Il meglio della Haute Couture di Parigi in cinque sfilate
Si è conclusa la settimana dedicata all’haute couture. Espressione della moda che più si avvicina al l’idea canonica di arte, l’alta moda racchiude tutte le creazioni più sofisticate degli atelier.
Interamente realizzata a mano da artigiani altamente qualificati, l’haute couture opera a un ritmo più lento - quello che negli ultimi anni si chiede sempre più spesso alla moda succube del fast fashion - completamente libera da vincoli commerciali. Creatività allo stato puro, che offre ai creativi l’opportunità di presentare idee fuori dal comune e abiti creati con tecniche avanguardiste in presentazioni teatrali che passeranno alla storia. È quello che John Galliano ha sempre descritto come il "parfum" di una casa di moda, la sua forma più pura, piuttosto che un'eau de toilette diluito.
E durante questa settimana, nessun creativo ha dato sfoggio della sua creatività (e del potere dell’artigianalità) come Daniel Roseberry per Schiaparelli. Lo stilista, cui si deve il merito di aver riportato in vita lo spirito dell’eclettica Elsa, si è ispirato alla Commedia dantesca dando vita a una serie di capi capaci di alternare la stravaganza al quotidiano.
«Ciò che mi ha attratto nell'Inferno non è stata solo la teatralità della creazione di Dante: è stata la metafora perfetta che ha fornito per il tormento che ogni artista o persona creativa sperimenta quando ci sediamo davanti allo schermo o al blocco degli schizzi o al manichino, quando abbiamo quel momento in cui siamo scossi da ciò che non sappiamo» ha scritto Roseberry nelle note della sfilata, definendo la collezione haute couture della primavera 2023 il suo «omaggio al dubbio».
Ma a far parlare il pubblico - e la critica - sono stati specialmente il trio di look ispirati agli animali. Il Gattopardo (su Shalom Harlow, che rappresenta la lussuria), il Leone (su Irina Shayk, che rappresenta l'orgoglio) e la Lupa (Naomi Campbell, che rappresenta l'avarizia) sono diventati bersaglio degli animalisti che hanno parlato di «un’ode alla caccia» dove gli animali vengono usati come trofei.
Un tributo ai favolosi anni Venti, quello di Maria Grazia Chiuri per Dior. E in particolare alla figura di Joséphine Baker, la cantante e ballerina afroamericana che nel 1925 decise di lasciare gli Stati Uniti per una Parigi multi-creativa.
Iconica, glamour e impegnata, Joséphine incarna la modernità di quegli anni, la mescolanza di culture ed esperienze condivise che animavano in particolare il vibrante mondo del cabaret, da New York alla Ville Lumière. Ma non solo. La Baker è infatti anche simbolo di quell’attivismo sociale che la Chiuri ha più volte rimarcato nelle sue collezioni. Nella seconda guerra mondiale si è unita alla Resistenza francese e nel 2021 è stata finalmente onorata come uno dei grandi della nazione francese quando il suo nome è stato inciso durante una solenne cerimonia al Pantheon di Parigi.
Ancora una volta facendo luce sulle donne pioniere e creatrici di gusto nel corso della storia, Maria Grazia Chiuri ha dato vita a una collezione che esplora l’essenza stessa della femminilità. Pezzi delicati, emblematici dell'eccezionale savoir-faire come gli abiti luccicanti con perline in stile Art Decò, ma anche i look da camera, i pantaloni argentati e la lingerie strutturata, da indossare con cappotti vestaglia in velluto. Anche la corsetteria sfiora il corpo, invece che comprimerlo, in un elogio alla semplicità.
«Questa stagione ho voluto concentrarmi sulle tecniche e sull'artigianato della couture, con la leggerezza, la fluidità e l'atteggiamento di oggi. È una celebrazione degli atelier e degli artigiani che realizzano questi capi, dell'intenso lavoro e dell'impegno emotivo per ogni pezzo che esiste sia per chi lo realizza sia per chi lo indossa, e di come le tradizioni intime della couture siano vive e respirino».
Kim Jones ci porta nel cuore dell’haute couture, un mondo interiore che si volge per la prima volta all’esterno - sia in senso figurato che letterale - dove la biancheria intima diventa abito da sera. Trasparenze e tecniche del passato vanno a comporre il presente e si muovono sottilmente verso il futuro in un costante dialogo col corpo femminile, assoluto protagonista.
Le tradizioni della couture sono rese umane e accessibili, leggere con un senso di luminosità, lucidità e facilità per chi le indossa. Rifuggendo dal "costume" e abbracciando un sentimento più morbido, più cedevole, di agenzia per la donna nell'abbigliamento, si cerca e si esprime una mutevolezza. I drappeggi e le legature sul corpo, l'esplorazione del pizzo e la sua collocazione, i motivi di arricciatura a mano, insieme all'elevazione di una maglia eccezionale, danno un senso di scultoreo e organico e allo stesso tempo mostrano una "sprezzatura" virtuosa.
L’impossibilità dell’Haute Couture - un’espansione dell’immaginazione, uno spazio al di là della ragione. Parte da qui Pier Paolo Piccioli per immaginare un rendez-vous impossibile, tra l’universo della Couture e quello del club.
I loro valori comuni: gesti reciproci di stravaganza, la concezione degli abiti come strumenti di trasformazione, la costruzione di un vero sé, un vocabolario dicotomico ma al tempo stesso duale di esibizione e rivelazione, performance attraverso la vita. E, soprattutto, una pluralità di bellezza, bellezza come individualità, espressione eroica della verità interiore resa esteriore. La modellazione di un sogno - l’opportunità di diventare.
Benvenuti a «Le Club Couture» dove i volant inventano nuove architetture intorno ai corpi, i pois e le righe sono reinterpretati attraverso il taglio, dando vita a nuove dimensioni. I tropi couture sono messi in discussione attraverso la loro celebrazione, ricami e drappeggi a mano, piume rosa pallido annodate con fiocchi di raso nero.
Il tutto con una rinnovata attenzione all’ambiente in un approccio di economica circolare che sublima la creatività, impiegandola più di una volta. Grazie alla collaborazione con La Réserve des arts, ente no profit francese fondato nel 2008, Maison Valentino ha infatti dato il compito di recuperare parte del set-up dello show del 25 gennaio – nello specifico: il tappeto di 475mq della passerella, i tendaggi e i materiali tessili - che saranno proposti in due dei tre punti vendita francesi (La Boutique a Parigi, e L’Entrepôt a Pantin - Île-de-France) in seguito a un’attività di ricondizionamento.
Massima espressione dell’alta moda, l’haute joaillerie è stata a sua volta protagonista di queste giornate parigine.
Caroline Scheufele, co-presidente e direttrice artistica di Chopard, ha illuminato la Ville Lumiere con nuove gemme d’eccezione. A cinque anni dalla presentazione della collezione «Garden of Kalahari», totalmente progettata attorno a un diamante grezzo da 342 carati, ecco che ad aprire le danze arrivano una coppia di zaffiri gialli di Ceylon (rispettivamente 151,19 e 127,70 carati), presentati in un raffinato taglio ovale. Due luminosi astri solari che andranno a impreziosire un anello dal design audace.
Segue uno zaffiro da 26,70 carati di colore Royal Blue (la tonalità più ricercata) e un rubino di colore rosso saturo di ben 10,06 carati. Le meraviglie proseguono con due serie di diamanti colorati: tre diamanti rosa e tre verdi che saranno destinati a un delicato paio di orecchini e un anello «Toi et Moi».
Infine, Chopard celebra la purezza cristallina della tormalina blu attraverso un lotto di tre pietre, due delle quali di oltre 7 carati, che andranno a formare un paio di orecchini.
Oltre a queste pietre preziose il cui destino è ancora tutto da scrivere, Chopard presenta al pubblico parigino alcuni gioielli recentemente realizzati dai suoi laboratori di Haute Joaillerie. Tra questi, un girocollo di diamanti bianchi dal quale pende uno straordinario astro solare, un diamante fancy intense yellow di oltre 100 carati, di una bellezza da togliere il fiato.
Prende invece il nome di Hortus Deliciarum — dal latino «Giardino delle Delizie» — l’ultima collezione di alta gioielleria firmata Gucci. Le nuove creazioni includono collane, bracciali, orecchini e anelli multi-dita suddivisi in diversi temi, dove la natura e il mondo animale sono protagonisti.
Pietre multicolore, ispirate all’idea della bellezza rifratta dai prismi, e diamanti fluttuanti, ispirati alla bellezza delle stelle cadenti e dei rivoli scintillanti delle cascate, compongono due dei pezzi più importanti della selezione: un anello multi-dita frutto di una lavorazione di 100 ore realizzato in oro giallo con al centro una splendida tormalina verde da 38,8 carati circondata da diamanti, e una sfavillante collana in oro bianco frutto di 300 ore di lavorazione.
Infine, è Francesca Amfitheatrof, direttrice artistica delle collezioni gioielli e orologi Louis Vuitton, a presentare il secondo capitolo di «Spirit», l’alta gioielleria della Maison, composto da 10 nuovi pezzi unici, pieni di energia grafica e dei codici iconici del casa parigina. «Credo che nessun’altra cosa al mondo abbia il potere di esprimere lo spirito di una persona quanto i gioielli» ha dichiarato la Amfitheatrof.
Ci sono voluti tre anni per reperire i 34 rubini che compongono la collana «Destiny», un’ode alla pietra, presentata nella sua più splendente e perfetta sfumatura di rosso. Sono invece 195 i diamanti che compongono il collier «Liberty», realizzato in oltre 1.300 ore di lavoro, sormontati da un raro smeraldo non trattato da 4,84 carati e da un diamante Floral Cut, ispirato all’iconico motivo Monogram da 2,02 carati.