2024, un anno vissuto pericolosamente
Dalla guerre europee e mediorientali alle crisi industriali, agli stravolgimenti politici negli Stati Uniti e in Europa. Il 2024 archiviato contiene i germi del 2025, ma non siamo astrologi, né pretendiamo dalla storia maestra di vita - dicevano gli antichi - chissà quale indicazione precisa sui giorni a venire. Tuttavia l’anno passato è lì, con i fatti, le storie, i personaggi, le crisi, le speranze. Panorama lo ha raccontato, talvolta anticipando temi ed eventi. Vi invitiamo a (ri)sfogliarlo con noi. Il 2024 se ne sta andando, ma aiuta ancora a capire il vento che tira, in Italia e nel mondo.
NESSUNO FERMA LO ZAR
Con il servizio di copertina del numero 6 (il 31 gennaio), Panorama fa il punto sulla guerra in Ucraina. «Sta vincendo lui?», è il titolo, mettendo in luce la superiorità militare dello zar Putin. Abbiamo scritto: «La spina nel fianco degli ucraini è il blocco degli aiuti (60 miliardi di dollari) imposto dai repubblicani nel Congresso americano». Un anno dopo, con Donald Trump in via di insediamento, la situazione non è migliorata. Ha vinto Putin? Adesso si parla di iniziative diplomatiche per un cessate il fuoco e tutti concordano che sarà cruciale il 2025. Per la nuova guida negli Usa e perché l’Europa, costretta, dovrà assumere un ruolo più rilevante. Di sicuro c’è l’altissimo numero delle vittime: 753 mila morti tra i russi, 100 mila (secondo fonti occidentali) tra gli ucraini.
PIÙ LUPI CHE AGNELLI
Con un servizio di Gigi Moncalvo, Panorama (n. 9, 21 febbraio) fa il ritratto di un antitaliano: il nipote di Gianni Agnelli John Elkann, presidente di Exor, holding che controlla Stellantis, Ferrari e il gruppo editoriale Gedi. Lo strillo è «Agnelli o lupi?». Elkann, Cavaliere del Lavoro, è tutt’altro che amico dell’Italia e del lavoro nella Penisola. Stellantis ha all’estero gran parte della produzione, nonché l’assetto societario. È tuttora aperto il tavolo tra azienda, governo e sindacati per discutere un Piano Italia. Com’è aperta la disputa legale tra Margherita Agnelli, figlia dell’Avvocato, e i figli John, Lapo e Ginevra Elkann. Osso da dividere, l’eredità di Gianni Agnelli (scomparso nel 2003) e Marella Caracciolo (mancata nel 2019). La questione potrebbe essere la trama di una serie tv alla Dynasty o Succession. Invece è realtà, con tesori nascosti, soldi sottratti al fisco, notai e avvocati «creativi», principesse annoiate, affetti familiari calpestati. Chissà se verrà esaudita la richiesta con cui l’autore chiude il pezzo: che i pm torinesi colmino le lacune esistenti nei faldoni giudiziari riguardanti una guerra familiare e, purtroppo, la vita di tanti lavoratori che hanno perso e perderanno l’occupazione. Stellantis non ha più il ceo Carlos Tavares, uscito con «appena» 36,5 milioni di euro. La produzione di auto è poco più di 400 mila vetture, a fronte del milione promesse. Jean-Philippe Imparato, responsabile dell’area Europe Enlarged di Stellantis, ha detto: «Il 2025 sarà un anno duro, ma la mia ossessione è mantenere l’attività in Italia». Ce lo auguriamo.
SE QUESTO È «IL MODELLO MILANO»
Il titolo del servizio è quello del film diretto da Francesco Rosi, Le mani sulla città (1963). Qui la metropoli non è Napoli, bensì Milano. La cui evoluzione-involuzione è il focus di Panorama n. 10 del 28 febbraio. Strillo di copertina, Il sacco di Milano. Gli articoli sono sulle ombre di uno strombazzato modello di sviluppo e l’operare del sindaco Beppe Sala, «turbo-ambientalista farlocco». Grattacieli senza una programmazione, piste ciclabili astruse, traffico che mette in croce, inquinamento, speculazioni di fondi stranieri, prezzi folli per affitti e acquisto-case (per non parlare della sicurezza). Non tutto tace: i cittadini si oppongono al timoniere Sala, costituendo comitati. E la procura si è mossa, con chieste su presunti abusi edilizi: le Park Towers a Crescenzago, Scalo House in via Valtellina, Bosconavigli in zona San Cristoforo... Davvero la metropoli lombarda è preda di appetiti bestiali, tali da ricordare ciò che nel film di Rosi lo speculatore edilizio Nottola diceva al politico di riferimento? E cioè: «Il denaro non è un’automobile, che tieni ferma in garage: è un cavallo, deve mangiare tutti i giorni». Le elezioni saranno nel 2026 o nella primavera del ’27. Nei primi mesi del 2025 verranno individuati i candidati ufficiali. Beppe Sala, al secondo mandato, non potrà più presentarsi. Intanto le indagini vanno avanti e la legge «Salva Milano» - in prima istanza aveva messo d’accordo centrodestra e centrosinistra - è in approvazione al Senato.
GLI ERRORI DI MACRON
Emmanuel Macron gioca con il fuoco: è l’avviso di Panorama n. 14, del 27 marzo. La copertina è dedicata alla «Voglia di guerra». Il presidente, sensibile agli interessi globali di Parigi, ne è protagonista. È un falco, pronto a mandare soldati sui teatri bellici. Nel suo secondo e ultimo mandato, l’inquilino dell’Eliseo, fa affidamento sul vuoto creato in Europa per la crisi tedesca e il disimpegno Usa, in atto con Joe Biden. Quel disimpegno, con Trump sarà più marcato. Ma, rispetto a marzo, il guerrafondaio (ancorché dalla parte giusta) Macron è assai meno forte. Nelle elezioni del 9 giugno il suo partito ha ottenuto un pessimo risultato, che lo ha costretto a indire elezioni legislative anticipate. Attualmente il primo ministro è François Bayrou, nominato dopo la sfiducia del precedente governo guidato da Michel Barnier. Le Président - che ha inaugurato in pompa magna Notre-Dame risorta dalle proprie ceneri - è nel mezzo del turbine. Le elezioni sono previste nel 2027. Potrebbe cadere prima?
CHE FARÀ LANDINI «DA GRANDE»
Con in copertina un torvo Maurizio Landini a tutto campo, Panorama n. 18 del 24 aprile, racconta «La fine del sindacato». A prima vista, non sembrerebbe, visto che l’Italia è come non mai ostaggio di scioperi continui in ogni settore, a partire da quello nevralgico dei trasporti. Gli articoli spiegano la non rosea situazione delle organizzazioni che dovrebbero rappresentare i lavoratori. Viene citato un nume del sindacalismo, Luciano Lama, per 16 anni alla guida della Cgil. Diceva, nel 1984 (anno orwelliano): «Da parte del movimento sindacale c’è stata scarsa sensibilità intorno ai processi di innovazione». Sono passati 40 anni e il sindacato tutto ha fatto, meno che capire le novità. La metà degli iscritti alla Cgil (2,5 milioni di persone) sono pensionati. Difficile per le organizzazioni dei lavoratori, non soltanto la «Confederazione generale italiana del lavoro», intercettare nuove occupazioni (per esempio i ciclo-fattorini del cibo), tutelare chi lavora da remoto, conquistare i giovani che hanno un’idea non arcaica dello stare nella produzione e nei servizi. In un simile scenario, abbaia il mastino Landini, segretario generale della Cgil. Per lui la crisi del sindacato è una favola. Landini fa politica, il suo obiettivo è abbattere il «governo delle destre» guidato da Giorgia Meloni: qualsiasi cosa faccia, la fa male. Più a sinistra di Elly Schlein, e di Giuseppe Conte, Landini ha evidenti ambizioni di leadership nel suo campo, largo o meno largo che sia. Quanti scioperi, al di là delle strette ragioni contrattuali, verranno impugnati come clave per dare addosso all’esecutivo, o ai fascisti, che per Landini sono la stessa cosa?
L’EUROPA GUIDA CINESE
«Auto europea addio»: Panorama n. 22, il 22 maggio annunciava in anteprima ciò che sta succedendo, con le vetture elettriche e i marchi cinesi che si impongono. Le quote di piazzamento però restano basse. Le auto costano troppo, i punti di ricarica sono pochi e mal distribuiti. Eppure l’Europa impone una irrealistica data (2035) per l’addio al motore termico. Gli articoli registrano i pareri di Oliver Zipse (numero uno di Bmw), Luca de Meo (ceo di Renault) e Carlos Tavares (all’epoca ceo di Stellantis). E oggi? Il mercato delle auto elettriche in Europa ha registrato un calo significativo dall’estate 2024. In agosto, le immatricolazioni sono diminuite del 43,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023: 92.627 le unità vendute. In Italia, nel 2023 (dati Eurostat) le vetture elettriche immatricolate erano il 4,5 per cento del totale.
TRUMP E LA RICONQUISTA DELL’AMERICA
Panorama analizza, in un articolo di Maurizio Tortorella, il candidato repubblicano con la copertina del n. 23 del 29 maggio. I sondaggi danno Donald Trump in netto vantaggio, nonostante il sistema mediatico tenda a sminuire la crescente approvazione degli americani verso un politico già stato alla Casa Bianca (2017-2021). La «competitor» Kamala Harris è ancora la mediocre vice di Joe Biden, non la pasionaria che a novembre avrebbe (inutilmente) scaldato i cuori dei democratici. Dal 20 gennaio prossimo si apre una nuova era di rapporti internazionali tra la potenza americana e gli attori dei teatri più difficili, quelli di guerra, da Gaza all’Ucraina in primis. E poi: Trump metterà i dazi promessi? Se introducesse la gabella del 10 per cento sulle merci esportate dall’Europa, il Pil della Ue subirebbe un calo fino all’1,6 per cento. E sarebbero dolori.
L’INVERNO TEDESCO
La Germania locomotiva d’Europa è uno sbiadito ricordo: è il tema di copertina su Panorama n. 36 del 28 agosto. Da Berlino, Daniel Mosseri informa su un Paese in cattive acque, che risente dello shock energetico dovuto alla guerra, del welfare insostenibile, della mancata fiducia degli investitori. La crisi ha destabilizzato la «coalizione semaforo», guidata da Olaf Scholz. Panorama torna sul trauma tedesco con un’altra copertina, quella del n. 48, uscito il 20 novembre scorso. Il 23 febbraio 2025 ci saranno le elezioni anticipate. Dalle urne uscirà una Germania in grado di riprendere il proprio ruolo-guida in Europa? Assai difficile.
RIARMO GLOBALE
Il mondo sull’orlo della guerra in due copertine di Panorama, quelle del n. 40 (25 settembre) e del n. 42 (9 ottobre). A settembre, il focus è il conflitto Russia-Ucraina. Sembra agli atti finali, con duri bombardamenti e Putin che lascia intendere come la soluzione nucleare possa essere a un passo. E poi c’è la situazione in Medio Oriente, con l’invasione di Gaza da parte di Israele e il fronte libanese che si sta per aprire. Quante armi circolano nei tanti teatri bellici aperti... Il numero 42 è quindi dedicato alla corsa per riempire gli arsenali. «Si armi chi può» è lo strillo. La spesa militare nel mondo cresce: 2.443 miliardi di dollari nel 2023. In Europa è salita del 9 per cento, toccando 436 miliardi di dollari. E la Commissione presieduta da Ursula von der Leyen consente che parte dei fondi di coesione del bilancio settennale vadano spesi in programmi militari (si parla di 137 miliardi di dollari). La guerra è un motore economico: si armi chi può, e la ricaduta finisca nelle tasche degli investitori in Borsa.