Fiorello: 60 anni da «mattatore», ma la pensione può aspettare
Compleanno speciale per lo showman» siciliano che ha annunciato di volersi ritirare dalle scene dopo Sanremo 2021. Ecco perché, invece, Fiorello ha ancora molto da regalare a una televisione che si è disabituata ai talenti fuori dagli schemi
Segni particolari: irrecuperabile «cazzaro». Oggi Fiorello - Rosario Tindaro Fiorello, nato a Catania il 16 maggio 1960 – compie sessant'anni ma non li dimostra. Non tanto fisicamente, l'estetica è quella del daddy piacente, capello brizzolato e giubbotto di pelle, quanto artisticamente: da «mattatore» indiscusso, è cresciuto, ha trovato la sua cifra, l'ha imposta a una certa tv irreggimentata e disabituata ai talenti fuori dagli schemi e ha conquistato il pubblico. Di cose da dire (e da fare) ne ha ancora parecchie e per questo, con buona pace della sua ansia e dei suoi detrattori, la pensione può aspettare.
I 60 anni di Fiorello, l'«eterno ragazzo» che spariglia i giochi della tv
Muratore, meccanico, telefonista in una ditta di pompe funebri. Poi la svolta: l'ingresso in un villaggio turistico, una di quelle curve della vita che ti cambia l'esistenza e ti stravolge tutti i piani. Ma non tutti ricordano che prima di salire sul palco, il giovane Fiorello comincia dalla cucina: «Entrai come facchino di cucina, al rango più basso della scala, ma una volta diventato cameriere guadagnavo già 900 mila lire al mese», racconta.
Il villaggio diventa "scuola di vita" e soprattutto di palco. Scatta la scintilla, impara la gestione degli imprevisti e sotto i riflettori - pareo d'ordinanza e sorriso travolgente - la gestione dell'improvvisazione di cui, quarant'anni dopo, è tra i maestri assoluti. Senza quel prima, non ci sarebbe stato un dopo. Che passa poi per la svolta milanese con Claudio Cecchetto (e una crew pazzesca, che include tra gli altri Jovanotti, Amadeus e Nicola Savino), gli anni della radio, la gavetta, i provini (anche un no di Pippo Baudo, che poi disse: «Ho preso una toppa gigantesca») fino al primo grande boom con il Karaoke.
Dal Karaoke agli show sbanca-ascolti su Rai 1
Nel '92 arriva la grande svolta, il giro d'Italia con un programma che sembra destinato a un flop clamoroso e che invece diventa in pochi mesi un fenomeno. Fiorello si tuffa tra il pubblico e con il Karaoke fa il botto, toccando i 3 milioni di spettatori nonostante i tiggì e Striscia, e con il suo "codino" inventa un'estetica amata e copiata. Da quel momento il successo gli esplode tra le mani e lo costringe a una difficile gestione della popolarità - «divenni famoso in due settimane e non ci capii più niente», ammise – che cresce con il FestivalBar, chicche cult come Non dimenticate lo spazzolino da denti e poi Buona Domenica, con Maurizio Costanzo.
Poi scivola clamorosamente, il flop del game show Superboll di Canale 5, e soprattutto il vizio della cocaina - «Per me è stata una malattia. La cocaina è il diavolo, ti illude di non essere solo, ti convince di essere il più forte», raccontò pubblicamente – ma si rialza più forte di prima. E negli anni 2000 diventa il numero uno, il più bravo di tutti a risuscitare un genere che pareva esaurito, il varietà, tra citazionismo e novità (mescola i monologhi alla Water Chiari con le atmosfere dei grandi show americani e i sapori degli spettacoli di Falqui), facendo riassaporare al pubblico il gusto del talento vero contro i senza talento dei reality show. Con Stasera pago io e Il più grande spettacolo dopo il week end, tocca ascolti da Nazionale, con 16 milioni di spettatori e picchi del 63% di share. Canta, imita, intrattiene, gioca con gli ospiti, straccia la liturgia, flirta con la telecamera e il pubblico lo consacra definitivamente. Lui ci mette il talento, Bibi Ballandi la parte tecnica e il sodalizio con il produttore, morto nel 2018, è esplosivo: «Fiore è mio figlio – diceva -, io sono il babbo che gli è mancato presto, lui il figlio che io non ho mai avuto».
Caro Fiorello, la pensione può aspettare
E se c'è una persona cui Fiorello deve dire grazie è senza dubbio l'indimenticato Ballandi. Prima ancora, invece, ci sono stati Cecchetto, il manager Franchino Tuzio (anche con lui per anni il legame fu indissolubile), poi Costanzo e ancora Mike Bongiorno, con cui forma una coppia improbabile e perfetta negli anni di Viva Radio 2. Tanti uomini e una grande donna, la moglie Susanna. Il resto è "storia" recente, da Edicola Fiore a Viva RaiPlay, con incursioni sempre più dilatate in tv e un'ammissione: «Io non ho più voglia di stupire, mi sono stufato dell'ansia da prestazione, delle riunioni, della liturgia».
Pigro, permaloso e rancoroso, per sua stessa ammissione, Fiorello sopporta male le critiche e tollera ancora meno le punzecchiature dei social. «Ti posso piacere o meno, tu sei libero di dire ciò che vuoi, io di non fare più un varietà», spiega. Ma è davvero così importante cosa scrivono o pensano quattro cretini nascosti dietro un profilo ignorati persino dai parenti primi? Onestamente no, caro Fiorello. Sai che rottura di palle l'acclamazione continua e i birignao falsi?
Ma Fiorello è fatto così, prendere o lasciare. Gli piace giocare a nascondino, dribblare le proposte, dire tanti no per arrivare al sì giusto, come il Sanremo 2020 con l'amico di sempre Amadeus. Sale sul palco e l'ansia (e il resto) scompare. Anche se lui nicchia: «Mi sento artisticamente sopravvalutato. Giuro. Non penso di essere così bravo, non sono 'sto fenomeno. Ce ne sono molti migliori di me. Ci sono colleghi che mi danno una spanna. Gli altri sono più bravi, forse io sono più forte perché creo quello che altri non fanno, l'aspettativa, l'idea dell'evento».
E ti pare poco? In una tv in cui il talento è quasi una parolaccia, Fiorello è una straordinaria eccezione. Lui però pensa di avere già dato tutto e annuncia il possibile ritiro dalle scene dopo il bis con Amadeus a Sanremo 2021. «Ma ci riuscirò? Non vorrei fare come i Pooh che sono stati recentemente premiati per il seicentesimo addio annunciato in carriera», ironizzava già due anni fa. No caro Fiorello: ora che sei nella clamorosa stagione della maturità artistica e puoi uscire ancora di più dagli schemi e azzerare i cliché, la pensione può francamente aspettare.
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