Milan, Fonseca esonerato. Paga colpe non solo sue
E' finita la sua stagione dopo 200 giorni esatti Al suo posto in arrivo Sergio Conceiçao ex allenatore del Porto
Non c’è mai un momento giusto per esonerare un allenatore e non esiste esonero che garantisca a chi lo effettua di rimettere in piedi una stagione. Anzi. La storia dice che la mossa di cacciare il proprio tecnico, spesso se non sempre, è per ha società di alto livello la certificazione del fallimento sportivo dell’annata. Il Milan ha scelto la notte del pareggio con la Roma per dare il benservito a Paolo Fonseca: arriva Sergio Conceicao che dovrà tentare un’impresa per qualificare i rossoneri alla prossima Champions League.
Fonseca paga errori prima di tutto suoi. Il Milan che gli è stato consegnato non vale l’ottavo posto in classifica e non può essere la squadra troppo spesso scriteriata tatticamente vista in estate e autunno. Il portoghese ha sbagliato tante scelte e ne porta la responsabilità. Questi mesi sono stati un elettrochoc continuo a Milanello, tensioni e regolamenti di conti portati in pubblico che non era possibile trascinarsi fino a giugno senza che lasciassero segni indelebili. Voleva essere sincero e autorevole, ha finito con l’apparire autolesionista e autoritario: con i big della squadra ha scavato un solco incolmabile.
Fonseca, però, paga anche colpe non sue e il suo esonero mette a nudo tutti i limiti dell’attuale Milan. Sul banco degli imputati devono andare Furlani, Moncada e l’impalpabile Ibrahimovic la cui presenza è utilità continua ad essere un mistero. Hanno abbandonato il tecnico sin dal primo giorno senza essergli d’aiuto. Il mondo del calcio ha dei meccanismi di funzionamento e delle regole che si tramandano da decenni, se tu fai il contrario (ad esempio, non garantendo una presenza costante a Milanello) e la squadra va malissimo chi sbaglia sei tu. Non tutti gli altri. E non serve andare ad Harvard a raccontarsi come history case per passare dalla parte della ragione. Ora che Fonseca non c’è più, tocca agli altri assumersi le proprie responsabilità e, se necessario, pagare il conto e scendere dal treno.
Ultimo ragionamento sulla scelta di Conceicao: ottimo tecnico, curriculum vincente nel Porto e carattere da duro. E’ la conferma che Fonseca aveva ragione a dire che molto andava corretto nel gruppo di lavoro rossonero. Però il criterio della chiamata è sbagliato in partenza. Perché ancora uno straniero e non un tecnico che conosce alla perfezione i meccanismi della Serie A? Come se ci fosse una sorta di pregiudizio che guida il Milan in una decisione fondamentale. Sul mercato c’erano alternative, così come erano presenti in abbondanza la scorsa estate e i risultati si sono visti a sei mesi di distanza.
Conceicao è chiamato a un miracolo. Basta fare due calcoli per rendersi conto della distanza che separa il Milan da quota 75, l’unica che oggi garantisce un posto certo nella prossima Champions League: 48 punti in 21 partita. Significa una media di 2,28 che è la stessa tenuta sin qui da Atalanta e Napoli. Il resto sono chiacchiere e legittima incazzatura di una tifoseria che ha nel mirino Gerry Cardinale la cui unica scusante è che lui almeno paga di tasca sua gli errori che fa.
PS - L’ultima notte di Fonseca è stata un’umiliante e inutile esibizione di un tecnico già licenziato, consegnato al giro di interviste perché evidentemente gli altri non volevano metterci la faccia. Spettacolino poco decoroso che non si vede neanche in club di secondo o terzo livello dove ci sono dirigenti capaci, però, di cogliere il momento ed evitare il trattamento riservato al portoghese. Cui va tutta la solidarietà umana possibile.