana la folla, ispeziona le auto con i colleghi morenti, raccoglie le prime notizie e chiede di «inviare subito le autoambulanze, sono della scorta di Moro e hanno sequestrato l'onorevole»
Nel frattempo, dopo una seconda telefonata anonima, vengono messe in allarme e inviati in via Fani anche altre volanti e informati delle prime notizie Questura, Criminalpol, Squadra mobile, DIGOS e Commissariato di Monte Mario.
Nei minuti successivi, entro le ore 9:10, viene comunicato alle autoradio delle volanti dalla sala operativa della Questura di cercare, oltre a una Fiat 128 bianca, anche una auto Fiat 132 blu targata «Roma P79560» e una «moto Honda scura».
Alle 9:15, la Questura comunica la notizia dell'agguato di via Fani alla centrale operativa della Legione dei carabinieri di Roma. Alla stessa ora la centrale operativa registra la telefonata di Pino Rauti (segretario nazionale del Movimento Sociale Italiano dal 1990 al 1991, del Movimento Sociale Fiamma Tricolore dal 1995 al 2002, e del Movimento Idea Sociale dal 2004 al 2012) che, abitando in via Fani, aveva visto alcune fasi dell'agguato: dichiara di aver sentito raffiche di mitra, di aver visto due uomini vestiti da ufficiali dell'aeronautica e di aver osservato allontanarsi una Fiat 132 blu.
Il questore di Roma Emanuele De Francesco si reca in via Fani insieme al capo della DIGOS Domenico Spinella. Il Ministro dell'Interno Francesco Cossiga viene informato alle 9:20, dal Capo della Polizia Giuseppe Parlato, mentre il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti aveva ricevuto la notizia nel corso della cerimonia di giuramento dei sottosegretari del suo nuovo Governo: il segretario della DC Benigno Zaccagnini viene a sapere dell'accaduto sulle scale di Montecitorio, dove si era recato per il previsto dibattito parlamentare.
Con il passare dei minuti un numero sempre più elevato di funzionari e dirigenti raggiunge via Fani: nella zona c'è una crescente confusione e vengono diffuse notizie discordanti e inattendibili. Eleonora Chiavarelli, moglie di Moro, sconvolta dalla scena del delitto, manifesta i primi dubbi. La prima notizia dell'agguato raggiunge la nazione alle ore 9:25 attraverso una edizione straordinaria del giornale radio del GR2. Alle 9:31 si aggiunge anche il GR1, sempre in edizione straordinaria.
Il primo posto di blocco organizzato dalla polizia viene attuato a partire dalle 9:24; altri posti di blocco vengono ordinati dalle 9:25; alle 9:33 è documentata l'entrata in funzione di un altro posto di blocco; alle 9:34 due elicotteri decollarono dall'aeroporto di Pratica di Mare per sorvolare la zona dell'agguato e controllare il traffico cittadino. Le disposizioni diramate agli uomini delle forze dell'ordine provenivano in modo confuso sia dalla polizia che dai carabinieri senza un effettivo coordinamento operativo centralizzato. Fin dalle 9:23 un'auto della polizia individua la Fiat 132 targata «Roma P79560», abbandonata dai brigatisti in via Licinio Calvo. È solo alle 9:45, circa 40 minuti dopo l'agguato, che sistematici posti di blocco della polizia e dei carabinieri vengono attivati sulle strade di accesso della città, nelle zone Primavalle, Ponte Milvio, Flaminio, Aurelio, Monte Mario e sulle uscite del Grande Raccordo Anulare per le vie Nomentana e Flaminia. Nel frattempo, sul luogo dell'agguato si verifica una temporanea interruzione delle linee telefoniche, che in un primo momento viene spiegata con un'azione di sabotaggio delle stesse BR: solo in un secondo tempo i tecnici della SIP riferiscono invece che i problemi dei collegamenti erano stati causati dal sovraccarico del traffico telefonico nella zona dopo l'attentato.
Alle 10:10, la telefonata anonima al centralino dell'ANSA a Roma: abbiamo «sequestrato il presidente della Democrazia Cristiana, Moro, ed eliminato la sua guardia del corpo, teste di cuoio di Cossiga». L'ANSA, che quella mattina era in sciopero, si affretta a interrompere l'agitazione in corso e trasmette alle ore 10:16 il comunicato dei brigatisti. Due minuti prima, alle 10:08, alla redazione milanese giunge un'altra telefonata anonima delle Brigate Rosse, dove si comunica che hanno «portato l'attacco al cuore dello Stato» e che «l'onorevole Moro è solo l'inizio». Alle 10:13 arriva un messaggio simile anche alla redazione di Torino.
Poco dopo le ore 10:00, Bruno Vespa apre l'edizione straordinaria del TG1 e dà lettura del comunicato brigatista all'ANSA e, pochi minuti dopo, Paolo Frajese torna da via Fani con il girato sul luogo dell'agguato. Giuseppe Marrazzo, per il TG2, intervista i primi testimoni.
La prima riunione a Palazzo Chigi tra i rappresentanti dei partiti principali con il Presidente del Consiglio Andreotti inizia alle 10:20, con la presenza di Berlinguer, Zaccagnini, Craxi, Romita e La Malfa, e Lama, Benvenuto e Macario.
Nel frattempo, si diffonde nel Paese grande inquietudine e partono i primi scioperi spontanei di solidarietà democratica in fabbriche e uffici: alle 10:30 i tre maggiori sindacati italiani, CGIL, CISL e UIL, proclamarono uno sciopero generale dalle 11:00 a mezzanotte, mentre nelle fabbriche e negli uffici i lavoratori annunciarono scioperi spontanei, e migliaia di lavoratori vanno di loro iniziativa a presidiare le sedi dei partiti. Milioni di lavoratori si riversano nelle piazze di Bologna, Milano, Napoli, Firenze, Perugia, Roma.
Alle 11:30 il Ministro dell'Interno Cossiga convoca al Viminale i Ministri della Difesa, Attilio Ruffini, delle Finanze, Franco Maria Malfatti, e di Grazia e Giustizia, Franco Bonifacio, insieme al sottosegretario agli Interni, ai capi dei servizi di sicurezza, e ai capi della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, per organizzare il comitato tecnico-operativo, la struttura preposta al coordinamento delle indagini, delle ricerche dell'ostaggio, oltre a decidere e attuare le misure destinate a controbattere l'offensiva terroristica. L'attività del Ministero dell'Interno inizia con un errore: il capo dell'UCIGOS, Antonio Fariello, dirama la disposizione di attuare il piano «Zero»; in realtà il piano non esisteva e si riferiva a disposizioni di mobilitazione previste in casi di emergenza per la sola Provincia di Sassari. Solo alle ore 12:15 viene diramata la comunicazione che annullava la precedente disposizione sull'inesistente piano.
La polizia scientifica, intanto, aveva raccolto gli elementi utili alle indagini e, alle ore 10:00, era stata redatta un'accurata relazione della scena presente sul luogo dell'agguato, con descrizione della posizione dei cadaveri. Ma la confusione e la presenza di curiosi non permettono una completa individuazione di ogni elementi di prova; alcuni reperti vengono calpestati o spostati, anche a causa della leggera pendenza del piano stradale di via Fani, in discesa su via Stresa.
Alle 11:50 vengono comunicate le prime notizie riguardo alla targa «CD 19707» della Fiat 128 dei terroristi, che risultava assegnata all'ambasciata del Venezuela.
Alle 12:36, i sanitari del Policlinico Gemelli comunicano ufficialmente che anche il vicebrigadiere Francesco Zizzi è morto.
Alle ore 12:45 si apre la seduta alla Camera dei deputati e, dopo un austero saluto del presidente Pietro Ingrao, prende la parola Andreotti. Alle ore 20:35 viene votata la fiducia al nuovo governo, con 545 voti favorevoli, 30 voti contrari e tre astenuti.
Durante il resto della giornata, si susseguirono indiscrezioni e informazioni sulle prime indagini e gli sviluppi della ricerca dei rapitori e dell'ostaggio. Vengono diramate dal sostituto procuratore Infelisi notizie completamente errate sul possibile impiego da parte dei terroristi di una pistola Nagant. Un'enorme quantità di segnalazioni da parte di cittadini viene registrata e controllata senza alcun risultato.
Il Ministero dell'Interno diffonde nomi e foto di 19 presunti terroristi ricercati, probabilmente coinvolti. La lista presentava gravi errori e include criminali comuni, due persone già detenute e militanti di altri gruppi eversivi estranei ai fatti. Cinque le persone incluse, realmente responsabili dell'agguato e del sequestro: Mario Moretti, Lauro Azzolini, Franco Bonisoli, Prospero Gallinari e Rocco Micaletto.
Alle ore 23:30 viene fermato, su disposizione di Infelisi, Gianfranco Moreno, dipendente di una banca, personaggio che si sarebbe ben presto rivelato completamente estraneo ai fatti.
Nonostante infortuni e confusione, le autorità non furono completamente inefficienti nelle prime ore dopo l'agguato. In particolare, il dirigente della DIGOS Domenico Spinella aveva intrapreso le prime ricerche di elementi sospetti dell'estremismo romano di cui non si sapeva più nulla da anni. Tra il pomeriggio del 16 marzo e il mattino del 17 marzo, agenti di polizia si presentano e sottopongono a perquisizioni le abitazioni di Adriana Faranda e Valerio Morucci senza trovarne traccia, poi tra i principali responsabili del sequestro.
Nel frattempo, alle ore 21:00 si conclude la seconda riunione del comitato tecnico-operativo presieduta Cossiga: non emergono novità importanti, si discute soprattutto di intensificare i posti di blocco, di attivare contatti con i servizi segreti stranieri, di organizzare un piano di massicce perquisizioni alla ricerca della prigione dell'ostaggio, e si rinuncia a istituire una taglia sui rapitori.