Un 2024 di ricorrenze e anniversari letterari (e non solo)
La letteratura italiana compie 800 anni, mentre sono 100 gli anni per l’omicidio Matteotti che certamente farà tanto parlare; ricorrono già trent’anni invece per la discesa in campo di Berlusconi e il rigore di Roberto Baggio. E poi…
Le ricorrenze sono appunti da calendario, materiale per un articolo di giornale o per una pubblicazione che venda qualche copia in tempi di magra per l’editoria, ma sono anche una scusa come un’altra per ricordare ciò che è stato e dare così profondità all’esistenza, cercando un solco, una storia, un insegnamento, un monito. Ricorrenze buone per fare luce su persone che hanno lasciato il segno, su vicende che fa bene tenere a mente, su prodotti dell’ingegno e dell’arte umana da rileggere, rivivere, far rivivere. E’ un grande esercizio politico, culturale, artistico, sociale e spirituale di memoria collettiva. E’ tutto questo insieme, sì, e di tutto questo abbiamo bisogno come individui e come comunità. Il nuovo anno dà ogni volta il suo contributo con nuove date utili per ricordare qualcosa, qualcuno, per un momento di riflessione, per un brindisi, per uno studio nuovo su un avvenimento passato e che ci riguarda.
L’anniversario più potente e più lontano nel tempo che si affaccia in questo 2024 è senza dubbio l’ottocentenario del Cantico delle Creature di San Francesco. Ottocento anni per una preghiera scritta da Francesco d’Assisi, un uomo più amato che conosciuto e ancor meno imitato, che parla a tutti e che loda Dio per la bellezza e la potenza della natura, rammentando all’uomo che, a differenza delle cose e di tutto ciò che sta sulla Terra (e intorno), solo l’essere umano può determinarsi e distinguersi nel bene. E nel male. Francesco, patrono d’Italia, compone in quell’italiano umbro d’Assisi una preghiera antica e attuale così bella e curata che diviene anche pietra miliare letteraria, essendo considerata proprio il primo testo della letteratura italiana.
Anche la nostra letteratura arriva quindi alla cifra tonda, anni ottocento. Otto secoli splendidi, e sia consentito l’aggettivo giudicante. Da Dante a Montale, da Petrarca a Ungaretti, passando per Ariosto e Pascoli, Tasso e Leopardi, Foscolo e Manzoni e tanti tantissimi altri autori meno maiuscoli, per produzione, ma amabili, spregiudicati, sperimentatori, smascheratori, lucidi, capaci. Ottocento anni di ingegno umano applicato alla lingua italiana, così precisa, così tagliente, così esatta se manipolata da chi ha saputo plasmarla e adoperarla.
Riscopriamo Francesco d’Assisi, il suo Cantico e il suo stupore per ciò che ci circonda, e riscopriamo la letteratura italiana tutta, facendola uscire dagli stereotipi impolverati di chi la considera roba da museo, fuori moda, lenta, oggetto di erudizione, banco di prova scolastico e niente altro. La letteratura salva la vita, l’ha fatto con tantissimi autori che si sono ritrovati e salvati praticandola, può farlo ancora con tanti lettori che potrebbero sperimentarne la forza, la potenza, la bellezza. Decidendo di volerlo fare e iniziando da un libro da riprendere in mano, da un incontro in libreria, da una lezione online.
Sono tantissimi invece i centenari, anche assai diversi per fatti, persone, memorie e cultura. Vale iniziare a ricordare due grandi autori europei, Joseph Conrad e Franz Kafka. Il primo, britannico anche se di natali eterogenei, ha raccontato l’abisso del comportamento umano nelle dinamiche di dominio e dinanzi alle manifestazioni prorompenti della natura. Kafka, invece, è l’autore del tarlo mentale, del malessere, dell’uomo che non è a suo agio e che non ha un posto nella propria casa, nei propri panni, nelle convenzioni che lo circondano e, più generalmente, nel mondo. Sono due autori che hanno scritto fino a un secolo fa e che hanno fecondato, con la loro lungimiranza e uno stile impeccabile, generazioni di scrittori. Riscopriamo Conrad con “Cuore di tenebra” e di “Tifone”, romanzi diversi per palati diversi, ugualmente fini, e riscopriamo Kafka con i suoi due capolavori, “Il processo” e “La metamorfosi”, due testi inarrivabili per stile, resa, ansia, modernità.
Ci sono poi altri centenari che susciteranno di riflessioni, dalla morte di Lenin alla fondazione de “l’Unità” da parte di Antonio Gramsci. Nei primi giorni di giugno sentiremo parlare certamente di Giacomo Matteotti, ucciso cento anni fa perché coraggioso dissidente del fascismo. Ne sentiremo parlare, come spesso avviene, tirandolo per la giacca, rivendicandone lo spirito con un post su Instagram, con una dichiarazione al vetriolo. Ricordiamo Matteotti – a cui sono dedicate tantissime strade e piazze in tutta Italia – leggendone una buona biografia, i suoi pensieri, i suoi discorsi e soprattutto il suo ultimo del 30 maggio 1924, per farlo rivivere, per conoscerlo meglio e per davvero, per farlo uscire dalla solita superficialità con cui in questi tempi sghembi si citano tutti e tutto.
Infine, un pensiero ai trent’anni dal 1994. Per molti si tratta di un anniversario in cui la memoria, più che la storia, viene in conforto e fa ricordare. Trent’anni dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi in politica, trent’anni dalla morte di Ayrton Senna a Imola, trent’anni da quel rigore decisivo sbagliato da Roberto Baggio. Sono ricordi tutti televisivi, impressi nella memoria di chi c’era e peraltro oggi facilmente reperibili in rete per un tuffo nel passato di un tempo non troppo lontano, ma considerato “ieri” da chi nel 1994 c’era, votò, gridò, pianse.