La moda «afropolitan chic» di Joy Meribe
«Afropolitan chic». Joy Ijeoma Meribe ha scelto queste due parole per descriversi. La stilista, di origine nigeriana ma residente in Italia da 18 anni, anche grazie al suo background culturale unico è riuscita a dare vita a un brand dall’animo contemporaneo e capace, mantenendo sempre la sua eleganza, di far convergere la cultura africana con quella occidentale. Ne deriva un risultato incredibilmente accattivante che l’ha portata ad aprire, lo scorso settembre, la Settimana della Moda milanese con una sfilata fatta di sete e tessuti brillanti.
Dopo la sfilata, ancora emozionata Joy Meribe aveva dichiarato: «Ancora non riesco a crederci. Mi sento come se fossi in un sogno». La donna è infatti la prima stilista afro-discendente ad aprire una delle quattro principali Fashion Week.
Il suo percorso creativo con il brand che prende il suo nome inizia nel 2017 e la sua forte personalità ci mette ben poco a emergere in un mix equilibrato di influenze stilistiche e culturali, «una fusione di stili che ripercorre le tappe della mia vita» come ha dichiarato la stessa Meribe.
In pochi anni, il marchio Joy Meribe è riuscito a farsi spazio e a emergere in un contesto complesso e difficile come quello della moda, fino ad arrivare alla Settimana della Moda di Milano, dove la creativa è presente anche quest’anno in calendario con un evento di presentazione esclusivo.
(Photo by John Phillips/Getty Images)
Le collezioni firmate da Joy Meribe sono interamente prodotte in Italia e costantemente aggiornate con nuovi capi e accessori, pronti a completare gli outfit nel pieno rispetto della filosofia del marchio, basato sulla cura per i dettagli, la raffinatezza e una produzione etica. «Direi che l'inclusione, la diversità e la sostenibilità sono le questioni più urgenti nell'industria della moda in questo momento ed è per questo che mi sto muovendo per lavorare solo con materiali sostenibili e impiegare solo processi produttivi etici» ha dichiarato la stilista.
Il brand è distribuito da Studio 360 e il progetto è curato da Valentina Cavalera, che riveste il ruolo di responsabile commerciale del brand.
La storia di Meribe è una di quelle storie che meritano di essere raccontate. In un’intervista, la creativa ha infatti spiegato come la moda - in Nigeria, il suo paese d’origine - fosse considerata un lavoro per piccoli artigiani. «Non ho avuto il coraggio di raccontare la mia passione ai miei genitori» ha confessato la donna.
Trasferitasi a Milano per amore all’età di 26 anni, Joy ha raccontato di aver studiato da autodidatta la lingua italiana, finendo per stupire il suo insegnante una volta superato il test per accedere alla terza media. È però solo nel 2016 che la donna si iscrive a una scuola professionale di moda - «Mi hanno dato della pazza perché avevo 40 anni e due figlie» - sancendo così il suo destino.
«Ho studiato tanto a scuola, ma il doppio del lavoro lo facevo a casa, guardando tutorial su YouTube. Sapevo disegnare, creare un modello, ma mancava qualcosa. Ho iniziato a lavorare da una sarta di alto livello a Zibello, nel parmense. Lei realizza campioni per grandi marchi d’alta moda. Mi ha aiutato tantissimo e continua a farlo» ha raccontato Joy Meribe. «Ho speso tanti soldi per mantenere viva la mia attività in proprio, più di quelli che ho guadagnato. Ho fatto la donna delle pulizie per pagare i conti del commercialista».
Gli stilisti scelti per il progetto «The Fab Five» (Photo by MIGUEL MEDINA/AFP via Getty Images)
Poi è arrivata la Camera Nazionale della Moda Italiana. Nel tentativo di rispondere alla domanda «Do Black Lives Matter in Italian Fashion?», il CNMI ha infatti dato vita a un nuovo progetto in collaborazione con We Are Made in Italy (WAMI) dal titolo «The Fab Five Bridge Builders», con la curatela di Stella Jean, Edward Buchanan, Michelle Francine Ngonmo (Presidente dell'Associazione Afro Fashion di cui Meribe è membro fin dalla sua nascita, 6 anni fa), per dare visibilità e supporto a cinque talenti Biopoc; Joy Meribe era tra questi.
Del suo approccio alla moda, la creativa ha dichiarato: «All’inizio della mia carriera ho cercato di mantenere i miei disegni semplici e “sdrammatizzare” la mia parte nigeriana, ma oggi ho capito che è questo mix a distinguermi dalla moda occidentale mainstream. Sono fortunata ad avere questi diversi background che ispirano la mia creatività».