mostra fotografica vincent peters
(Vincent Peters)
Personaggi

Gli scatti di Vincent Peters in mostra a Palazzo Bonaparte

Il fotografo, oggi 54 anni, si racconta a Panorama: «I ritratti in bianco e nero mostrano un lato della persona che non avremmo mai scoperto in altro modo».

Dopo il successo a Palazzo Reale di Milano e a Palazzo Albergati di Bologna, arriva a Palazzo Bonaparte di Roma Timeless Time.

Un viaggio tra gli scatti iconici e senza tempo del fotografo Vincent Peters che, fino al 25 agosto 2024, presenta una selezione di lavori in bianco e nero in cui la luce è protagonista nel definire le emozioni e raccontare le storie dei soggetti ritratti e della loro intima capacità di riflettere la bellezza. Scatti realizzati tra il 2001 e il 2021 da Vincent Peters che, usando un’illuminazione impeccabile, eleva i suoi soggetti a una posizione che spesso trascende il loro status di celebrità.

A Roma viene presentato un racconto visuale personalissimo che ben spiega l’anima di chi, quelle foto, le ha scattate. Vincent Peters e la curatrice Maria Vittoria Baravelli propongono un dialogo costante e serrato in cui le fotografie si interrogano vicendevolmente.

Il fotografo si raccontava così a Panorama.it lo scorso anno.

Vincent Peters

Timeless Time è il titolo della sua nuova mostra a Palazzo Reale. Cosa rende i suoi scatti senza tempo?

Ci sono cose che facciamo con il nostro tempo e cose che il nostro tempo fa con noi. Facciamo di tutto per economizzare e controllare il tempo, accorciarlo e renderlo più disponibile. Controllare il tempo in modo efficiente è l'ambizione principale del nostro tempo.

Ma allo stesso tempo siamo più attratti dalle cose più grandi di noi, che sono senza tempo e che non possiamo controllare o influenzare. È questo che proviamo soprattutto in presenza della bellezza: la natura, un tramonto, l'arte rinascimentale. C'è un tempo dentro il tempo, che è senza tempo, il tempo che non cambia, ed è lì che ci sentiamo in presenza della vera bellezza. Se è senza tempo, è più grande di noi. Il titolo era più che altro una definizione di bellezza. Non sono sicuro che le mie immagini riescano a raggiungere questo obiettivo.

Come si è avvicinato alla fotografia?

Come un viaggio alla scoperta di se stessi. Quello di produzione di una fotografia è un processo continuo. Quando la si guarda si deve prendere in considerazione se è in grado di esprimere qualcosa o chiarire qualcosa che non si sapeva prima. E questo porta a una nuova fotografia. Un processo costante di auto-rivelazione. Una testimonianza del tentativo di comprendere la propria immaginazione.

Si cerca di rendere una parte di sé in una fotografia e di renderla emotivamente disponibile per gli altri. Anche oggi la fotografia, ogni singola fotografia, è molto importante per me. Ogni immagine ha un valore, anche quando si tratta di un semplice incarico. Cerco sempre di trovare qualcosa che possa migliorarla.

Da dove nasce la decisione stilistica di scattare solo in bianco e nero e in analogico?

In genere per me la domanda sarebbe il contrario: visto che ho iniziato così, perché dovrei passare al digitale? Cambierebbe il risultato?

Il processo di non vedere immediatamente l'immagine e di lasciare il tempo per il processo è per me una parte dolorosa ma importante del fotografare. Devo lasciarmi andare.

Il bianco e nero è il linguaggio che la fotografia ha portato in questo mondo, ha la capacità di suscitare in noi un'emozione particolare ed è un'esclusiva della fotografia selezionare il mondo in luci e ombre. Scattando una foto in bianco e nero catturo qualcosa che l'occhio non può vedere, questo ha una bellezza particolare per me, rivelare qualcosa di diverso.

I ritratti in bianco e nero mostrano un lato della persona che non avremmo mai scoperto in altro modo.

C'è una fotografia a cui è particolarmente legato?

Tutte le foto hanno una loro storia, quindi sarebbe come rispondere a quale sia stato il mese preferito della tua vita, a quale sia stata la persona con cui hai parlato di più... Tutte ci hanno portato qualcosa che è diventato parte di ciò che siamo oggi.

Come si sente ripensando agli scatti del passato? Come è cambiato?

La mostra è probabilmente la parte più difficile, in quanto si tratta di ripercorrere la propria vita. Ma in presenza del pubblico. Momenti molto intimi. Immaginate di ripercorrere la vostra biografia e di pensare a tutto ciò che avete fatto di buono e di sbagliato...

La fotografia è stata un buon matrimonio per me e, come ogni matrimonio, ha attraversato momenti di alienazione e momenti in cui ci si è riavvicinati.

Questa mostra rappresenta in realtà il bisogno di tornare nel luogo che mi ha fatto innamorare della fotografia, come riportare tua moglie o tuo marito nel luogo in cui vi siete incontrati per la prima volta e dove sentivi che c'era qualcosa che potevi avere solo con questa persona. Tornare in quel luogo in cui hai sentito che c'era qualcosa dentro di te che, se avessi potuto fotografare, ti avrebbe fatto capire cose di te stesso e delle persone intorno a te.

Vincent Cassel III, Parigi, 2008

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Mariella Baroli