Venezia 2012, il cinema torna protagonista. Con o senza Hollywood
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Venezia 2012, il cinema torna protagonista. Con o senza Hollywood

Con meno film in programma, il festival ritrova il senso perduto: offrire uno sguardo attento sul mondo. E si affida anche alle donne, con venti registe in selezione. Crisi e fondamentalismi i temi principali di questa edizione

Quella in arrivo (dal 29 agosto all'8 settembre) sarà la 69ª edizione, ma in effetti la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia lo scorso 6 agosto ha compiuto 80 anni.
Quando è nata, nel 1932, nel Comitato d’onore figuravano anche Guglielmo Marconi, Luigi Pirandello e persino il padre ufficiale del cinematografo Louis Lumière. Da allora la Mostra di Venezia è cresciuta, in prestigio e dimensioni. Fino a trasformarsi, negli anni più recenti, in un immenso contenitore di meraviglie e scoperte, ma anche di polemiche e delusioni. Con un programma cui era diventato impossibile stare dietro, nonostante le migliori intenzioni di giornalisti, addetti ai lavori e spettatori appassionati.

Ecco perché, complici la crisi e il nuovo direttore Alberto Barbera, il fatto che per i suoi "primi" 80 anni la Mostra abbia deciso di regalarsi un programma più sobrio, ridimensionato e selettivo, non sembra affatto una cattiva idea. Anzi. E riuscirà forse a ridare vita e vitalità a quello che dovrebbe essere il vero senso di ogni festival, ovvero riuscire a offrire uno sguardo attento e vigile sulla cinematografia dei vari Paesi, quindi sul mondo. Mostrato per singole nazionalità e diverse culture.
Per questo è importante che il cinema torni a essere il principale protagonista di Venezia attraverso i film selezionati. E aver messo meno titoli in programma non potrà che far bene alle singole pellicole che troveranno maggiore spazio tra i media e che, alla fine della Mostra, magari usciranno indenni dalla stanchezza, la fatica, la confusione e persino il disorientamento spazio-temporale che un festival troppo affollato di materia da visionare rischia inevitabilmente di provocare. Finendo in certi casi persino con il condizionare negativamente anche il più obiettivo dei giudizi che, sopraffatto dalla fagocitante mole di film, giorno dopo giorno rischia di perdere attenzione e lucidità. Quindi freschezza di analisi e di pensiero.

E di lucidità ce ne vorrà tanta anche quest’anno, visti i temi caldi che da programma sembrano dominare l’imminente edizione della Mostra. Il fondamentalismo, religioso o politico, argomento principale del film di apertura, The Reluctant Fundamentalist dell’indiana Mira Nair (Fuori Concorso), che sarà proiettato il 29 agosto in Sala Grande, e del film sorpresa The Master di Paul Thomas Anderson (Concorso) sulla storia di Scientology, attesissimo per l'1 settembre. Ma anche la crisi, economica e di valori, con la solitudine che ne consegue, al centro di uno dei tre film italiani in concorso, Un giorno speciale di Francesca Comencini in programma il 7 settembre, dedicato ai giovani precari, nel lavoro e nei sentimenti, e argomento anche del film che l’8 settembre chiuderà la kermesse, L’homme qui rit di Jean-Pierre Améris (Fuori Concorso), adattamento dell’omonimo romanzo di Victor Hugo.

Temi che, peraltro, saranno affrontati con uno sguardo molto al femminile, considerato che – e forse la polemica scoppiata allo scorso Festival di Cannes per la totale assenza di film diretti da donne ha in qualche modo contribuito – su 60 pellicole in mostra al Lido almeno una ventina sono firmate da registe donne. In Concorso e Fuori concorso, nella sezione Orizzonti, alla Settimana della Critica e alle Giornate degli Autori. Nomi già consacrati, come le citate Mira Nair e Francesca Comencini o come la danese Susanne Bier, già Premio Oscar nel 2011, che passa alla commedia con Love is all you need fuori concorso. Ma anche esordienti come l’israeliana Rama Burshtein, in concorso con Fill the void, e casi interessanti come quello di Haifaa al-Mansour, la prima donna regista dell’Arabia Saudita presente in Orizzonti con un lungometraggio realizzato in un Paese che non ha cinematografia.

Sguardi ormai riconoscibili, ma anche sguardi nuovi. Come è giusto che sia all’interno di un festival, se vuole davvero raccontare qualcosa in più rispetto a ciò che viene affidato alle logiche distributive che governano le uscite in sala nel resto della stagione cinematografica. E un punto a proprio favore, la Mostra di Venezia in arrivo sembra averlo segnato anche in questo, senza privilegiare troppo le provenienze e le produzioni di maggiore richiamo, Hollywood su tutte. Così, guardando solo al concorso Venezia69, accanto ai grandi Terrence Malick, Marco Bellocchio, Brian De Palma, Takeshi Kitano e Kim Ki-duk, pure gli emergenti Brillante Mendoza, Ulrich Seidl e Valeria Sarmiento e l’esordiente Rama Burshtein.

Nonostante la crisi onnipresente e l’austerità annunciata anche in termini di ridimensionamento del programma, insomma, i numeri della 69ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica restano comunque altissimi. Sono 51 i lungometraggi della selezione ufficiale: 18 per il concorso Venezia69 si contenderanno il Leone d’Oro, 15 nella sezione Fuori Concorso e 18 per Orizzonti (che per la prima volta saranno proiettati anche in streaming sul web, in contemporanea con il Lido). Poi ci sono i capolavori restaurati per le due rassegne collaterali: 10 lungometraggi per "80!" e altri 19 per "Venezia classici". Senza contare cortometraggi e documentari, cui si aggiungono ancora i titoli delle Giornate degli Autori e della Settimana della critica.
Pellicole tutte già ai nastri di partenza, in attesa del segnale di via, con tante star (e starlette) al seguito pronte a calpestare il prestigioso red carpet veneziano. Ma bisognerà aspettare la chiusura della Mostra e il verdetto delle giurie internazionali per sapere chi si aggiudicherà i prestigiosi premi, una volta raggiunto il traguardo. E se meritatamente o meno.
Per il momento, l’unica previsione possibile è che anche quest’anno tutti torneremo a casa con la consapevolezza di esserci comunque persi qualcosa.

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Ornella Sgroi