È morto Gigi Proietti, mattatore della risata
Se ne va nel giorno del suo ottantesimo compleanno. In 50 anni di carriera ci ha fatto ridere con carisma e abilità da affabulatore, al teatro come al cinema, nelle gag da cabaret e in tv
Nel giorno del suo 80° compleanno, Gigi Proietti se ne va. È morto oggi in seguito a problemi cardiaci, a Roma, in una clinica in cui già era ricoverato per accertamenti.
Dal teatro alla radio, dal cinema alla tv, Proietti ha passato una vita intera a farci ridere, in una carriera lunga 50 anni. E quanto ci ha fatto ridere!
Attore romano di ironia e carisma, doppiatore, cabarettista, aveva detto: «Ringraziamo Iddio, noi attori, che abbiamo il privilegio di poter continuare i nostri giochi d'infanzia fino alla morte, che nel teatro si replica tutte le sere».
Nato a Roma il 2 novembre 1940, appassionato di musica sin da ragazzino, Luigi Proietti (così all'anagrafe) per mantenersi suonava nelle feste e nei night club. Le persone incontrate nella Capitale della sua infanzia sono state fonte di ispirazione comica per tanti personaggi poi portati sullo schermo.
A teatro esordì nel 1963 nel Can Can degli italiani, spettacolo di cabaret diretto dal mimo Giancarlo Cobelli. Con le sue doti da affabulatore, Gigi divenne presto uno showman, un mattatore della risata, maestro per i più giovani. Nel 1970 trionfò nella commedia musicale Alleluja brava gente, nei panni dell'ex frate che si finge grande luminare Ademar.
Al cinema, dove esordì nel 1955 con Il nostro campione di Vittorio Duse, non ha avuto sempre buoni raccolti, ma ha raggiunto la consacrazione nel 1976 con Febbre da cavallo di Steno, accanto ad Enrico Montesano: eccolo nell'indelebile Mandrake, scommettitore incallito alle corse dei cavalli, con i suoi mezzi brocchi Soldatino, King e D'Artagnan. Accolto con freddezza dalla critica, divenne presto un film di culto tra il pubblico. Anche questo successo, però, non lo portò a instaurare una florida carriera cinematografica. Ha partecipato poi, tra i vari titoli, a Panni sporchi di Mario Monicelli (1999) e poi al sequel del cult, Febbre da cavallo - La mandrakata (2002) di Carlo Vanzina. L'ultima partecipazione nel film fantastico un po' dark Pinocchio di Matteo Garrone (2019), nei panni di Mangiafoco, terribile ma dal cuore tenero.
È stato anche doppiatore: ha prestato la voce a tanti divi, tra i vari Marlon Brando, Robert De Niro, Dustin Hoffman, Silvester Stallone nel primo Rocky, a Ian McKellen come mago Gandalf della trilogia de Lo Hobbit, fino al saggio golden retriever protagonista di Attraverso i miei occhi (2919).
Nelle serie tv si è destreggiato con istrionica abilità, che sapeva andare anche oltre la sola comicità. La serie della Rai Il maresciallo Rocca, iniziata nel 1996 e protrattasi fino al 2005, gli ha aperto la strada per una seconda giovinezza.
Parallelamente, intanto, eccolo sempre sul palco. Dall'Accademia al teatro d'avanguardia, dal teatro Tenda al varietà, ha cavalcato oltre mezzo secolo di spettacolo italiano.
Regista e poeta teatrale, in circa 50 anni di carriera ha collezionato 33 fiction, 42 film, 51 spettacoli teatrali, di cui 37 da regista, oltre ad aver registrato 10 album come solista e diretto 8 opere liriche.
Qui lo ricordiamo in una delle sue gag più divertenti, La telefonata. Gli bastava un telefono in mano e riusciva a far ridere, da solo, per minuti e minuti.
Ed eccolo con le sue barzellette micidiali: