Intervista a Lina Wertmuller, regista di buonumore
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Intervista a Lina Wertmuller, regista di buonumore

Si chiama Tutto a posto e niente in ordine la biografia che l'artista ha scritto sulla sua vita. Un excursus pieno di episodi inediti a cui si aggiungono rivelazioni esclusive: un film su Federico Fellini e non solo

La biografia inizia in una sera d'inverno del 1827, quando un suo nobile antenato svizzero, il barone Johann Heinrich Werdmuller von Elgg Esapanol von Brauchich, si innamorò di una danseuse d'étoile e per lei sfidò a duello e uccise il suo amante, un principe di sangue tedesco di cui viene taciuto il nome. Costretto a fuggire si rifugiò a Napoli dove, dopo tanta nobiltà, la famiglia si avviò a rapida decadenza. Primo segnale, fu la trasformazione della "d" di Werdmuller in "t" e la perdita di tutti gli appellativi nobiliari che lo portarono a indentificarsi semplicemente con Heinrich Wertmuller. "Devo ringraziare questo mio trisavolo per aver scelto di nascondersi in Italia. Da qual momento inizia una lunga storia che si conclude con la mia nascita a Roma", dice Arcangela Felice Assunta Job Wertmuller von Elgg Esapanol von Brauchich, ovvero Lina Wertmuller. La regista ottantaquattrenne, ma con l'energia di una sedicenne, ha all'attivo 33 film, 32 sceneggiature, 5 libri. La sua prima volta risale al 1963 con I basilischi, girato in terra pugliese. L'ultimo film è Mannaggia alla miseria del 2009. Il libro Tutto a posto e niente in ordine , sottotitolo Vita di una regista di buonumore, autrice la stessa Lina Wertmuller, edito da Mondadori, racconta per la prima volta questa storia di amore e spada e contiene ricordi personali della grande regista che svela le sue nobili origini. Partendo dal lontano 1827, la biografia entra nel vivo con gli anni dell'infanzia, la scoperta della vocazione per lo spettacolo, gli incontri con i maggiori attori e registi del Novecento.

Panorama.it ha incontrato la Wertmuller che ha anche anticipato in esclusiva alcuni progetti futuri e svelati aneddoti non raccontati nel libro.

Cominciamo dall'ultimo capitolo del suo libro: lei enumera tutti i progetti professionali che ha in cantiere. Ce n'è uno al quale è particolarmente legata?
Sono tante le idee che dovrei trasformare in film. Tra queste Napuli Luntanamente, omaggio al grande Salvatore di Giacomo, di cui ho scritto la sceneggiatura con Raffaele La Capria. Poi il sequel di Travolti da un insolito destino, il cui titolo sarebbe Ritravolti da un insolito destino. La futura pellicola Il sesso di Hitler, sarà un'ironica commedia in cui racconto le preferenze del Fuhrer sotto le lenzuola. Un progetto, però, mi sta pareticolarmente a cuore: vorrei portare sullo schermo la storia di Livia moglie di Augusto sulla quale ho scritto una commedia per il teatro. Ho un grande interesse per l'antica Roma, per l'importanza che avevano le donne in un  mondo di feroci maschilisti. Da tempo, inoltre, sto pensando di realizzare un film omaggio a Federico Fellini

Una sorta di biopic sulla vita del grande suo collega regista?
Assolutamente no. Io ho conosciuto molto bene Fellini, ho lavorato con lui per anni. Ma un aspetto della sua personalità mi colpì in particolare. Durante i provini per la ricerca di una bimba di circa due anni, Federico ne incontrò una proprio di quell'età alla quale si legò di un affetto incondizionato. Affetto totalmente ricambiato dalla piccola. I due erano inseparabili, la madre della bimba la accompagnava durante le riprese e in qualsiasi altro momento della giornata. Ma io e lei restavamo sempre in disparte, incantate e commosse dinanzi ad un sentimento che racchiudeva tutte le sfaccettature dell'amore: filiale, paterno, fraterno, amichevole. Era un sentimento spirituale potente, vero, autentico, purissimo. La bimba seguiva Fellini dappertutto e lui andava in crisi se la piccola non c'era. Durò due anni. Fellini non ne ha mai parlato con nessuno, ma io che sono stata testimone oculare di questo mistero di affetto e di amicizia, vorrei trasporlo in una pellicola per far conoscere al grande pubblico un altro lato della personalità di Fellini.

Professionalmente, cosa ha rappresentato Fellini per lei?
È stato compagno di giochi e santo ispiratore, era simpatico, intelligente, fuggitivo. La sua caratteristica era di essere pieno di entusiasmo e calore che potevano anche dissolversi subito. Aveva molta fiducia in me, ma spesso scompariva all'improvviso lasciandomi a risolvere situazioni difficili. Una volta fece l'annuncio che cercava una giovane donna per un suo film. Si presentarono in cinquemila. Atterrito scappò via e rimasi da sola a gestire quella gran folla di signore che aspettavano solo di assalirlo con il loro affetto.

Qualcuno ha insinuato che ebbe screzi con Monica Vitti. È vero?
Assolutamente no. Una volta mi sono ribellata al fatto che lei in scena rifiutava di indossare una tuta informe, con la quale, tra l'altro, era vestita l'intera compagnia. Forse era un capriccio finalizzato a mettere in evidenza il suo bel corpo e atteggiarsi a diva. Io mi ribellai. Ma non fu uno screzio. E ripensandoci, forse era anche giusto: una vera diva doveva presentarsi in maniera consona. Certo anche per lei ci sono stati incidenti di percorso, ma ha avuto il privilegio di poter contare su Michelangelo Antonioni.

Lei ha definito Stefania Sandrelli un'attrice speciale. Perché?
La Sandrelli per me rappresenta il candore, la purezza. Potrebbe interpretare qualsiasi ruolo, anche il più cattivo e triviale, ma lo farebbe sempre volando alto, senza mai far trasparire nessuna volgarità. Io in particolare ho coniato per lei l'aggettivo "liliale". Non so bene cosa significhi ma è legato al candore del giglio.

Ha mai avuto difficoltà nell'imbruttire, per motivi scenici, Sophia Loren?
La Loren è una grande professionista. Non battè ciglio quando le proposi un trucco praticamente inesistente per interpretare Sabato, domenica e lunedì. Capì che volevo rendere il personaggio della protagonista, Rosa Priore, estremamente realistico. Lei ha avuto ed ha un grande dono: riesce a far emergere solo il personaggio che interpreta, accantonando la diva che che trapela solo al suo apparire. Perciò, credo che sarebbe diventata una grande attrice anche senza quella bellezza grazie alla quale è diventata un'icona del cinema mondiale.

E delle giovani attrici della più recente cinematografia, che pensa?
Sono molto brave Claudia Gerini, scelta non a caso da Carlo Verdone, Cristiana Capotondi, Gabriella Pession. Nella lista inserisco anche Margherita Buy, una ultime bravi attrici dell'epoca recente.

Come giudica attori e registi degli ultimi decenni?
Innanzitutto voglio sottolineare che i giovani registi hanno sulle spalle l'eredità di predecessori prestigiosi come Fellini, Visconti. E non devono sciuparla, ma dimostrarsene degni. Credo che Sergio Castellitto abbia grande talento, peccato si sia professionalmente fossilizzato solo nelle storie cinematografiche tratte dai libri della moglie Margaret Mazzantini. Ha perso quell'impronta fantasiosa che lo caratterizzava in passato. Stimo molto Sergio Rubino, mentre Tornatore è più ambizioso dal punto di vista artistico ma riesce a esprimere tutta la poesia della Puglia a me cara.

Qual è la sua opinione sullo stato del cinema italiano, oggi?
Cinema? Ma quale cinema. Una volta si realizzavano circa 250 pellicole in un anno, oggi se ne producono solo 25. Un vero peccato. Voglio sperare che si tratti solo di un periodo di crisi a cui farà seguito una nuova fioritura creativa.

A proposito di crisi. Ne stiamo vivendo una a livello economico e europeo. Che opinione si è fatta?
Ne ho viste tante di crisi economiche nella mia vita. Sono certa che ne verremo fuori grazie alla vitalità di noi italiani e nonosstante la politica che, a mio avviso, snatura tutto.

Nel suo libro lei scrive: sappiate che se mi piglia un colpo me ne vado come un commensale sazio. La scriverebbe ancora?
Questa frase l'ho pronunciata per la prima volta 25 anni fa e la sento sempre mia. Io, nella mia vita, ho cercato di camminare continuamente dal "sunny side of the street" e onestamente mi è andata bene. Sono stata molto caparbia ma felice di aver cavalcato in maniera positiva il mio tempo.

Ha davvero raccontato tutto di se stessa nel libro?
Questa biografia è necessariamente incompleta. Perciò vi anticipo che ne scriverò un'altra. Ho già in mente il titolo Riempiamo i buchi. Sarà un lavoro lungo e difficile,  ma io amo camminare sull'orlo degli abissi.

Il suo film Pasqualino Settebellezze è stato candidato a quattro premi Oscar. È una grande soddisfazione per una regista, non trova?
Non sono mai stata interessata ai premi, per me l'essenziale è sentire il battito emotivo di una grande sala quando un film viene proiettato. Pur non amando le celebrazioni, riconosco che l'Oscar ha un significato enorme per gli americani perché considerano il cinema la loro industria nazionale più importante. Io credo che gli USA abbiano vinto l'ultima guerra anche per il fascino di cui era circondato la filmografia di quegli anni.

Nel suo libro parla anche dello scrittore umoristico Giovanni Guareschi. Che giudizio ne dà?
Guareschi per certi versi è stato sottovalutato dalla critica. Sciascia una volta mi disse che, a suo parere, i romanzi di Don Camillo e Peppone rappresentavano il miglior ritratto dell'Italia. Io ho realizzato la trasposizione cinematografica di un raccontro di Guareschi dal titolo Il decimo clandestino. La storia mi aveva colpito per la tenerezza con cui Guareschi affrontava il tema della perdita di un figlio.

A quale dei suoi film si sente più legata?
Non potrei mai scegliere, li sento tutti come miei figli, ognuno con una storia particolare che ha segnato una parte della mia vita. E quasi tutti hanno titoli un po' troppo lunghi. Un piccolo capriccio che mi sono concessa e che evoca lontanamente i capricci e i dispetti che facevo da piccola.

Tutto a posto e niente in ordine. Vita di una regista di buonumore
di Lina Wertmuller
Mondadori
pagg. 284, euro 18,50

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Marida Caterini.