Miles Davis: 10 ottimi motivi per riascoltare Bitches Brew
Novant'anni fa nasceva uno degli artisti più geniali e innovativi del ventesimo secolo: un gigante
Oggi avrebbe 90 anni. Miles Davis nacque ad Alton in Illinois, il 26 maggio del 1926. Il suo genio e il suo talento hanno illuminato la musica del ventesimo secolo con album e brani che sono nella storia del jazz e non solo.
Per questo oggi vogliamo ricordarlo attraverso uno dei suoi capolavori senza tempo: Bitches Brew, l'album pubblicato nel 1970.
Come può un disco formato da brani costruiti su semplici sequenze di due o tre accordi, cambiare per sempre l’evoluzione della musica jazz? Il 15 maggio del 1970 la rivoluzione sonora capitanata da quello stregone di Miles Davis ebbe inizio con l’uscita dell’album più misterioso ed essenziale della storia del jazz rock: Bitches Brew. Ecco i 10 motivi per cui non può mancare nella vostra discoteca.
1) Miles, era un genio musicale, un rivoluzionario che quel Jazz classico, nato nei sobborghi di New Orleans all’inizio del secolo scorso, l’aveva scomposto e stravolto più volte. Prima con il be-bop di Charlie ‘Bird’ Parker e Dizzy Gillespie, poi con il cool jazz che lo vide accanto all’amico rivale Chet Baker e che formerà le basi della prima invenzione Milesiana, il Jazz Modale nato con il suo primo capolavoro, A Kind of Blue datato 1959. Ma alla fine degli anni sessanta, il jazz sembrò non andare più di moda, perdendo seguaci ed estimatori in favore del rock. Erano gli anni di una nuova rivoluzione culturale e musicale, che vide la sua concretizzazione con il festival di Woodstock nell’agosto del 1969. Miles intercettò il cambio generazionale ed è proprio a quell’evento storico si ispira per la realizzazione di Bitches Brew, un’opera avveniristica e misteriosa che vide la fusione di jazz e rock, dilatando spazio e tempo, tra semplicità e allucinazioni sonore.
2) Il disco fu registrato in soli tre giorni, dal 19 al 21 agosto del 1969 anche se nel 1999 venne pubblicata una riedizione in cd dell’album contenente un brano registrato nel gennaio del ’70. Il disco è composto da sei brani che superano i 15 minuti ed erano spalmati su due vinili, in seguito diventati due cd. Ma la magia consiste nella registrazione, avvenuta come se fosse una interminabile jam session, dove i musicisti vennero lasciati liberi di suonare per tre ore al giorno senza mai fermare quel glorioso nastro Ampex che riesce ad incantare ancora oggi.
3) I musicisti che presero parte a questo folle ed epocale progetto, formano una super band stellare, raccogliendo nomi che di li a poco saranno catapultati nel firmamento delle star del jazz. Nomi che fanno venire la pelle d’oca anora oggi, come Chick Corea, Joe Zawinul, John McLaughlin, Dave Holland per una formazione composta da due batterie, due percussioni, due sassofoni, tre pianoforti, due bassi e una chitarra, oltre ovviamente alla tromba di Davis con l’aggiunta delle sperimentazioni sonore create da effetti e magheggi, aggiunte in post produzione da Teo Macero, produttore dell’album.
4) Il titol è un geniale e complesso gioco di parole dalle molteplici interpretazioni di cui non si è mai capito realmente il significato nascosto.
5) Il terzo brano del secondo cd, o il lato b del secondo lp per i palati più raffinati, è uno dei più conosciuti dell’opera di Miles Davis, Miles runs the Voodoo Down. Caratterizzato dalle moderne sonorità hendrixiane che si percepiscono anche dal modo geniale di Davis nel suonare la tromba, ne ricorda proprio il modo, lo stile, quasi traslando la tecnica chitarristica di Hendrix sul suo strumento a fiato.
6) L’album è diviso in due dischi quasi a voler separare e congiungere allo stesso modo due mondi opposti ma legati da un comune filo conduttore. Oscura e tenebrosa la prima parte, con riff ossessivi che dipingono una jungla urbana reinventata attraverso i suoni e le potenti ritmiche, luminosa e più aperta la seconda con sonorità più funky e rock.
7) La magia di Bitches Brewè nascosta anche tra i suoi numeri. Registrato come abbiamo già detto tra il 19 ed il 21 agosto del 1969, proprio quando il 18 si concludeva il Festival di Woodstock mentre il 20 i Beatles si trovavano in studio per la loro ultima sessione di registrazione.
8) Avendo superato le cinquecentomila copie vendute, Bitches Brewè uno dei pochi album jazz ad aver ricevuto il disco d’oro.
9) La copertina del disco è un fantastico esempio di arte pop diviso anch’esso in due parti, fronte e retro e realizzato dall’artista Mati Klarwein, lo stesso che disegnò l’altrettanto celebre copertina di Abraxas di Santana. Tante le tematiche della copertina-quadro, una coppia abbracciata, un fiore che sembra infuocato, un volto bifronte, nero sul fronte e bianco sul retro. La luce contrapposta al buio portando una metafora per ogni simbolo raffigurato, come un incontro di interessi opposti, a rafforzare e descrivere il senso di tutto il disco: fondere cose diverse per ottenere qualcosa di nuovo. Geniale anch’essa.
10) E il decimo motivo? Trovatelo e magari condividetelo con noi!