Voglia di giocare
Racchette, felpe traspiranti, boomerang e orologi subacquei: c'è bisogno di vita all'aria aperta, di leggerezza, di un'oasi ludica tutta per sé.
Dopo un anno di cupezza e forme inedite di straniamento domestico, bisognerebbe leggere o riscoprire un piccolo classico del filosofo tedesco Eugen Fink dal titolo Oasi del gioco (Raffaello Cortina editore, pp. 94,10 euro).
In questo saggio del 1957, Fink scrive: «Il gioco non ragiona e non è povero di pensiero o privo di pensiero» e conclude il discorso soffermandosi sul concetto di oasi, ovvero di spazio o momento ludico quale luogo privilegiato del divertimento, una parentesi qualitativa che ciascuno deve ricreare per sé e per gli altri. Nonostante la lucidità non sia un tema frequentato dalla filosofia, Fink la analizza con serietà sistemica per arrivare ad affermare che: «Il gioco è in grado di infondere alla vita uno stile diverso perché non è direzionato verso uno scopo finale, anzi si contrappone alla tensione verso il futuro che tormenta la nostra vita. È un arresto, una pausa, un battere il tempo, in un'oasi del deserto delle nostre inquietudini».
Su un piano diverso e con un linguaggio meno complesso, anche Coco Chanel credeva nel potere liberatorio del gioco, non a caso è stata tra i primi creatori di moda a ideare un abbiglia- mento per lo sport che potesse liberare il corpo e rendere più confortevoli i movimenti. Soprattutto quelli delle donne.
Voglia di giocare con stile, molto stile: è l'input di queste pagine. Siamo lontani dall'idea di performance da record e più vicini al piacere di regalarsi capi di abbigliamento e oggetti di design capaci di migliorare qualitativamente la nostra vita.