"Ma tu come la fai la caponata?" di Chiara Maci e Filippo La Mantia
La nostra storia d’amore in cucina. L'intervista
Lunedì mattina. Il ristorante di Filippo (La Mantia) è chiuso, apre solo per quest’incontro. Entro, con lui trovo la sua Chiara (Maci) e il loro piccolo Andrea (che è stato bravissimo per tutta la durata della chiacchierata).
Ad accogliermi una serie di piccole torte da assaggiare, gustare, apprezzare e, soprattutto, se qualcosa non dovesse mai andare bene, divieto assoluto di scriverne sui social: il diktat del padrone di casa è che “non puoi comunicare il cibo attraverso i social”. Lo devo dire a lui, in persona, sia nel bene che nel male.
E naturalmente non c’è un solo ingrediente in quelle torte che stoni. Alla fine della chiacchierata non perdo occasione di dirglielo, di complimentarmi e di fare il bis.
Ma tu come la fai la caponata? (Harper Collins) è il libro che Chiara Maci e Filippo La Mantia hanno scritto insieme, in cui a mettersi a confronto non sono solo le ricette, ma la vita, le esperienze, fino a quando le loro strade si sono (re)incontrate e unite.
Il vostro primo incontro?
Chiara: A Roma, al Majestic (ndr, ristorante di Filippo dal 2009 al 2013). Io ero una delle poche che non conosceva Filippo, non conoscevo cuochi a Roma, più su Milano. Un amico sommelier comune mi portò a mangiare da lui. Filippo ci accompagnò al tavolo e ci raccontò del legame con la sua terra, così forte tanto da portarla in tavola e proporla nel suo ristorante. Quello che ne seguì fu sul mio blog un articolo emozionale, perché avevo mangiato molto bene ed ero rimasta colpita dalla territorialità di quest’uomo che portava la sua sicilianità altrove. Quella fu la prima volta.
Poi non ci siamo più rivisti fino a quando ci è stato proposto di fare un programma televisivo insieme (ndr, The Chef, con Davide Oldani e Alessio Algherini, nel 2013). Entrambi però avevamo inizialmente rifiutato, io perché aspettavo Bianca ed ero in un momento particolare, lui aveva appena chiuso con il Majestic e voleva cambiare vita. Invece per assurdo tutti e due ci siamo ritrovati a farlo, e quindi ci siamo rincontrati.
Filippo: Quel momento ha segnato per me il trasferimento a Milano. E l’inizio per fare tutto sul serio. Ricordo quello di Roma come un periodo spensierato e divertente della mia vita, ma forse la mia è solo una percezione nostalgica, e questa mi spinge a dire che mi piacerebbe ritornare a Palermo. Mi manca la lentezza, mentre qui le giornate passano e non mi rendo conto che la vita è una: mi sveglio la mattina, lavoro sino a tarda notte, per quale motivo? È tutto talmente impegnativo, e non escludo che forse la colpa sia mia nell’aver fatto di questo luogo un posto troppo legato alla mia persona. O forse soffro solo di “Mal di Sicilia”…
Come vi siete divisi le ricette?
Chiara: Le ricette sono le classiche come la caponata, la pasta alla Norma, la parmigiana di melanzane e le polpette al sugo, tutte legate a momenti della nostra vita. La particolarità del libro era comunque rimarcare la nostra differenza di generazione con fatti che accadevano a lui in un determinato periodo e a me nello stesso. Le nostre vite sono state completamente diverse fino al momento dell’incontro culminato con la nascita di Andrea che ci ha resi famiglia al 100%.
Il vostro piatto preferito è la pasta in bianco...
Chiara: Sembra incredibile, ma è proprio così. La pasta in bianco: un’ottima qualità di pasta, un buon olio e una spolverata di grana. In casa ci siamo poco, ci incontriamo la domenica sera e il più delle volte cucino io per tutti.
Si intromette Filippo: Certo che cucini tu, non ti va bene niente di quello che preparo io! Lei cucina bene, tutto quello che mi ha fatto mi è sempre piaciuto. Quando invece cucino io diciamo che me la mena con i miei pestini, dice che sono monotono. In generale Chiara non apprezza la mia cucina, ma se si tratta di qualcun altro che cucina allora esalta sempre e comunque… (Chiara ride).
Quali sono gli ingredienti del libro?
Chiara: È un libro divertente che punta sul contrasto perenne che esiste nella nostra visione della cucina, della vita e del lavoro, nient’altro che gli ingredienti della vita. In più per me c’è anche questa cosa buffa che ci lega, cioè i 23 anni di differenza tra le nostre età. Nel senso che lui deve ancora capire cosa faccio io e qui ci sono scontri infiniti sui lavori. Inizialmente ci siamo scontrati sulla tipologia di vita, io sono sempre stata una super indipendente che si è creata un lavoro, che non ha mai dovuto rispondere a nessuno, sempre abituata a stare sola con Bianca. Quando ho incontrato lui, siciliano, non è stato facile fargli capire intanto il lavoro perché ai suoi occhi io “spippolavo” con il cellulare tutto il giorno. All’inizio è stato difficile spiegarlo a lui come ai miei genitori, spiegare questo nuovo modo di lavorare di cui sono estremamente fiera.
Cosa ne pensate del fenomeno della venerazione dello chef?
Chiara: Che è assolutamente sbagliata, come tutti gli estremismi. È sbagliato nel momento in cui si idolatra una figura che non fa nulla di speciale: cucina per le persone. È una vita dura, difficile, con ritmi molto pesanti. Mi fa piacere che i giovani si interessino alla cucina piuttosto che ad altre cose meno interessanti e meno educative, ma idolatrare lo chef non va bene così come non va bene trasmettere il messaggio che il cuoco è figo, il cuoco può tutto, il cuoco diventa ricco in un attimo senza considerare realmente e valutare tutte le concrete difficoltà che stanno dietro ad un impegno del genere. Così come quando il cliente critica il prezzo e il piatto, senza avere la minima idea di cosa sta dietro a quel prezzo in un paese in cui è difficilissimo finire l’anno in attivo.
Filippo: Bisogna togliere il fighettismo dal cibo. Il cibo è quello della mamma, dei nonni, il cibo è nutrizione. Il cibo ti deve lasciare un buon ricordo. Milano è stato nel bene e nel male il luogo deputato alla creazione della figura dello chef. Ma dietro a questa figura c’è tutto uno staff di persone che non conoscerai mai, dal lavapiatti per esempio la cui responsabilità all’interno del ristorante è pari a quella di tutti gli altri collaboratori.
Il cibo e i social.
Chiara: Se quando ho deciso di cambiare vita nel 2009 fossi stata ad aspettare non si sarebbe smosso nulla, di tutti i curriculum che ho mandato forse in tre mi hanno risposto, a dir tanto. Il web di cui vado orgogliosissima, invece, mi ha dato la capacità e gli strumenti per scrivere ed essere letta. Se io non avessi fatto nulla, nessuno mi avrebbe mai letta e se nessuno mi avesse mai letta non mi sarei mai costruita un lavoro.
Filippo: Non puoi comunicare il cibo attraverso i social. Il cibo è un progetto antico, primitivo, non lo puoi scrivere. Io comunico attraverso il cibo e mi aspetto che chi si raffronta con me e con il mio mondo lo faccia dicendomi le cose in faccia, non uscendo, girando l’angolo e scrivendo qualcosa che non gli è piaciuto. Se lo fai, per me, sei senza dignità.
Il libro.
Per un cuoco, uno che fa il food blogger è tutto fumo e niente arrosto perché scrive di cucina e fotografa di continuo il cibo ma il dubbio rimane sempre lo stesso: “Saprà cucinare?”. Ed è proprio questo che Filippo ha pensato di Chiara quando l’ha conosciuta. Lei, svezzata con mozzarella di bufala, è una food blogger famosa, madre e condivide con i fan la sua vita; mentre lui, cresciuto con le melanzane di Sicilia, è il cuoco di un famoso ristorante a Milano. Sulla carta (e online!) Chiara e Filippo appartengono a mondi lontani, ma la passione per la cucina li ha fatti incontrare e innamorare. La loro storia è fatta di sapori intensi e gustosi dissapori, perché quando due amanti del food decidono di vivere insieme bisogna dividersi i compiti: oggi chi fa la spesa? Chi cucina? E tu come prepari la parmigiana di melanzane? Dalla vita di una coppia affiatata, un libro sui legami sentimentali, sui contrasti che possono nascere, sulle ricette del cuore e sull’amore per gli ingredienti della nostra tavola.
Ma tu come la fai la caponata?
di Chiara Maci e Filippo La Mantia
Harper Collins, 2018