Il ritorno della Cartoon Couture
I brand di moda si ispirano a cartoni animati e anime per creare nuove commistioni che trascendono la realtà con ironia
«Mi piace il fatto che ci sia una memoria che crea connessioni, e che sia una specie di ponte tra qualcosa di totalmente nuovo e qualcosa di familiare». Era il 2015 e Jeremy Scott, al tempo alla direzione creativa di Moschino, parlava della sua collezione dedicata alle Superchicche, la serie di animazione americana trasmessa tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila su Cartoon Network.
È il 2016 e per la prima volta sentiamo parlare di «cartoon couture», ovvero la commistione tra cartoni animati e moda. Una tendenza che molti ritengono legata ai giorni nostri, ma che parte dagli anime - i cartoni animati giapponesi - che con le loro trame fantastiche e le sue immagini creative sono stati di ispirazione a stilisti di fama internazionale.
Le interconnessioni tra moda e anime esistono da tempo e prendono vita prima di tutto attraverso il fenomeno culturale del cosplay, in cui si è soliti indossare costumi che rappresentino un personaggio riconoscibile della cultura pop. Ma non finisce qui. Alcune serie di animazioni hanno avuto una forte influenza sul modo di vestire dei giovani. Vieni quasi spontaneo citare Nana (2005) con le sue influenze punk-goth. La creatrice, Ai Yazawa, sicuramente influenzata dalla cultura giapponese degli anni Novanta, ha vestito la sua protagonista - Nana Osaki - in abiti che rispecchiavano le passerelle di Vivienne Westood, tra bustier, calze strappate e donne in tartan.
Allo stesso modo, il film di animazione Akira (1988) può essere definito una delle maggiori influenze nello street style contemporaneo, offrendo - con la sua tuta rosso fiammante - ispirazione per marchi come Supreme e Comme des Garçons.
Un manga altrettanto influente, in Oriente come in Occidente, è Pretty Guardian Sailor Moon (1992). Più volte la sua creatrice, la fumettista Naoko Takeuchi, ha fatto riferimento alla couture di quegli anni nel dare vita alle sue «combattenti che vestono alla marinara», dal completo di Sailor Saturn, ispirato alla collezione autunno/inverno 1992 di Mugler, all’iconico abito della principessa Serenity, ispirato dal Dior di Gianfranco Ferrè.
Anche oggi, a 30 anni dalla nascita del cartone, Jimmy Choo ha ideato una capsule collection in collaborazione con Takuchi, dedicando una serie di scarpe e borse alle cinque «paladine» e alle loro personalità.
Sandra Choi, direttore creativo del brand, ha dichiarato in merito al progetto: «Pretty Guardian Sailor Moon è un fenomeno globale unico, che risuona in più culture e lingue, che parla a diverse generazioni e che ci unisce come comunità. È questo che mi ha attirato in questo progetto. Poter lavorare a stretto contatto con Takeuchi-san è stato di grande ispirazione».
«Questa collaborazione sottolinea i nostri valori comuni, non solo l'emancipazione femminile, ma anche la capacità della moda di ispirare l'inclusione e l'individualità attraverso la personalità e la fiducia in se stessi» ha proseguito la stilista. «Il concetto di trasformazione attraverso la moda è centrale per Naoko Takeuchi, e gli abiti giocano un ruolo fondamentale nell'identità delle sue supereroine, in particolare le loro scarpe, il trasformatore più potente che si possa indossare».
Si è conclusa invece lo scorso febbraio la collaborazione tra Loewe e lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki.
«Creare fantasie per creare realtà alternative, contemplando il mondo in modo diverso» questo il messaggio lanciato dallo stilista Jonathan Anderson che, per l’ultimo capitolo di questa impresa di successo ha deciso di ispirarsi al suo film preferito del maestro giapponese: Il castello errante di Howl (2004).
«Coniugando animazione digitale e disegno, Il castello errante di Howl è tecnicamente innovativo poiché esemplifica il ruolo dell’artigianato in quanto anello di congiunzione tra il vecchio e il nuovo, un approccio creativo che Loewe è orgogliosa di trasmettere» ha raccontato Anderson.
«In questa collezione abbiamo stimolato la creatività con capi audaci ed elaborati, pensati letteralmente per dar vita alla trama del film. I modelli chiave incarnano i celebri personaggi e i ricchi scenari, consentendo a chi li indossa di immergersi profondamente nel film e rifugiarsi nei suoi preziosi orizzonti. Si tratta di una sorta di realtà virtuale artigianale sotto forma di abito».
Il desiderio di leggerezza e divertimento sembra poi aver trovato espressione attraverso un paio di stivali rossi. I «Big Red Boot» di MSCHF - ispirati al manga giapponese Astro Boy - hanno animato pubblico e critica sin dal momento del loro lancio, ponendo l’accento sull’ossessione della moda per i cartoni animati.
«Il fumetto è un'astrazione che ci libera dai vincoli della realtà» si legge sul sito di MSCHF dove gli stivali sono andati sold out in pochi minuti.
«Le forme astratte trasmettono la loro idea centrale con un’immediatezza che una forma completamente realizzata non può avere» proseguono i creatori. «Quando metà delle sneakers che vediamo sui social media sono rendering. Ci aspettiamo una base di irrealtà».
L’ultimo capitolo della cartoon couture arriva però da Giuliano Calza e il suo GCDS. Per la primavera/estate 2023, lo stilista si è lasciato ispirare dal giallo brillante di SpongeBob, che finisce - insieme all’amico Patrick - per far capolino su abiti, t-shirt e accessori.
«Siamo molto contenti che il direttore creativo Giuliano Calza abbia scelto Spongebob come protagonista di questa collezione estiva firmata GCDS. È sempre un grande orgoglio per noi di Paramount poter portare SpongeBob, e la sua inconfondibile ironia, in ambiti diversi e rientrare in un settore così importante come quello della moda» ha dichiarato Simone Fenu, Senior Director Licensing Italia, Grecia, Malta per Paramount.
«L’importanza, nel cercare di farsi prendere sul serio, è mantenere una buona dose di ironia» ha poi aggiunto lo stilista. E la sua collezione è già virale.