bianca Berlinguer
(Ansa)
Televisione

La sfida della nuova tv: migliorare e stare al passo con i tempi (moderni)

Mentre si discute per il passaggio dalla Rai a Mediaset di Bianca Berlinguer si dovrebbe ragionare sul fare una tv diversa, migliore, senza nostalgie

Sono giorni di fibrillazione nel mondo della tv. Prima Fazio, poi Lucia Annunziata ed infine Bianca Berlinguer. Il suo addio alla Rai ed il suo passaggio a Mediaset sono da ore tema di discussione. In alcuni casi una discussione banale (“ecco la comunista che va a prendere i soldi da Berlusconi” tuonano i soliti noti sui social).

La questione in realtà è molto più ampia e profonda.

Da una parte c’è Mediaset, un’azienda privata (un piccolo dettaglio di cui si deve sempre tenere conto) che ha intrapreso una nuova linea editoriale, anzi, più che nuova si potrebbe dire «migliorata». È evidente che Piersilvio Berlusconi voglia dei programmi di intrattenimento meno «trash» (l’addio a Barbara D’Urso, quello si segna la fine di un impero) e, per quanto riguarda la politica, si cerchi con l’arrivo di Bianca Berlinguer di dare una visione più ampia, anche per mettere a tacere chi critica da sempre le tv del Biscione definendole organo di informazione del centrodestra. Bene, da oggi tutto questo non si potrà più dire dato che a Codogno Monzese arriva uno dei volti della Tv «comunista».

Inoltre, essendo un’azienda privata e dovendo dare quindi un occhio agli ascolti ed alla pubblicità, portarsi in casa la conduttrice di CartaBianca significa «prendersi» anche la fetta di pubblico fedele alla conduttrice. Operazione quindi politica e commerciale di cui solo il tempo ci dirà se ha dato i risultati sperati.

Per quanto riguarda poi la scelta professionale della Berlinguer, ci stupiamo dello stupore. Lei, come Fazio, come tutti i volti noti della tv è una libera professionista e come tale (i volti noti del piccolo schermo hanno anche dei manager a rappresentarli e a gestirne lavoro e contratti) è di fatto libera sul mercato; libera di accasarsi da una parte all’altra. Certo, la Rai è sempre stata la sua casa ma non si vede nulla di scandaloso se dopo decenni (ripetiamo, decenni) di permanenza a Viale Mazzini si decida di prendere una nuova strada, per lo più con un compenso più ricco del precedente. È normale legge di mercato…

C’è poi la Rai. Oggi, gli orfani di Rai 3, di Tele Kabul, che si trovano senza Fazio, Annunziata, Mannoni, Gramellini, Berlinguer raccontano la fine di un’era, soprattutto la presa della «destra» su quella che era l’enclave televisiva della sinistra. Il tutto senza sapere quali saranno in realtà le scelte della tv pubblica; si aspettano con ansia i nuovi palinsesti e magari scopriremo che Rai 3 sarà sempre una tv di sinistra semplicemente con volti nuovi.

Oppure, e questo sarebbe bellissimo, si troverà il coraggio di lanciare idee innovative, di proporre programmi diversi, magari migliori; insomma si cancella parte del passato per provare a fare una nuova televisione per un paese ed una società in profonda mutazione. Il tutto ricordandosi che alla fine gli azionisti della Rai non sono i partiti, ma i cittadini che versano miliardi di euro di canone tutti gli anni.

Continuare a ragionare di televisione pensando che sia un mondo fatto solo da Rai e Mediaset è un errore, è totalmente fuori dal mondo. C’è la pay tv e soprattutto da qualche anno sono entrate a gamba tesa le piattaforme streaming a rivoluzionare tutto e tutti. La maggior parte degli spettatori, soprattutto i giovani, si sono già adeguati. Prima o poi dovremmo farlo tutti.

Parlare nel 2023 di Tele Kabul, fa sorridere, come quando, con le cuffiette alle orecchie mentre ascoltiamo la musica salvata sul cloud, ripensiamo ai 33 giri.

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Andrea Soglio