La Legge sul Divorzio ha 50 anni, e in Italia ci sono ancora mille problemi
Il 1 dicembre 1970 veniva approvata la legge che cambiò la vita sociale. Ma siamo ancora un paese dove lasciarsi ti porta in un mare di guai
Oggi è il cinquantesimo anniversario dell'entrata in vigore della Legge sul divorzio, una delle riforme più dibattute e laceranti, assieme a quella sull'aborto, per le coscienze dell'opinione pubblica, spaccatasi tra sostenitori e detrattori, con manifestazioni di piazza e schieramenti partitici.
Il più grosso timore delle forze di ispirazione cattolica, che si presentavano compatte contro l'approvazione di tale legge, era la distruzione del concetto sacro di famiglia indissolubile, con una conseguente deriva dei valori tradizionali e della società stessa.
A cinquant'anni di distanza il tema non è tanto disquisire se ciò sia avvenuto, o meno: in questo mezzo secolo il mondo è cambiato in modo epocale, senza bisogno di spinte legislative interne, parallelamente all'evoluzione dei costumi degli italiani.
Una bocciatura referendaria, a quel tempo, non avrebbe fatto altro che spostare l'ineluttabile riforma qualche anno più tardi e lo dimostra il fatto che, prima o dopo, tutti i paesi occidentali (e non solo) hanno adottato una legge che consente lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
Statistiche alla mano, poi, la legge sul divorzio non ha dato un immediato sprint alla dissoluzione dei matrimoni, posto che il suo ricorso concreto avanti alla giustizia è aumentato tangibilmente solo nei decenni successivi, in particolare negli anni '90, di pari passo con una nuova sensibilità culturale di chi non accettava più di rimanere avvinto ad un vincolo solo per motivi ideologici.
Insomma, la legge sul divorzio è stata solo la formalizzazione di un nuovo modello culturale, un nuovo modo di pensare anche con riferimento al matrimonio.
Nonostante ciò l'Italia continua a vivere, a differenza di quasi tutti i paesi occidentali, nella complicazione del cosiddetto doppio passaggio, richiedendo la fase della separazione prima di poter accedere al divorzio.
Vero è che i tempi che debbono decorrere tra la separazione ed il divorzio sono stati recentemente ridotti ( in un primo tempo da cinque a tre anni e, successivamente a sei mesi o un anno a seconda dei casi) ma già questo rende più complesso divorziare, soprattutto se, dall'altra parte, vi è un coniuge intenzionato a vendere 'cara la pelle'.
Sì perché nelle pieghe del diritto esistono strumenti utilizzabili per ritardare il più possibile il divorzio e i tempi della giustizia diventano il principale alleato di chi è disposto ad arrivare fino in Cassazione pur di allontanare il più possibile questo momento.
E pazienza se poi si viene condannati per lite temeraria, a suon di dieci o ventimila euro per abuso della giurisdizione, con i Giudici che sgranano gli occhi a leggere certe strumentali eccezioni sollevate dalla parte che non vuole concedere all'altra l'anelata libertà: ci sono persone disposte a perdere denaro e faccia pur di far 'morire' l'odiato coniuge.
Già, perché questa non è solo una metafora: fra le motivazioni esecrabili che sostengono queste battaglie vi è proprio quella di giocare sul fattore tempo e sperare che malattie o vecchiaia recidano il filo della vita del coniuge, così da poter presentarsi alla successione come eredi di tutto o parte del patrimonio.
Altre volte queste tecniche vengono utilizzate per fiaccare l'avversario, per esacerbarlo al punto da determinarne la cessione per sfinimento, capitalizzando così - a livello economico - questo stato d'animo.
Eppure sarebbe così semplice, tecnicamente, una riforma che agisca su quei meccanismi ed impedisca, una volta per tutte, la deriva poc'anzi descritta, attribuendo ai cittadini il diritto - rapido e certo - di vedersi sciogliere il vincolo senza possibilità di impugnazioni strumentali.
Cominciamo da lì e poi subito proviamo a riscrivere la norma evitando il balletto tra interpretazioni giurisprudenziali che, di anno in anno, mutano i parametri di giudizio creando figli e figliastri, confondendo i magistrati e le parti stesse: una norma chiara, semplice, articolata per punti che dica, da Bolzano a Mazzara del Vallo, con che criteri debba essere - o meno - liquidato l'assegno divorzile, qualora ve ne siano i presupposti, lasciando al Giudice il solo dovere di applicarla.
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