Moda

Ribelli con stile

Gli studenti dell'Accademia della Moda IUAD portano in scena la loro idea di «antifashion», movimento culturale reso celebre da personaggi come Vivienne Westwood e Gabrielle Chanel

Sono «ribelli con stile» gli studenti dell’Accademia della Moda IUAD. È stato presentato lo scorso giugno l’evento «Tra Arte e Moda 2023» in collaborazione esclusiva con Archivi di Ricerca Mazzini, organizzato con la direzione artistica, curatela e allestimento a cura di Pasquale Esposito e Francesco Maffei.

Per una settimana, negli spazi del Complesso Monumentale Donnaregina è stato possibile ammirare 28 abiti esclusivi realizzati dagli studenti, accompagnati da 18 abiti prestati dall’Archivio di Ricerca Mazzini, tra cui si annoverano look iconici provenienti dalle collezioni più acclamate di Vivienne Westwood, Rei Kawakubo, Yohji Yamamoto, Martin Margiela, Miuccia Prada.

Antifashion: Ribelli con stile - questo il titolo della mostra - è un progetto che vede come protagonisti gli studenti del workshop «Trend Research & Fashion Curating», i quali hanno avuto l’occasione unica di esplorare gli oltre 400.000 pezzi, tra capi e accessori, contenuti negli Archivi di Ricerca Mazzini. Un heritage inestimabile, divenuto alcova dei guru del mondo della moda e regolarmente visitato da studiosi e creativi di tutto il globo.

Ognuno degli studenti ha dato vita al suo abito seguendone l’intero processo produttivo, dal disegno al cartamodello, dal taglio all’assemblaggio, dalla cucitura allo styling.

Durante l’inaugurazione, Michele Lettieri, presidente IUAD ha spiegato l’idea dietro la mostra: «Il concetto di “antifashion” è nato poiché, nell’epoca in cui viviamo, a mio avviso ci starebbe proprio bene come movimento di ispirazione culturale. La mostra vuole essere uno smarcare da una moda che può sembrare futile».

Quando si parla di «antifashion» ci si riferisce a quei capi e collezioni che si presentano volutamente contrari alla tendenza dominante. Se la moda, vista come strumento di comunicazione non verbale, mira a rappresentare la personalità, il carattere morale, lo status sociale o la desiderabilità (The Language of Dress, Robert e Jeanette Lauer), l’antimoda appare a sua volta utile a mandare un messaggio chiaro e denso di significato.

Storicamente possiamo citare due principali esempi di approccio «antifashion»: Gabrielle Chanel, secondo il biografo Edmonde Charles-Roux, sarebbe riuscita a fare per l’abbigliamento femminile quello che gli aristocratici e i dandy inglesi avevano fatto 100 anni prima per gli uomini adattando l'abbigliamento sportivo - anche definito «povero» - alla vita quotidiana e capitalizzando sulla «femminilizzazione della moda maschile». Allo stesso modo, il punk degli anni Ottanta, guidato da Vivienne Westwood ha contribuito a ridisegnare l’idea di stile in quegli anni, rendendo la moda veicolo di un messaggio politico forte.

La subcultura hippy, LGBTQ+ e femminista sono altrettanto attratte dal concetto di «antifashion» e negli anni hanno trovato in diverse personalità un’espressione fedele dei propri valori intrinsechi. Tra i nomi che vengono spesso identificati come «pionieri dell’antifashion» troviamo: Donna Karan, Marc Jacobs, Issey Miyake, Yohji Yamamoto, Ann Demeulemeester, Raf Simons, Martin Margiela, Miuccia Prada, Helmut Lang e Rei Kawakubo.


Gabriella Scalabrini – Furor

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