L'anno orribile di Luciano Ligabue - Dal libro di Riccardo Bertoncelli
1993: la vera storia del periodo più difficile del rocker - Da The Liga Story - Volume 1
La storia dei primi anni di carriera di Ligabue come non era mai stata raccontata. Qui sotto, un estratto da The Liga Story, Volume 1, di Riccardo Bertoncelli.
“Fu un periodo strano e difficile" racconta Ligabue. "Mi trovai all’improvviso una casa discografica inquieta, che di punto in bianco aveva cambiato umore nei miei confronti. E io ero diventato insicuro, non capivo: ‘Cazzo, il disco che forse mi rappresenta di più è un disco che sta facendo così fatica. Che significa? Andavo a vedere concerti e una sera un promoter, di cui non ti sto a fare il nome, venne a salutarmi e mi disse: ‘Certo che tu eri forte’. Capito? ‘Eri forte.’ Mi parlava già al passato!” È la primavera del 1993, il disco nuovo stenta a decollare e gli show dal vivo subiscono una inattesa battuta d’arresto dopo una trionfale esibizione ad Assago, nello spazio che allora sichiama PalaTrussardi. Sono arrivati in diecimila quella sera, 12 marzo 1993, vigilia del trentatreesimo compleanno di Luciano; nelle foto scattate nei camerini si vede la torta che Carrara ha fatto preparare per il suo pupillo, un attimo prima che fra i due scoppi una guerra senza esclusione di colpi.Quella sera o poco dopo, a Roma, il vento gira improvvisamente e Luciano comincia a captare sinistri scricchiolii un po’ ovunque. Forse il gioco del neverending tour ha preso la mano, forse è il caso di fermarsi e dosare le apparizioni, visto anche le fiacche vendite di Sopravvissuti. Carrara però non vuole saperne. Anzi, è scatenato: arriva l’estate e lui continua a macinare date, proponendo Ligabue e la band nei posti più sperduti, dandol’impressione di volersi giocare il tutto per tutto come se non ci fosse un domani per quel progetto. Luciano è spaventato e combattuto: suonare dal vivo è la cosa che lo appassiona dipiù ma a quel punto ha paura di bruciarsi e sente il bisogno di staccare. “Io avevo un contratto impegnativo con Carrara, che continuava a farci fare delle date. Stavamo richiamando poca gente rispetto a quanto costavamo, il disco non andava bene. Quindi vivevo anche con angoscia il fatto che, a ogni posto in cui arrivavo, il promoter locale veniva a lamentarsi, quasi, cazzo!, fosse colpa mia. Fu un periodo inquietante. Pensa che in un paio di serate o tre mi capitò addirittura di non vedere l’ora di finire, che è una cosa che mi diede un’ansia tremenda; perché se c’è una cosa che dà senso a questo mestiere, per me è fare concerti.Non avrei mai immaginato di provare una sensazione simile!“
Fu il momento più difficile, e tra l’altro non avevo attorno a me neanche… non sentivo la vicinanza delle persone con cui avevo condiviso i momenti piacevoli. Curiosamente, il gruppo non mi era così vicino, forse mi stava dando le colpe di una situazione che non era bella come in precedenza. Non so, stiamo parlando di sensazioni, forse sono mie interpretazioni psicologiche. Insomma, mi sentivo particolarmente solo, e cominciai a sviluppare una reazione a queste avversità. Mi dissi: ‘Va bene, se c’è una cosa che ho capito è che le cose le devo gestire un po’. Ho capito che se devo prendermi delle responsabilità le devo prendere fino in fondo. Quindi, prima cosa: devo decidere io quando fare concerti e quando sono pronto a farli’. “Mentre rimuginavo questi pensieri affrontai la tournée estiva, che fu una tournée difficilissima, in cui suonavo praticamente in qualsiasi posto. Ci capitava di esibirci in città in cui non era affisso neanche un manifesto. Mi toccarono serate tipo Vibo Valentia, davanti a 400-500 persone, dopo che al Forum di Milano avevo avuto diecimila spettatori paganti. Capisci che è uno choc? Uno si chiede: ma che cazzo è successo?” Gigi Cavalli Cocchi: “Per il tour avevamo allestito una scenografia faraonica, investendo un pacco di soldi. A un certo punto per abbattere i costi fummo costretti a tagliare, a ridurre, altrimenti le date specie al sud non le avremmo vendute. Quello fu il colpo di grazia del rapporto fra Ligabue e Carrara. “Nel frattempo si sgretolava anche la squadra. C’erano discussioni sul suono dal vivo, qualcuno dal pubblico si lamentava che non si sentiva bene. A farne le spese fu Paolo Lovat, il fonico, uno che era con noi dal primo tour, più il secondo e il terzo disco. Arrivò Giancarlo Pierozzi, uno dei fonici storici del “live in Italy”; aveva un modo diverso di scolpire il nostro sound, più tosto, più forte.“La scena madre fu a Marino, vicino a Roma. Poca gente e nervi a fior di pelle, mentre poco tempo prima avevamo suonato al Palasport dell’EUR davanti a una folla. Lì Luciano cominciò a preoccuparsi seriamente, ma Carrara insisteva a dire che aveva accordi già stabiliti e non si poteva fermare. Si arrivò ai ferri cortissimi. Angelo sventolava i contratti, il Liga cantava e suonava malvolentieri, magari il pubblico non se ne accorgeva ma noi sì. Era scontroso, ombroso, non era più lui.”
Ghezzi conferma e rincara la dose. “L’atmosfera tra noi era già tesa, poi qualche volta le cose giravano proprio storte. Ricordo lo show di Caserta, sotto un diluvio. Fummo costretti a fermarci quando mi arrivò uno Zippo in testa per poi riprendere a suonare, dopo l’intervento di un paio di operatori del 118, con la sola voglia di andare a casa. E, non ultimo, un ricordo particolare per colui che ci mangiò le mozzarelle nella camera d’albergo. Una giornata da dimenticare.” “La situazione era così compromessa,” ancora Gigi, “che quando Carrara ogni tanto veniva a farci visita nei camerini Luciano si rifiutava di parlare con lui e fisicamente lo estraniava. C’era Maioli alla porta a impedirgli l’ingresso – da tour manager a tenente García.”Per un gioco del destino (un dispetto?) proprio quell’estate Luciano e i ragazzi coronano un sogno della loro vita musicale, suonando di spalla agli U2 nel corso di due date italiane del loro tour estivo. Il 9 luglio sono a Napoli allo Stadio San Paolo, in un cartellone che comprende anche Velvet Underground ed Emotional Fish; il 12 suonano a Torino, Stadio delle Alpi, ancora con gli Emotional Fish e con un altro gruppo monstre, i Pearl Jam. Una passeggiata felice tra le nuvole; anche se la realtà di tutti i giorni è molto più terra terra, e assai più inquietante...
Di Riccardo Bertoncelli, tratto da The Liga story Volume 1 - Giunti. Sotto, la cover
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