I misteri dell'ultimo viaggio di Falcone a Mosca
In un libro-intervista al procuratore della Russia postcomunista, il possibile movente politico-economico per la morte del magistrato: l'oro del Pcus al Pci
Il 23 maggio 1992, nella strage di Capaci, sparirono Giovanni Falcone, sua moglie e tre uomini della scorta. Ma anche l'inchiesta internazionale che il magistrato aveva iniziato a seguire sull'Oro di Mosca: rubli e dollari versati segretamente al Pci per un valore di oltre 989 miliardi di lire tra il 1951 e il 1991.
Nel libro Il viaggio di Falcone a Mosca: chi furono davvero i mandanti della strage di Capaci? (Mondadori, 152 pagine, 20 euro), Francesco Bigazzi e l’allora procuratore generale della Federazione russa Valentin Stepankov ricostruiscono quelle indagini e ipotizzano che gli assassini di Falcone, o meglio, i loro mandanti, vadano ricercati tra coloro che guardavano con terrore all’inchiesta più esplosiva del secolo: Pcus, mafia, l’oro di Mosca e i “partiti fratelli”.
È stato più volte smentito che il magistrato, in quel momento direttore generale degli affari penali del ministero della Giustizia, potesse essere stato incaricato di coordinare le indagini su un colossale riciclaggio dei fondi del Pcus, arrivati segretamente in Italia. Ma Stepankov conferma autorevolmente il fatto.
Del resto, anche Il Corriere della Sera del 27 maggio 1992 riportò la notizia: "Tra la fine di maggio e i primi di giugno Falcone sarebbe dovuto venire a Mosca per coordinare le indagini sul trasferimento all’estero dei soldi del Pcus".
Nel libro, la cui uscita è prevista per martedì 3 novembre, Stepankov racconta a Bigazzi di avere avuto subito la sensazione che dopo Capaci le inchieste avviate sarebbero finite su un binario morto. Venuto a mancare Falcone, del resto, nessuno si curò più di collaborare con la Procura russa.
Il libro ricostruisce anche come, nel corso del tempo, quattro diversi ministri (Claudio Martelli, Giulio Andreotti, Paolo Cirino Pomicino e Renato Altissimo) abbiano dichiarato pubblicamente che Falcone, nel giugno 1992, avrebbe dovuto recarsi in Russia per confermare una cooperazione giudiziaria sul tema, parlandone (e non era la prima volta) con Stepankov.
Tra la metà del 1991 e i primissimi mesi del 1992, sostengono tre di quei quattro ministri, Falcone aveva ricevuto direttamente da Cossiga l’incarico di seguire l'inchiesta dal versante italiano.