Francesco Baracca, l'ultimo volo 100 anni fa - Storia e foto
Il 19 giugno 1918 l'asso italiano venne abbattuto sul Montello, nei pressi di Treviso. La storia, il mito, le teorie sulla morte dell'ultimo cavaliere dell'aria
Un secolo fa cadeva sulle alture del Montello il Maggiore Francesco Baracca, asso degli assi della Caccia italiana della Grande Guerra. Dai resti bruciati del suo biplano scaturirà un mito intramontabile
Cielo del Montello: ore 19 circa del 19 giugno 1918
Non sapremo mai se negli ultimi istanti prima di precipitare al suolo, l'asso dell'Aviazione italiana Francesco Baracca abbia rivisto passare davanti a sé i flash della sua "bella vita" quando, giovane ufficiale di Cavalleria, conobbe i fasti e le speranze "radiose e progressive" della belle époque, gustata dai tavoli dei più esclusivi e mondani circoli di Roma e Parigi. E neppure sapremo se gli tornarono alla memoria per un attimo i visi nobili delle tante ragazze dell'alta società che l'ultimo cavaliere dell'aria aveva sedotto con il suo fascino.
Quella sera di metà giugno il Maggiore Baracca precipitò tra fiamme e spruzzi di olio usciti come tetre fontane dal motore dello Spad S.VII con il Cavallino Rampante dipinto sulla fusoliera. Sappiamo invece cosa accadde una manciata di istanti dopo quando il biplano dell'asso si disintegrò sul pendio roccioso e coperto di arbusti del rilievo nei pressi dell'Abbazia di Nervesa, dove quel giorno infuriava la seconda battaglia del Piave.
Quando lo SPAD S.VII s.2445 terminò la sua ultima corsa, il pilota romagnolo aveva all'attivo 34 vittorie aeree, la maggior parte delle quali conseguite nel più celebre dei reparti di volo del Servizio Aeronautico italiano, la Squadriglia 91, meglio nota come "Squadriglia degli Assi".
Francesco Baracca era nato a Lugo di Romagna il 9 maggio 1888 da una famiglia blasonata di proprietari terrieri. Brillante studente, conseguì la maturità classica presso il prestigioso liceo "Dante" di Firenze. Come molti rampolli dell'alta società si arruolò nell'esercito nell'Arma di Cavalleria nel 1909, dove sarà assegnato al Reggimento "Piemonte Cavalleria". Gli eventi della Guerra di Libia impressionarono il giovane Tenente Baracca, soprattutto per il fascino che il primo impiego bellico degli aeroplani esercitò sul suo spirito incline all'azione.
Da queste premesse maturò in lui la scelta di diventare pilota. Per l'addestramento al volo Baracca fu inviato dapprima a Reims presso la Scuola di Volo di Hanriot dell'Esercito francese. Terminato il periodo di addestramento intervallato da serate all'insegna della mondanità parigina, Francesco Baracca rientrò in Italia abilitato al volo. Il giovane pilota volle mostrare a tutti i suoi concittadini il traguardo raggiunto e il 27 settembre 1912 volò sopra l'abitato della sua Lugo ai comandi di un monoplano Nieuport. Con queste immagini del Cavaliere Baracca che guida il progresso stringendo le briglie dell'aeroplano, si chiude la belle époque, ben presto sfumata nelle ombre della guerra.
Udine Campoformido. Il fronte dell'Isonzo
Dopo l'addestramento sui caccia Nieuport 10, allo scoppio della Grande Guerra Baracca è inviato al fronte con l'8a Squadriglia (2°Gruppo) basata a Udine-Campoformido. Dopo i primi voli di ricognizione nell'agosto del 1915 passerà sul più evoluto Nieuport Ni11 "Bèbè" con il quale otterrà la sua prima vittoria aerea nel cielo di Medeuzza (Udine) la mattina del 7 aprile 1916 qundo ebbe ragione sull'Hansa Brandenburg 61-57 che successivamente sarà rimesso in condizioni di volo e pilotato dallo stesso Baracca. Poco dopo, il 16 maggio, l'asso italiano abbattè un Lohner austriaco della Flik 12. Il 17 febbraio 1917 il Re Vittorio Emanuele III dal suo quartier generale di Udine assisterà con i propri occhi all'abilità di Baracca quando ebbe ragione di un C.1 austriaco nel cielo di Ozzano.
La Squadriglia degli Assi
Il 1 maggio 1917 Baracca passerà alla celeberrima 91a Squadriglia, unendosi ai migliori piloti da caccia italiani: Fulco Ruffo di Calabria, Pier Ruggero Piccio, Ferruccio Ranza e altri, assieme ai quali passerà sul nuovo e più performante SPAD S.VII (con dispositivo di sincronizzazione della mitragliatrice attraverso il disco dell'elica). Il reparto era acquartierato a Santa Caterina, nei pressi di Pasian di prato (Udine) e comandato dal Capitano Guido Tacchini. Le vittorie dell'asso, nel frattempo divenuto comandante della Squadriglia ed insignito della Medaglia d'Oro al Valor Militare, continuarono per tutto l'anno 1917. Alla vigilia della disfatta di Caporetto erano già 19, record ineguagliato per l'Aviazione tricolore. La ritirata causò il trasferimento della Squadriglia sul campo di Quinto di Treviso, dove gli assi furono riequipaggiati con i nuovi SPAD S. XIII.
L'ultima vittoria di Baracca sarà conseguita il 15 giugno 1918 contro l' Albatross D.III 153-266 nel cielo di San Biagio di Callalta (Treviso). Come consueto nel codice cavalleresco dell'aviatore di Lugo, Baracca atterrò nei pressi del nemico abbattuto e, sinceratosi delle condizioni dell'avversario rimasto illeso, gli strinse la mano prima di farlo prigioniero.
L'ultimo volo e le esequie
Lo SPAD S.XIII di Baracca aveva compiuto tre sortite quel 19 giugno di un secolo fa. La cornice bellica era quella della decisiva “Battaglia del Solstizio” sulla linea del Piave. I biplani della 91a Squadriglia caccia erano stati inviati a mitragliare un forte assembramento nemico nei pressi dell'Abbazia di Nervesa, a poca distanza dal modesto rilievo del Montello (371 metri slm.). Rientrato dalla terza missione, l'aereo dell'asso italiano presentava diversi danni alle superfici alari, da cui la decisione di sostituirlo durante le riparazioni con il “muletto” SPAD S.VII matricola s.2445.
Il biplano con il grifo a babordo e il cavallino rampante a tribordo staccò le ruote dal suolo di Quinto di Treviso per il suo ultimo volo alle 18,15 circa. Giunto con i compagni di Squadriglia sopra il terreno verdeggiante e cosparso di alberi dell'Abbazia di Nervesa, Baracca fece scendere lo SPAD a 150 metri di quota per cominciare il mitragliamento delle schiere austriache, come aveva già fatto tre volte durante la giornata. Questa volta però, erano giunte sul posto le mitragliatrici caricate a proiettili incendiari. Il Tenente Osnago, giovene e inesperto compagno di formazione di Baracca, vide gli ultimi istanti di volo del Maggiore, seguendolo a poca distanza con il suo apparecchio. D'un tratto lo SPAD impegnato nell'azione di mitragliamento ebbe un sobbalzo, e picchiò per un istante prima di essere avvolto dal fumo e dalle fiamme. Poi il boato sul fianco del Montello in località “Busa delle Rane”, in quella terra di nessuno disegnata dall'ultima offensiva austro-ungarica della Grande Guerra sul fronte italiano. Il corpo di Baracca era irrecuperabile, data l'azione delle armi automatiche nemiche che spazzavano l'area, mentre il rossore dell'incendio dello SPAD fu visibile per tutta la notte del 19 giugno.
Osnago e i compagni della Squadriglia del Grifo rientrarono a Quinto di Treviso dove diedero la notizia in preda allo smarrimento per la sorte di Baracca. Il resoconto del Tenente pilota fece subito ipotizzare la causa dell'abbattimento in un colpo sparato dalle file della 31a Divisione di Fanteria ungherese.
Soltanto il 24 giugno, 5 giorni dopo la battaglia, fu possibile organizzare le ricerche dell'Asso degli assi. Fu il Tenente Ambrogio Gobbi a trovare il corpo di Francesco Baracca a poca distanza dallo SPAD carbonizzato, che giaceva in posizione prona con il pugno destro contratto vicino alla tempia.
Il trasporto del corpo a valle fu affidato al compagno di volo che per ultimo vide l'asso ai comandi del biplano: il Tenente Osnago. Traslata provvisoriamente nella cappella di Quinto di Treviso, ricevette visita dalle autorità e la solenne orazione funebre di Gabriele D'Annunzio giunto per l'occasione presso la sede della Squadriglia di Baracca.
La salma arriverà a Lugo di Romagna il 28 giugno, dove fu allestita la camera ardente nella sala del Consiglio della Rocca Estense. Il 30 giugno 1918 Francesco Baracca viene tumulato nel cimitero cittadino dopo solenni funerali.
L'ipotesi del suicidio
Dopo il recupero della salma di Baracca, non fu eseguita alcuna autopsia. Il corpo dell'aviatore presentava piccole ustioni in vari punti e una ferita nella regione orbitale destra. La pistola di ordinanza fu trovata a poca distanza, mentre alla cintura dell'aviatore restò la fondina aperta. Il secondo dubbio emerso in seguito ai fatti riguardava l'estensione delle ferita orbitale: alcuni testimoni citarono un piccolo foro, non compatibile con il calibro delle armi austriache che spararono da terra quel giorno. L'ipotesi che Francesco Baracca si fosse tolto la vita sarà supportata da confidenze fatte ai compagni di reparto nei mesi precedenti, ai quali l'asso avrebbe reso nota la propria decisione di volersi suicidare qualora fosse sopravvissuto all'abbattimento per non dover sopportare le gravi ustioni verosimilmente causate dall'incendio dell'aereo in legno e tela ed in secondo luogo per non dover subire l'onta di essere fatto prigionero, in linea con il suo codice cavalleresco.
La tesi del suicidio fu ipotizzata per la prima volta negli anni '30 da un Capitano dei Bersaglieri, Riccardo Caviglioli, che ricostruì gli ultimi momenti dell'asso degli assi. Il regime fascista, deciso a cancellare l'ipotesi per mantenere viva l'immagine eroica dell'aviatore negli anni dei primati dell'aeronautica italiana, mise a tacere le voci riguardo al possibile gesto estremo di Baracca. Nel 1940, con l'Italia sull'orlo della guerra, emerge l'ultima voce a supporto dell'ipotesi suicidio. E' quella del biografo di Baracca Antonio Foschini: lo storico, sulla base delle ricerche svolte da Maria Fede Caproni e Antonello Ruffo di Calabria, giunse alla conclusione che sottolineava l'incompatibilità tra il calibro delle mitragliatrici austriache con la ferita alla testa dell'asso. A sconfessare questa ipotesi, e ad escludere il suicidio, concorrerà in seguito l'indagine di uno dei più autorevoli esperti della storia di Francesco Baracca, Paolo Varriale. Secondo lo storico il suicidio tramite colpo alla tempia sarebbe improbabile in quanto, come noto, lo SPAD dell'asso di Lugo stava effettuando passaggi a bassa quota e pertanto una volta colpito l'aviatore non avrebbe avuto il tempo materiale di armare la Glisenti d'ordinanza.
A fianco della versione ufficialmente riconosciuta dell'abbattimento di Baracca per effetto del fuoco namico da terra, esiste una terza ipotesi emersa negli anni: quella dell'abbattimento dello SPAD da parte di un velivolo nemico. Questa tesi sarebbe stata avvalorata da fonti austriache secondo le quali alle 18.10 si sarebbe alzato in volo un ricognitore C.I della Flik 28 diretto sopra il fronte del Piave. Durante il volo i due aviatori nemici avrebbero scorto in lontananza due SPAD (Baracca e Osnago). La loro versione dei fatti rivelerebbe il fattore sorpresa, essendo piombati non visti da quota superiore agli Italiani che procedevano a 150 metri. La tesi dell'abbattimento per il fuoco sparato dal biplano austriaco sarebbe sostenuta dall'esistenza di due fotografie scattate nel momento dell'abbattimento di Baracca, rivendicato e confermato dai Comandi della Flik 28. Il giorno stesso tuttavia il giovane Tenente Osnago, rientrato sconvolto all'aeroporto di Quinto di Treviso, negherà categoricamente la presenza di velivoli nemici nel cielo del Montello la sera di quel 19 giugno di 100 anni fa.
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