"Adesso è finita, ho paura". L'addio di Totti, fuoriclasse umano
Le immagini dell'ultima del Capitano dopo 25 anni di carriera. Ilary con lui in campo, l'appello: "Non ero pronto, ho bisogno di voi"
Adesso è finita davvero. Adesso le 786 maglie della Roma indossate da Francesco Totti nel corso di una carriera meravigliosa anche perché non misurata (solo) a trofei, possono riposare. Piegate per sempre in un simbolico spogliatoio che ha accolto il Capitano dopo la sua ultima domenica da calciatore della Roma. Uno tsunami di lacrime ed emozioni che ha restituito al mondo l'immagine di un campione umano. Vero. Innamorato della gente che lo ha idolatrato e davanti alla quale non ha avuto paura di mettersi a nudo.
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E' stato un lungo addio, preparato per oltre un anno. Eppure non metabolizzato. "Ora è finita veramente, mi levo la maglia per l'ultima volta. La piego per bene anche se non sono pronto a dire basta e forse non lo sarò mai" dice alla sua gente, leggendo una lettera preparata con la moglie Ilary che non lo lascia un istante
Totti e la paura - Totti parla come chiunque farebbe: "Spegnere la luce non è facile. Adesso ho paura". Paura del futuro, dell'ignoto, di fare qualcosa che non è mai stato in vita sua. Paura, forse, anche di dover abbandonare quel rifugio sicuro che sono state le tribuna dell'Olimpico che lo hanno idolatrato, protetto e per qualcuno limitato. Lui che aveva il mondo ai piedi e che ha scelto di diventare simbolo di una città.
L'eterno Peter Pan - Non era pronto, Totti. Lo ha detto chiaramente anche se non ha lesinato l'abbraccio a Pallotta e il cinque con Spalletti (entrambi fischiati dal popolo dell'Olimpico). E' stato sincero fino in fondo, come sempre. "Maladetto tempo che è venuto a bussare sulla mia spalla dicendomi: Dobbiamo crescere, da domani sarai grande, levati i pantaloncini e gli scarpini, perché da oggi sei un uomo e non potri più sentire l'odore dell'erba così da vicino".
Scomodo. Infantile. Umano. Ma nessuno è pronto davvero al passo indietro, non solo chi per un quarto di secolo ha fatto il lavoro più gratificante del mondo e non poteva esserlo lui. Tanto impreparato da non aver chiarito cosa farà da grande, se lascerà la casa del padre (la Roma) o semplicemente si reinventerà rimanendo.
La famiglia e i tifosi - L'addio è stato carico di simbologia. La famiglia sempre vicina, moglie e figli. E la 'grande famiglia' sempre al centro del suo pensiero, rivolto ai tifosi che per lui sono stati tutto dal giorno dell'esordio a quelli difficili della scelta di restare nella Capitale rifiutando le lusinghe del Real Madrid. Scelta di cuore.
Senza Totti ora anche la Roma dovrà diventare grande da sola. Negli ultimi 25 anni Totti è stata la grande speranza e a volte il grande alibi di una squadra che ha vinto molto meno di quanto potesse sperare. In tanti sono convinti che il cordone ombelicale andasse tagliato prima. Anche loro avranno modo di confermare la propria tesi. Oppure di vivere nel ricordo di un campione che ha rappresentato per la sua città quanto pochi altri hanno fatto prima.