Mister Felicità: Siani "antidepressivo" al posto di Abatantuono
Il nuovo film da regista di Alessandro è una brillante e graffiante commedia. Che parte da un fatale scambio di persona
I "mister" del titolo in verità sono due: l’uno è quello vero, Guglielmo Gioia (Diego Abatantuono), l’altro è quello falso, Martino De Simone (Alessandro Siani), che per bisogno e casualità lo sostituisce nel mestiere di guaritore da depressioni e malumori.
In sala dal 1° gennaio, Mister Felicità - terzo film da regista di Siani (dopo Il principe abusivo e Si accettano miracoli) con sceneggiatura sua e di Fabio Bonifacci - parte dal gioco classico dello scambio di persona per costruire la sua storia fatta d’intrecci, amori nascenti e affetti ritrovati. Tutto gira, naturalmente, intorno a quei due personaggi: il guru Guglielmo, che col suo cognome onomatopeico e il barbone bianco è diventato ricco e famoso nel mondo a forza di assistere pazienti infelici e in crisi d’identità; e lo spiantato fannullone Martino, che si ritrova a cercar denaro per curare la sorella Caterina (Cristiana Dell’Anna), cui dopo un incidente stradale urge una costosa chirurgia non bastandole le (fin troppo) premurose terapie rieducative d’un fisioterapista (Yari Gugliucci).
Galeotta fu la stella (del pattinaggio)
Congiuntura vuole che Guglielmo parta per lavoro e Martino, chiamato a rimpiazzare la sorella che faceva le pulizie in casa dell’altro, approfitti dell’assenza per sostituirsi a lui, iniziando a occuparsi - incredibilmente con successo, viste le sue maldestre improvvisazioni - di gente malinconica e afflitta. Compresa Arianna (Elena Cucci), famosa étoile del pattinaggio artistico sul ghiaccio che non vuol saperne di tornare a gareggiare dopo una caduta che l’ha umiliata, nonostante le pressioni di una madre tosta e oppressiva come Augusta (Carla Signoris) e di un allenatore beatamente fiducioso interpretato da David Zed (curiosità: era il “robot” della Carrà in Pronto Raffaella? nella Tv anni Ottanta).
Ed è proprio lei, la pattinatrice sconsolata, a rimpastare i destini di tutti, incluso naturalmente il suo, quello di Martino (che non può fare a meno di innamorarsene) e quello di Guglielmo, atteso da un'imprevista scoperta che, forse, non è giusto svelare poiché modifica il corso della storia avviandola a un epilogo beato dopo inevitabili rischi deflagranti.
Il divertimento e l’impertinenza
Alessandro Siani, dietro e davanti alla macchina da presa, si concede ai toni di una commedia sofisticata lieve e brillante, in una fase artistica di crescita e maturazione rispetto alle pur fortunate esperienze precedenti. Riflettendo sulla felicità e sulla relatività dei suoi valori e delle sue espressioni; su quanto siano pallide e approssimative le “maschere” che ciascuno indossa sulla strada del vivere anche da infallibili santoni delle coscienze; sul peso dell’amore e dell’autostima. Lo fa con modi leggeri e sguardo divertito, a tratti perfino impertinente com’è sua abitudine, ma con una certa attenzione ai tracciati interiori dei personaggi e ai loro casi, senza perderli di vista nel corso della vicenda.
Quei camorristi alla berlina
Stilisticamente, si può dire, il film incomincia in un modo e finisce in un altro. Nel senso che parte con modi di commedia tout court tra l’equivoco e, appunto, lo scambio di persona; con l’impatto fra i connotati tradizionali del milanese intraprendente e facoltoso (Guglielmo) e il napoletano povero e pigro (Martino); con ambienti, situazioni, recitazione e ritmi che lasciano presagire sviluppi più intuibili, almeno nei modi narrativi, di quelli che poi in realtà si realizzano nello schema squisitamente sophisticated, con largo spazio non solo ai sentimenti ma anche a quell’osservazione parodistica, caustica e a tratti velenosa come, per esempio, avviene nella rappresentazione di un gruppo di camorristi rozzi e beoti, ben più incisiva di qualsiasi espressione di denuncia.
Protagonisti funzionali
Nel mezzo, da prendersi come pure vacanza, citazioni o divertissement visuali, un paio di incursioni nei generi: dall’horror al lume di candela (suggerito dalla minacciosa madre di Arianna sulla scalinata di casa) al cartoon del pappagallo rompiscatole di Guglielmo che, arrostito nel rogo di un barbecue, si rigenera riprendendo vita e caratteraccio. Un bel paesaggio dolomitico fa da sfondo prevalente alla storia, illustrata con discreto charme da una fotografia (di Paolo Carnera) che dà rilievo a panorami, contrasti, figure; e sostenuta, naturalmente, da una coppia di attori assai funzionale e affiatata, che si manifesta con vivacità e armonia oltre l’efficienza e l’adeguatezza comiche. Alessandro Siani e Diego Abatantuono: volentieri li rivedremo insieme.