Marco Mengoni: l'ascolto di Le Cose che Non Ho
La recensione del nuovo album. E tiriamo le somme sul progetto
Il 2015 è iniziato con un nuovo album di Marco Mengoni e con un suo nuovo album finirà. Arriva a fine di una stagione discografica pre-natalizia affollatissima di musica nuova "Le cose che non ho". Adesso, dal 4 dicembre 2015, è qui e oggi proviamo a parlarne a mente il più possibile sgombra da tutto il caos. Ci proviamo. Durante quest'anno è successo un po' di tutto: un tour importante, un riconoscimento agli Mtv European Music Awards, il successo inarrestabile di "Guerriero", gli ottimi risultati ottenuti in estate con il singolo "Io ti aspetto". Anche la prima parte di questo progetto è andata benone: "Parole in circolo" ha raggiunto il terzo platino in molto meno tempo rispetto a tutti i suoi album precedenti.
Poteva essere un album appendice ma è nato sotto la stella di "Ti ho voluto bene veramente", altro brano di successo dove si è ripetuta (in qualche modo) la magia di "Guerriero". Nelle 11 tracce di questo album non si esce dalle atmosfere che abbiamo apprezzato nel precedente lavoro del cantautore, ma questo non vuol dire che sia un album che ricalca il "già fatto". Anzi, vi aspetta un nuovo viaggio nel mondo di Marco, molto più personale nella sua esplorazione della nostra e della sua umanità, soprattutto. Vediamo in che modo.
L'album si apre con "Ricorderai l'amore", un brano dal ritmo irresistibile che fin dal primo ascolto è come puntarsi ventilatore fresco sulla faccia: fa respirare. È una delle canzoni più belle del disco e racconta nel modo più positivo del mondo, come si risorge dalle ferite del dolore passato. Bellissimo è il testo di "Resti indifferente" e la magia che sa creare fin dal primo ascolto. Giocoso e sincero è nel brano "Parole in circolo": man mano che ascolterete questo album vi renderete quando di quanto l'impronta lasciata da Mengoni sia profonda e nitida nelle sue sfumature.
"La nostra estate" è il tocco da ballere che nasce con intenzioni evidenti e un sound che sembra fatto per la dimensione di un concerto. Seppur creata con l'intenzione di un eventuale lancio "stagionale", è un brano dall'impatto anomalo, perfetto per distinguersi tra la coda di ambiziosi tormentoni. Mi ha colpito nel disco la conferma di un periodo fortemente ispirato di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. Parlando di questa sua partecipazione nel disco, mi è capitato di sentire da un collega la definizione "prezzemolino"...a me piace più sperare che questa intensità di scrittura, questa libertà che lascia agli artisti con i quali lavora, continui ancora perché ne stanno uscendo cose bellissime, "Solo due satelliti" inclusa.
La presenza di Sia, un vero caso discografico come cantate (da pochi anni) e come autrice (da molti più anni). Nell'ultimo decennio ha scritto pezzi per un sacco di artisti americani e europei: è molto generosa. È una di quelle autrici che scrive moltissimo e non tiene sempre i migliori pezzi per se stessa. "Rock Bottom" ha un testo che vi prego di ascoltare con molta attenzione perché è di una viscerale semplicità: è perfetta per lui. Marco esplora l'interpretazione in un modo molto affine a come lo farebbe Sia e forse non sbaglia. Il risultato mantiene quella "voragine emotiva" che spesso hanno i suoi brani. Tendenzialmente ti lasciano un buco nel cuore e o ti fanno esplodere di gioia. Niente mezze misure.
"Nemmeno un grammo" chiude l'album e spiega secondo me in modo molto chiaro i punti di forza dell'album "Le cose che non ho": laddove Marco canti la rivincita, una nuova percezione della vita, la forza che si può tirare fuori dai momenti più difficili. O ancora il desiderio di ricominciare, rialzarsi (anche qui il concetto torna frequente), la vendetta servita fredda dalla vita quando tu sei la parte debole..funziona. Quando racconta il puro amore positivo, a volte cammina sul ghiaccio.
Marco in questi anni ci ha insegnato che non è necessario parlare di una relazione d'amore canonica per raccontare i sentimenti più forti. Ci ha raccontato un universo musicale dove si può giocare con il sound senza mai scendere a patti con la banalità. In questo anno di musica, Marco ci ha raccontato che può esserci anche un approccio estetico interessante che dia valore al cd fisico, un modo di affrontare la musica popolare con un fermento che viene dall'innovazione e dalle idee.
Questo è un patrimonio da difendere per la sua rarità. È la sua carta di identità.
Il suo pubblico oggi ha orecchie attente per ascoltare sua canzoni sempre più importanti. In "Le cose che non ho" c'è la cura maniacale per il suono e l'unicità di chi riesce a distinguersi per intepretazione e contenuti in un mercato dove quasi tutto passa indifferente. Mengoni rimane sulla strada giusta solo se continua, come oggi, a toccare le parti più sensibili della nostra anima senza farci del male. Ci è riuscito anche questa volta.
E non deve sottrarsi da questo compito mai.