Viaggio nella Napa Valley di Puglia
A Parabita, in provincia di Lecce, sui filari della Tenuta Liliana stanno crescendo i grappoli di quattro Cabernet Sauvignon top. Parola di Antonio Intiglietta, patron dell'azienda, primo esempio di wine sharing company in Italia.
Della terra si è innamorato da bambino, quando già all'alba, disteso sui rami di un albero di fichi, guardava il padre e il nonno lavorarla con amore. Era quella rossa del suo Salento, illuminata da distese di ulivi argentati.
Antonio Intiglietta, presidente di Gestione Fiere Spa nonché ideatore di Artigiano in Fiera, nonostante viva e lavori a Milano da sempre non ha saputo resistere al richiamo del sangue e tre anni fa a Parabita, in provincia di Lecce, ha inaugurato Tenuta Liliana, una nuova realtà vinicola che il mercato guarda con molto interesse. Per diversi motivi.
Anzitutto, c'è grande attesa per i suoi quattro Cabernet Sauvignon, Ladame, Veneri, Serae, Aeternum, dedicati rispettivamente alla moglie Liliana, ai figli Valentina e Stefano e a se stesso «Non perché io sia eterno eh!» scherza l'imprenditore. Saranno pronti, in bottiglie vestite dalla designer Elisa Costa, dopo la vendemmia 2021. «La mia sfida è produrre un Cabernet Sauvignon strepitoso, uno dei migliori al mondo, non da meno di uno Screaming Eagle da 2 mila e 500 dollari» confessa.
La sua squadra, tutta made in Salento, compreso l'enologo Andrea Fattizzo, sta lavorando perché l'ambizione diventi realtà. La posizione geografica, il quarantesimo parallelo, è certamente un asso nella manica di Intiglietta. «Siamo nel parallelo della Napa Valley, del Cile, della Nuova Zelanda, terre di grandissimi Cabernet Sauvignon e poi non dimentichiamo che l'Italia è per sua natura condannata all'eccellenza» aggiunge il neo vigneron.
Ma Tenuta Liliana è sotto i riflettori anche perché rappresenta il primo modello di «wine sharing company»: una vigna compartecipata da partner internazionali che diventano soci attraverso la sottoscrizione di quote azionarie (da 12.500 euro per una botte all'anno, da 25 mila per tre). «Ogni investitore partecipa da protagonista alla sfida, riconoscendo la bellezza del progetto, in particolare, e del territorio salentino, in generale. Perché» sottolinea Intiglietta «il vino non è mio, il vino è nostro. Mi piace pensare che chiunque nel mondo possa dire "ho una vigna nel Salento"».
Un progetto molto ambizioso che tuttavia non spaventa Intiglietta: «Il rischio d'impresa fa parte del gioco, ma noi abbiamo il terroir, il team giusto, l'attitudine alla bellezza e poi, come diceva mio nonno, "a Dio piacendo" sarà un successo». n
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