Negramaro: "La rivoluzione siamo noi" - Intervista a Giuliano Sangiorgi
Faccia a faccia con il leader della band salentina. In tour nei Palasport dal 5 maggio
"La prima sliding door della mia vita? Un manico di scopa e una manciata di elastici per simulare le corde di una chitarra. Avevo otto anni e suonavo Smoke on the water dei Deep Purple. Appena mio padre ascoltò la cassetta che avevo registrato uscì di casa e si precipitò a comprare una chitarra con custodia morbida e metodo didattico: 80 mila lire. Con le sue antenne aveva intercettato il fuoco che avevo dentro e mi ha iniziato alla musica. Se non avesse fatto quel gesto, oggi sarebbe tutto diverso. Magari l’amore fulminante per le canzoni si sarebbe affievolito e sarei diventato un avvocato. Ma il destino aveva altri piani".
Racconta così uno degli snodi cruciali della sua vita Giuliano Sangiorgi, 37 anni, voce dei Negramaro, l’ultima grande band del rock italiano, in tour nei palasport dal 5 maggio (Taranto) con chiusura all’Arena di Verona il 23 (data zero il 3 maggio a Roccaraso, AQ).
Il ritorno alla magia del palco, ma anche l’eredità delle immagini indelebili della strage al Bataclan di Parigi.
Eravamo in tour, ma per fortuna la sera successiva al Bataclan non avevamo un concerto in programma. Non sarei stato in grado di cantare, non riuscivo a reagire. Quelle immagini erano troppo vicine al nostro immaginario reale. Ho pensato a tutti quelli che lavorano per noi. Poi, superato lo choc, ho visto la fotografia nel suo insieme. E ho pensato alla vita quotidiana delle famiglie di musulmani che nulla c’entrano con il terrorismo. Mia madre è un’insegnante e certe intolleranze nelle aule scolastiche le respira ogni giorno.
Secondo lei hanno ancora senso categorie come destra e sinistra, oppure in un’era liquida e di antipolitica quei termini sono solo suggestioni del passato?
Un errore tragico: bisogna desiderare di appartenere a un’ideologia, quale che essa sia. Destra e sinistra sono due impronte filosofiche, due stili di vita, due progetti di società. Non ci può essere confusione. Non si può essere leggeri a tutti i costi. L’alternativa a capire, a scegliere dove stare, è arrendersi alla logica deprimente e grezza del tanto è tutto un magna magna Il qualunquismo spinge verso il vuoto. Bisogna fuggire dagli slogan e dalle semplificazioni: la rivoluzione siamo noi con i nostri piccoli gesti e pensieri quotidiani.
Le unioni civili hanno diviso il Paese e la politica. Lei che posizione ha?
Le considero un diritto dell’uomo. E per me l’umanità non ha sesso: è una questione che prescinde dagli orientamenti, dal piacere e dall’emotività del momento.
Cantante suo malgrado: tra le peculiarità della sua storia c’è anche questa.
Vero. All’inizio io scirivevo canzoni per i ragazzi del gruppo e gliele portavo in cantina. Per molto tempo ho anche suggerito dei cantanti che secondo me avevano i numeri. Peccato che non andasse mai bene nessuno. Non per incapacità: il vero motivo è che volevano proprio me per dar voce alla loro musica.
Dopo 15 anni l’atmsofera che circonda i Negramaro è ancora quella di una comune di musicisti allenata a vivere e a scrivere insieme.
Tutto quello che abbiamo inciso, compreso l’ultimo album, La rivoluzione sta arrivando, è frutto di un vissuto comune. Per anni abbiamo condiviso lo stesso casolare a Parma. Ricordo ancora Michele Placido che cucinava mentre noi in salotto registravamo i brani per la colonna sonora del suo film Vallanzasca - Gli angeli del male. Oggi trascorriamo mesi in una masseria in Puglia per preparare i dischi. Lì nasce tutto, comprese le idee più pazze, come registrare le chitarre in una vasca da bagno per catturare un certo suono oppure far suonare un timpano al batterista immerso in piscina per catturare le vibrazioni del riverbero dell’acqua.
Tra i musicisti e gli addetti ai lavori si parla molto delle sue doti culinarie.
Io adoro cucinare e mi piace farlo per tante persone. Quindi, se colleghi e amici passano dalla nostra masseria, io mi metto ai fornelli. Ho cucinato anche per Paul Simonon dei Clash, una leggenda del rock che era venuto a trovarci per passare un pomeriggio a suonare con noi. Tra le mie specialità ci sono la carbonara di mare, ovvero una carbonara romana con cubetti di tonno rosso rosolati insieme all’uovo e al formaggio. Il lardo del guanciale contamina il tonno rosso: uno spettacolo. La scorsa estate mi sono esibito anche in paccheri con pomodorini, pesce spada, mentuccia e pistacchio tritato.
Che cosa determina oggi la longevità di una carriera? Gli artisti e le band meteora sono ormai una costante del mercato discografico.
Il committente più importante per un gruppo è l’epoca, lo spirito del presente. Possono prescindere dalla sintonia con la contemporeaneità solo i geni assoluti, che sono sempre troppo avanti, oppure quelli destinati a non funzionare mai. In Italia, per un gruppo, c’è una regola non scritta, ovvero cambiare poco alla volta: se stravolgi tutto, perdi tutto. Un solista può permettersi di essere molto più versatile. Noi abbiamo un buon equlibrio perché siamo in sei con altrettante famiglie che valutano le canzoni. Siamo così tanti da essere un campione rappresentativo del pubblico.
Da bambino cantava i classici di Adriano Celentano e Patty Pravo per le sue zie. Ora, scrive canzoni per questi artisti. Che effetto fa?
Quando svanisce l’incredulità, è una sensazione bellissima. Sentire le proprie canzoni interpretate da quelle voci è come guardarsi allo specchio e scoprirsi piacevolmente diversi. Questa vita mi ha riservato sorprese meravigliose, tipo ricevere una telefonata di Mina alle tre del mattino mentre ero in autostrada: voleva coinvolgermi in un progetto di remake dei suoi brani. Superata l’emozione, mi ha impressionato il fatto che mi parlasse con una voce senza tempo. Mi sembrava di essere al telefono con una ragazza. Sulle sue corde vocali non c’è nemmeno una ruga...