Marracash: il primo ascolto di Status, l'album
Musica

Marracash: il primo ascolto di Status, l'album

20 gennaio 2015. Il rapper percorre la strada difficile, rispettando l'hip hop

Maggio 2014, Marracash presenta "Status", il brano che darà il nome a un album in uscita 10 mesi dopo. Si presenta con un look diverso, con treccine che presagiscono aria di rivoluzione. Rimaniamo straniti, penso sia successo un po' a tutti voi. Ma non per colpa delle treccine.

Si esibisce agli Mtv Awards il 21 giugno, cambia look di nuovo, sale sul palco e lascia il segno con un'esibizione perfetta in apertura ell'evento. La canzone "Status" non diventa una hit (pur raggiungendo e mantenendo per giorni la prima posizione su iTunes) ma non ci voleva uno scienziato della musica per capirlo: questo brano più che un rilancio nel mercato, sembra una presa di posizione.

"Io sono da quest'altra parte, gente, e non ho nessuna intenzione di spostarmi", sembra voler dire. Il brano fa il suo esordio nelle classifiche ufficiali alla top 2, sparisce la settimana dopo. In quei mesi, il pubblico stava ballando e cantando "Happy" di Pharrell Williams, per dire.

In estate si consuma il fattaccio del concerto collettivo mancato con la sua nuova etichetta Roccia Music (fattaccio poi ben spiegato da Marra, ma prima c'è stata la lapidazione mediatica), poi è tornato la conduzione autorevole di Mtv Spit, la leggerezza della sua linea di abbigliamento, i featuring (che con lui sono sempre una garanzia di successo) e poi finalmente si annuncia l'album, con una data (il 20 gennaio 2015) e l'elenco delle tracce (18, non ne faceva così tante insieme dall'esordio nel 2008).

Altri tre singoli digitali nel pre-order ci hanno avvicinato a "Status", l'album, che si presenta con una copertina preziosa, di forte impatto estetico. Talmente bella in questo desolante mare di schifezze di cover italiane, che persino il cd sembra un supporto di valore. E vista in francobollo, non perde in bellezza. Si distingue tra la folla.

Marracash, nello sfavillante ruffianesimo del nuovo secolo dove l'hip hop viene accolto come principio estetico e poi quattro basi di riciclo, due rime divertenti e poi vale tutto, nuota al contrario come i salmoni. È talmente se stesso da sembrare non impopolare, ma anti-popolare: nelle prime tracce fa selezione all'ingresso, inspessendo "Bruce Willis" e "Bentornato" di così tante citazioni autobiografiche, storiche, letterarie, cinematografiche, musicali, artistiche da lasciar perso quasi chiunque le affronti per la prima volta.

Lo aveva fatto anche in "Status", il singolo: se non sei pronto ma ci tieni, riprova. Se mi abbandoni, pazienza.

Basta ascoltare una volta "Sindrome depressiva da Social Network" per capire che sta facendo il pelo e il contropelo ad un certo modo di intendere e volere il pubblico, oggi. 

Poi il 16 gennaio lancia un singolo interessante come "In radio" e non solo non sceglie una voce famosa per cantare il ritornello, ma nemmeno segnala nella tracklist come si chiama l'artista co-protagonista del pezzo. Lei è la brava Federica Abbate ed è uno dei nomi che ha dato vita ad alcune canzoni (con un'ottima penna) di Deborah Iurato, vincitrice di "Amici", come "Danzeremo a luci spente". E ha un percorso tutto suo che prescinde dal pianeta talent. D'altronde lui è quello che nel 2010 collaborava con Giusy Ferreri in "Rivincita" ("quando collaborare con un'artista di un talent era ancora il demonio", ha dichiarato) e ne è uscita una roba perfetta.

In una delle tracce presenti, Marra collabora con Tiziano Ferro: lavorano assieme al brano "Senza un posto nel mondo" con l'intento di dare vita a un pezzo di puro hip hop, quindi non il classico singolo pensato per le radio e per le classifiche. E quando hai per le mani la disponibilità di un cantautore del genere (uno che fa musica con altissima professionalità ma con il desiderio di farsi ascoltare da tante persone, sempre) prendere la strada più difficile è un atto di coraggio.

Sono sempre più convinto che Marra vada molto più fiero del responso di brani come "S.E.N.I.C.A.R" o "Sabbie Mobili" piuttosto che il platino ricevuto con "Badabum Cha Cha" nel 2008. Sono sempre più convinto che Marracash faccia parte di quella schiera non molto folta di artisti che non cerca a tutti i costi il riscatto popolare, la vetta e le pacche sulle spalle, ma il rispetto di chi rispetta il rap. "Status" è un prodotto di origine molto ben protetta.

È hip hop che dà il buon esempio.

Basta dare un rapido ascolto per accorgersi quanto la cura del prodotto sia esaltante. "Don", con Achille Lauro, ha un finale da pelle d'oca, la coda di "20 anni (Peso)" così urlata è inaspettata e incisiva, il testo di "Il nostro tempo" con il ritornello preso da "Lasciati" dei Subsonica è clamoroso, "Vendetta" è un brano-manifesto. C'è un lavoro di produzione massiccio, variegato, stratificato. È un'onda d'urto.

"Status" è un album ostico ma non è chiuso in se stesso. A accenna a qualcosa di più aperto al grande pubblico, ma sempre senza ammiccare troppo: un esempio è "Nella macchina" con Neffa, con quel sound funk che fa tanto radio hit, o il lasciapassare per i club nella collaborazione con Gué Pequeno in "Di nascosto".

Dopo averlo ascoltato una prima volta così com'è, ripartite da "Untitled", la traccia che chiude il disco. Ci troverete l'uomo che sta dietro Marra, Fabio, in una versione meno spigolosa, più intima. Delicata e mai patetica.

"Status" è un album che non si consuma al primo ascolto, così come non si riesce ad accantonare al terzo e nemmeno al decimo: è un parco giochi per ragazzi adulti e coraggiosi. E va ascoltato per bene, con le casse giuste nell'era della fruizione da cellulare (senza nemmeno le cuffie). Ti chiede di fare uno sforzo in più, a fin di bene.

La parola "Status", che grazie ai social è sinonimo di "prima stupidaggine che ti viene in mente da far sapere a tutti" oggi assume un altro valore. Lo status di Marra è difficile, lungo e complesso. Come quei sudoku di massimo livello che però quando hai finito e il quadro completo, capisci con orgoglio di non aver fatto nemmeno un errore.

I più letti

avatar-icon

Alessandro Alicandri