Chiara Francini: «Senza rivoluzione cosa siamo?»
Intervista alla giurata di Drag Race Italia (con Tommaso Zorzi e Priscilla), al via su discovery+ dal 19 novembre. «Ho una carriera particolare e non sono addomesticabile», racconta l'attrice toscana, che con i suoi libri ha venduto oltre 100 mila copie
Chiara Francini si definisce «un'operaia dello spettacolo e della vita» e quando parla ti travolge con i suoi ragionamenti. Non le piace essere scontata, neppure facilmente incasellabile. Forse per questo non si accontenta di fare l'attrice tout court, ma gioca con le contaminazioni, passando dal teatro impegnato ai programmi tv pop (come fu la Domenica In al fianco del gigantesco Baudo). «Ma tutto ha sempre ha un senso perché fa parte di un percorso preciso: non scelgo mai le cose solo perché punto alla popolarità», spiega a Panorama.it alla vigilia di un nuovo debutto. Dal 19 novembre sarà infatti una delle giurate – con Tommaso Zorzi e Priscilla - della prima edizione italiana di Drag Race (su discovery+, poi da gennaio in chiaro su Real Time), il talent show culto, ideato dall'iconico Ru Paul, in cui otto drag queen si sfidano a colpi di spettacolari performance per aggiudicarsi il titolo di Italia's First Drag Superstar.
Lei da piccola sognava di fare la missionaria ed è finita a fare la giurata in una gara tra drag queen. Una parabola sorprendente.
(ride) «Ma guardi che in questa evoluzione c'è qualcosa di profondamente filologico: in tutti e due i casi è un modo di darsi agli altri».
Da giurata di Drage Race Italia cosa pensa di aver dato?
«Ho dato la parte migliore di me. La verità, la gratitudine e la riconoscenza. Ciò che sono lo devo anche alla comunità LGBTQI+, con cui vivo da sempre una corrispondenza d'amorosi sensi».
Cioè?
«Non esiste una persona, etero o omosessuale che non si sia sentita sbagliata una volta nella vita. Loro mi hanno fatto sentire giusta, adeguata, accolta. Per questo sono onorata di far parte di questo progetto: restituisco uno po' di quell'amore e di quell'abbraccio che ho ricevuto».
Se dovesse spiegare che cos'è Drag Race a chi non lo mai visto, come lo descriverebbe?
«È un varietà fatto di persone che performano e danno vita a uno show mastodontico, fuori dall'ordinarietà, glitter. Ma sono lustrini fatti di storie incredibili: le drag portano in scena la loro vita e veicolano messaggi profondamente importanti, ancora di più in questo momento».
Qualcuno ancora pensa che le drag siano personaggi trasgressivi.
«Ma la trasgressione vera oggi è raccontare la verità. La maschera ti fa uscire dalla gabbia, la maschera da sempre è profondissima arte. Di fronte a Drage Race si resta ipnotizzati ma di trasgressivo non c'è nulla: piuttosto è magia, è un paniere in cui si mescolano sudore, passioni, cadute e lacrime».
Cosa l'ha colpita delle otto protagoniste?
«La loro capacità di mostrare sé stesse, uscire dal recinto, contaminarsi per fare arte, mettendo in scena uno show ipnotico. Ipnotico per altro è l'aggettivo che hanno usato di più i miei amici etero, e pure il mio fidanzato, parlando di Drag Race. In casa lui ed io ci siamo "rupolizzati", ascoltiamo solo più le sue canzoni».
Sua nonna Orlanda, detta l'Orlanda furiosa, cos'avrebbe detto guardando le drag queen?
«"Oh, che cosa bizzarra, come vu siete fantasiose!". Ovviamente arrotando l'accento toscano. Nonna non aveva studiato ma aveva gli occhi grandi quanto la sua intelligenza. L'essere cresciuta con due persone anziane – perché entrambi i miei genitori lavoravano - mi ha dato la possibilità di mantenere una leggerezza calviniana e una visione della vita molto tradizionale. Nonna per esempio era volitiva e moderna ma anche molto rigida, con un profondo senso della giustizia e del lavoro».
Drag Race Italia non è ancora andato in onda eppure è già stato bersaglio di critiche, soprattutto interne alla comunità LGBT. Perché secondo lei?
«Perché svettare significa essere bersagli facili. Quando fai qualcosa che ha una grande cassa di risonanza, le critiche le metti in conto. Ma abbiamo fatto un buon lavoro e questo conta più della preoccupazione per le eventuali disapprovazioni. Personalmente poi l'ho fatto in maniera naturale perché era il mio alfabeto e ci ho visto solo bellezza, ironia e straordinarietà. C'ho sguazzato bene dentro Drag Race».
Tommaso Zorzi è già stato oggetto di commenti molto pesanti.
«Tommaso è stato molto esposto con il Grande Fratello Vip, forse è questa la spiegazione. Non lo conoscevo e mi è sembrato molto intelligente e veloce di pensiero. Con Priscilla è scattata un'alchimia magica. Insieme abbiamo formato una famiglia allargata ed è stato tutto molto naturale visto non c'era copione scritto».
Tommaso Zorzi, Priscilla e Chiara FranciniUfficio Stampa Discovery
Dopo Drag Race si candida a diventare un'icona gay?
«Ma guardi che lo sono già! Scherzi a parte, non ci si può autoproclamare icone gay come fanno alcune e alcuni. L'arcobaleno io ce l'ho dentro, mi sento un po' la Giovanna d'Arco di Campo Bisenzio: sposo la causa da sempre in maniera poco chiassosa ma molto profonda, ho studiato la storia della comunità, sono stata madrina del Pride a Roma, in tv sono stata la pioneria del racconto dell'amore in tutte le sue forme con Love me gender. Bisogna riempirsi la bocca con la parola diritti per sfamarsi, non solo per aumentare i like».
La bocciatura del DDl Zan che impressione le ha fatto?
«Mi è dispiaciuto molto ma si può solo ripartire: un filo di trucco, una spazzolata alla giacchia e via. Penso che la società italiana sia molto più avanti del Senato e abbia provato sgomento per quegli appalusi. Io ho provato molta pietas per loro».
Tra poche settimane presenterà al Torino Film Festival Altri padri, il film di Mario Sesti di cui è protagonista con Paolo Briguglia. Chi è Annalisa, il suo personaggio?
«La storia è quella di un padre che dopo una dolorosa separazione dalla moglie, si ritrova solo, senza casa e in un pesante indigenza economica. Il 60% degli uomini in coda alla Caritas sono padri separati e il film fotografa in maniera molto cruda l'oggi. È una sorta di Kramer contro Kramer e Annalisa è una dark lady che vuole trovare il suo spazio nel mondo dopo che a lungo le è stato negato di esprimersi, prima dal padre e poi dal marito. È un personaggio forte e vero: mi piace raccontare attraverso le mie scelte la verità, mi piace che allo spettatore rimanga impiastricciato qualcosa quando vede un mio film o legge un mio libro».
Di libri lei ne ha scritti quattro. È vero che ha venduto 100 mila copie?
«Forse anche qualcosa di più. Ma delle vendite m'interessa relativamente. La scrittura è una parte fondamentale della mia vita, è un canto gregoriano che restituisce al lettore ciò che sono. Per questo scrivo libri che voglio restino sugli scaffali».
A teatro invece si sta confrontando in queste settimane con Coppia aperta…quasi spalancata, un testo di Dario Fo e Franca Rame.
«È un testo sulla favola o sul martirio dello stare in coppia, dipende dai punti di vista. Per questo tutti ci si rivedono. Straordinario è il mio ruolo, Antonia, che accetta dal marito di aprire la coppia pur di salvare la loro storia. Poi però inizia ad ascoltarsi e conoscersi e tutto cambia: è una fenice che nasce dalle proprie ceneri compiendo un'evoluzione meravigliosa».
Lei la strada della coppia aperta l'ha mai praticata?
(ride) «Sto con uno scandinavo tra tredici anni, si figuri se potrei mai. Ma non è un'opzione che ho preso in considerazione neppure prima di lui».
Non siete molto mondani lei e il suo Frederick. Eppure, un po' di gossip aiuta sempre.
«Il gossip non mi affascina per niente e poi lui è super riservato. In più lavoriamo tanto, siamo poco mondani e molto casalinghi. A me piace la casa, piace leggere, passare il tempo con i miei amici, coccolare i miei gatti, sistemare i miei due alberi di Natale».
Frederick sopporta due alberi di Natale?
«Ci ha fatto il callo. Compenso con altro però. E pochi giorni fa mi ha detto una frase bellissima: «Non potrei mai stare con una persona non ambiziosa». E io sono ambiziosa. L'ambizione è desiderio, è tensione, è voglia di esprimere i propri talenti e fare i conti con i propri limiti».
A proposito di limiti: non è un limite, o quantomeno un complicazione, fare l'attrice, la scrittrice e la conduttrice?
«Ho una carriera particolare e questo ha complicato il mio percorso. Ma non sono addomesticabile. Perché non dovrei condurre e poi fare teatro o scrivere libri? Qualcuno mi percepisce come inadeguata? Non m'importa: faccio quel mestiere per ricevere amore e abbracci. Dopo avermi vista a Domenica In vengono a teatro, oppure hanno letto un mio libro e per quello vengono al cinema. Penso che una carriera si debba nutrire di tante cose e anche se faccio più fatica, sa che goduria quando arrivo al traguardo?».
A proposito di Domenica In: lavorando con Pippo Baudo cos'ha imparato?
«Pippo è stato un papà generoso. Mi ha insegnato una grande lezione: puoi conoscere tutte le domande del mondo ma mai le risposte. Solo ascoltando puoi instaurare un dialogo vero. E io penso che il dialogo e l'ironia salveranno il mondo».
Proprio in quel periodo di lei dicevano che fosse una renziana doc.
«Tutto nasce dal fatto che abbiamo frequentato lo stesso liceo classico, il Dante di Firenze. Ma non l'ho mai conosciuto in vita mia. Mi ricordo solo che faceva il rappresentante d'istituto, così come mi ricordo di Federico Russo – anche lui al Dante – perché era un gran bono. Mi faceva ridere che mi dessero della renziana visto che con Renzi non ci siamo mai parlati».
Mi dice il suo grande sogno professionale?
«Il mio sogno è continuare a viaggiare, metaforicamente, perché il viaggio è la mia meta. Voglio progredire e se possibile rivoluzionarmi continuamente. Senza rivoluzione cosa siamo?».
In definitiva, chi è Chiara Francini?
«Un'operaia dello spettacolo e della vita che, come Obelix, è cascata nella pozione magica e ha realizzato il suo sogno di diventare attrice e scrittrice. Una ragazza di provincia che ha mangiato la schiacciata sull'argine del fiume Bisenzio ed è grata alla vita perché mi ha imboccato, nutrito, fatta inciampare, cadere, piangere e rialzarmi. C'ho messo un po' ma ho capito che la mia nonna aveva ragione: "Chi è bello sempre, non è bello mai". E alla fine ho imparato ad apprezzare pure i bozzi e le increspature».
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