Video in campo: un tabù anacronistico
Non è vero che calcio e nuove tecnologie siano contrapposti. Un esempio? Il progetto "Assistenti di Tribuna" promosso dalla Virtus Lanciano
A volte basta una manciata di secondi per scatenare giorni e giorni di polemiche. Quello che è successo allo Juventus Stadium lo scorso 5 ottobre ne è l’esempio più eclatante: 90 minuti di gioco che faranno parlare ancora per mesi. Non vorrei iscrivermi alla lista, ultimamente piuttosto lunga, di quelli che…“l’avevamo detto”, ma la stringente attualità ha riportato in primo piano un tema a me molto caro: l’uso della tecnologia a supporto degli arbitri. Senza unirmi al coro di critiche che in questi giorni hanno travalicato i confini del rettangolo di gioco, arrivando persino ad essere oggetto di interrogazioni parlamentari, preferisco tornare a parlare di calcio giocato.
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a una repentina evoluzione delle dinamiche di gioco: sempre più rapido e fisico. Di conseguenza, anche la direzione di gara ha subìto una trasformazione radicale, sia dal punto di vista atletico, sia da quello tecnico-tattico. In un mondo in cui la tecnologia assiste ogni fase della nostra vita e le macchine sono subentrate in quasi tutti i processi umani, non è così fantascientifico pensare di importare il progresso anche sui campi di calcio. Per questo motivo, già in tempi non sospetti, un’idea di mio padre Franco aveva dato vita, diversi mesi fa, ad un progetto realizzato dalla Virtus Lanciano e dal partner tecnologico Wemblegg Company: "Assistenti di Tribuna", un sistema che permette a due collaboratori esterni di visionare l’azione in tempo reale da più punti di vista, utilizzando un monitor che riporta immagini diverse dalle riprese televisive, il quale in un tempo non superiore a quindici secondi consente di dare un oggettivo riscontro all’arbitro al verificarsi di situazioni dubbie durante il gioco.
Tuttavia, ciò su cui desidero soffermarmi non è tanto l’aspetto tecnico o i dettagli metodologici, già disponibili sul sito del progetto, quanto lo spirito con il quale penso sia necessario approcciarsi all’introduzione di tali supporti in un sistema che per troppo tempo è rimasto impermeabile all’evoluzione del gioco, al miglioramento della qualità e della velocità degli atleti e allo sviluppo della capacità critica del popolo del calcio. Troppo a lungo la convinzione anacronistica che la tecnologia alterasse la realtà del campo ha oscurato le opportunità di miglioramento offerte dall’uso intelligente di mezzi innovativi: sarebbe come evitare di utilizzare il fotofinish per determinare con esattezza chi è stato il primo a tagliare il traguardo.
Questo tabù, alimentato da un’antica ideologia che vuole uomo e macchina irrimediabilmente contrapposti, ha generato un autentico ostracismo per tutto ciò che fosse considerato una minaccia al corretto operato del giudice di gara; dimenticando, però, che la tecnologia non è che uno strumento e, come sempre, sono gli uomini a doverla governare. Da questo concetto imprescindibile siamo partiti nell’elaborare il progetto, includendo tra i nostri interlocutori istituzionali proprio la categoria arbitrale, il cui ruolo è e rimarrà fondamentale per la corretta gestione delle gare.
Ritengo che non si possa più restare ancorati al luogo comune secondo cui le macchine sostituirebbero le funzioni degli arbitri in campo; la tecnologia deve costituire solo un supporto nelle loro mani, perché possano avere a disposizione dati certi invece che semplici sensazioni legate a un istante. Del resto, i primi strumenti introdotti a livello internazionale hanno già dato esito positivo, dimostrando grande efficacia nel migliorare la gestione delle gare e l’analisi dei casi limite: l’ultimo esempio è la goal line technology utilizzata in Brasile per la World Cup 2014, che considero un primo passo decisivo, ma non un punto d’arrivo. L’elemento fondamentale è che lo spirito del gioco rimanga inalterato e, soprattutto, che sia sempre presente che il calcio è uno sport fatto di emozioni, di passioni, di persone.