Dior e l'aura dell'haute couture
Maria Grazia Chiuri interpreta il vestire come simbolo di un potere che trascende i corpi, tra citazioni d'archivio e allure moderno.
Tessere è umano, quello che si crea è arte.
Prendendo in prestito le parole di Patrizia Cavalli per Isabella Ducrot, l’artista scelta quest’anno per vestire le pareti della sala lungo la quale si svolge il rito della presentazione della collezione haute couture firmata Dior, Maria Grazia Chiuri interpreta il vestire come simbolo di un potere che trascende i corpi.
Ventitré abiti smisurati, alti circa cinque metri, applicati su una griglia disegnata da righe nere irregolari che rimandano alla trama e all’ordito - memoria degli abiti dei sultani ottomani visti da Ducrot a Istanbul - fanno da sfondo alle proposte haute couture della maison francese. Una collezione che, attraverso la presenza materica, cromatica, costruttiva degli elementi che scolpiscono le silhouette, ci ricorda la dimensione auratica della couture: esperienza potente, non solo contemplativa ma anche performativa. Espressione dello spirito trasformativo dell’immaginazione.
Costruzioni scultoree, tessuto moiré - un appretto applicato che nella sua consistenza rimanda al sacro - e una palette di colori che esalta la cangianza materica, passando dall’oro al bianco, dal grigio al vinaccia, si declinano in abiti che ripercorrono le linee geometriche de La Cigale (haute couture autunno inverno 1952). Coat dai colli importanti, ma anche gonne ampie che si permettono faldoni esagerati, sovrapposizioni, pantaloni, giacche.
La modellistica prende elementi di abiti Dior d’archivio per ricostruire silhouette contemporanee che moltiplicano l’esprit degli originali.
Alcuni abiti fatti di velluto nero esaltano l’allure di chi li indossa, muovendosi fluidi nell’incedere, mentre una sontuosa cappa di piume si appoggia su un abito organza double ricamato. I ricami sono come frammenti consumati di poesie ritrovate in cui l’immaginazione si perde, che ogni tanto esplodono nella varietà colorata della natura, nel Millefiori che occupa tutto lo spazio di un abito moiré giallo. Oppure sono ciocche dai lunghi fili che ondeggiano nel ritmo dei passi.
Fragile confine tra l’arte e la vita, haute couture secondo Maria Grazia Chiuri rappresenta quello che la moda dovrebbe sempre essere: rapimento contemplativo.