Valeria Montebello: «Vi racconto il sesso degli altri»
Intervista all'autrice del podcast fenomeno dell'estate, che sta sbancando le classifiche sulle piattaforme. Sexting, porno, app di incontri, ossessioni, paure e tabù: viaggio nella sessualità contemporanea attraverso il racconto di una stramba storia d’amore
Il racconto di una storia d’amore si trasforma in un viaggio nella sessualità contemporanea. A Valeria Montebello è bastato scrivere un articolo sul sexting, diventato virale in una manciata di ore, per venire travolta di messaggi via social: decine di perfetti sconosciuti, per giorni, l’hanno inondata di domande, ossessioni e paranoie di ogni genere relative al sesso. Con tanto di foto e screenshot di chat erotiche, accompagnate da richieste più o meno assurde e paure più o meno esplicitate. Un materiale perfetto per essere trasformato in un racconto sul sesso nell’epoca del porno on demand e degli asessuali, delle app di dating e del sexting. È nato così, quasi per caso, Il sesso degli altri, il podcast prodotto da Spotify Studios in collaborazione con Chora Media, da settimane in vetta alla classifica dei più ascoltati d’Italia. «Speravo di fare una cosa pop, non m’interessava fare una cosa per la bolla ma parlare a più gente possibile», racconta la giornalista a Panorama.it rivelando che il podcast potrebbe trasformarsi in una serie tv.
Il successo de Il sesso degli altri le è scoppiato tra le mani: dica la verità, se lo aspettava?
«No, almeno non in queste dimensioni. L’ho immaginato senza pensare di parlare a un target definito, piuttosto l’obiettivo era parlare a tutti, uscire dalla bolla, trovare una chiave pop. Incredibilmente ci sono riuscita».
Per parlare a tutti ha inventato un alter ego che si chiama come lei, Valeria, una trentenne con una vite triste che su sesso e relazioni non ci ha mai capito molto. Quando su Tinder incontra Luca, cambia tutto.
«Diventa una sorta d’investigatrice. Vuole capire tutto di lui, cosa nasconde, quali sono i suoi segreti a letto e fuori dal letto. La loro storia diventa il pretesto per raccontare il sesso e come lo viviamo: sembra facile e accessibile, ma diventa più difficile e inaccessibile ogni minuto che passa».
Quanti Luca che ha frequentato nella sua vita si riconosceranno ascoltando il podcast?
(ride) «Tanti, o nessuno, perché di base c’è molta fiction e perché, in fondo, Luca è l’archetipo di un certo tipo di maschi contemporanei. Ma tanti dopo aver ascoltato il podcast mi scrivono: “Mi sono rivisto in Luca, mi sono rivista in Valeria”».
L’innesco del podcast è un articolo sul sexting che lei ha scritto qualche tempo fa. Cosa accadde?
«Scrissi questo pezzo e per settimane sono stata inondata di messaggi con domande di ogni tipo. Io ero una perfetta sconosciuta, né un’analista né un’amica, davanti alla quale sembrava cadere ogni tipo di tabù. Mi ha sorpreso tanta intimità condivisa con un’estranea e questo mi ha portato a farmi altre domande sul sesso, sui rapporti d’amore e sul desiderio».
Chi le scriveva e cosa le scrivevano?
«Donne, uomini, ragazzi di 20 e adulti di 60/70 anni, di qualunque orientamento sessuale. Le domande erano soprattutto la ricerca della validazione dei propri desideri, o consigli su come scrivere una chat di sexting: nulla, neppure un momento così intimo restava inviolato».
Si sarà domandata perché chiedevano proprio a lei. Che risposta si è data?
«Che forse ci si sente meno giudicati da un’estranea: anche la tua migliore amica, in fondo, non ti dirà mai la verità davanti a certi temi. Un po’ per pudore e un po’ per vergogna».
Con un’estranea, invece, cadono i tabù.
«Ho un archivio di screenshot di conversazioni di ogni tipo sul sesso: gente che mi chiedeva se avesse fatto bene o male il sexting e domande di ogni genere, mi creda».
Tipo?
«”Il mio ragazzo mi chiama t***a mentre facciamo sesso. Cosa devo fare?”. Ho provato a rispondere a tutti».
Da questa valanga di domande che cosa ha capito degli italiani e il sesso?
«Che c’è molta ansia. E tanta paura di non essere desiderati, di non piacere o di non essere capiti nei propri desideri».
Il porno a portata di click complica le cose?
«Il porno è un elemento di tecnicizzazione del sesso. Lo facciamo come lo vediamo nel film, non siamo più autentici. Quanto le cose che facciamo a letto sono nostri desideri e quanto sono inculcati da ciò che abbiamo visto in un porno?».
Come se ne esce?
«Disintossicandosi dalla pornografia e provando a cercare il desiderio che si avvicina ai nostri gusti, alle nostre voglie e alla nostra sessualità. Per questo trovo inutile ascoltare i consigli delle sex influencer».
Che ha contro le sex influencer?
«Personalmente nulla ma sono contro l’educazione sessuale, il positivismo sessuale e tecnicizzazione del sesso. Non esistono risposte, consigli o segreti per scrivere meglio una chat erotica o per sentirsi più desiderata. Come si fa ad ascoltare chi un giorno ti spiega che per essere più sexy devi metterti il completino intimo di un certo brand e il giorno dopo ti dice “siediti, ora di spiego come fare bene del sesso orale”? Il femminismo della nuova ondata è insidioso e spesso deleterio».
Nel suo podcast c’è un glossario per comprendere bene ogni termine legato al sesso contemporaneo.
«Il glossario dei termini che non si conoscono è ironico. Non sono per l’educazione sessuale, lo ripeto: al massimo ambisco ad essere diseducativa. Il mio podcast gioca con le iperboli, mi piace esagerare per analizzare e ironizzare sui costumi di questi tempi bizzarri e sulle ossessioni più strane».
L’ossessione che l’ha colpita di più?
(un attimo di silenzio) «Una signora mi ha scritto di aver scoperto per caso l’ossessione del marito: guardare porno in un cui uomini fanno una certa pratica con le mistress. Non entro nei dettagli, ma lei è rimasta scioccata, non l’ha confessato al marito ma non riusciva più ad andare avanti nella storia. Spesso in una coppia scoprire le passioni segrete del partner innesca una crepa difficile da sanare. Almeno che non la si condivida».
Tornando a Il sesso degli altri, lo ha scritto con Stefano Bises, uno degli sceneggiatori più talentuosi del cinema e delle serie italiane. Com’è nato?
«Mandai un pitch con la mia idea ed è piaciuta molto a Chora Media, tanto che il giorno dopo mi hanno contattata per iniziare a lavorare sulla storia. Con Stefano abbiamo iniziato creando il personaggio di Valeria e da lì siamo partiti raccontato in sei tappe il corteggiamento moderno, analizzando con i protagonisti i tic, le idiosincrasie, le paure e le stranezze sul sesso e la sessualità».
Potrebbe diventare una serie tv?
«Sì, l’idea è di trasformare Il sesso degli altri in una serie. E intanto vorrei lavorare sulla seconda stagione del podcast».
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