9 maggio 1997: 20 anni fa l'omicidio di Marta Russo
Stroncata a 22 anni da un proiettile sparato da una finestra dell'Istituto di Filosofia del Diritto dall'assistente Giovanni Scattone. Un delitto immotivato
Sono le 11,42 di venerdì 9 maggio 1997 quando la studentessa di Giurisprudenza Marta Russo si accascia al suolo, in un viale dell'Università La Sapienza di Roma, tra la facoltà di Scienze Politiche e quella di Statistica. Ha un piccolo foro all'altezza dell'orecchio quando la sua compagna Jolanda Ricci le presta i primi soccorsi. Le forze dell'ordine e i mezzi di soccorso sono sul posto in pochi minuti. Marta è trasportata d'urgenza al Policlinico Umberto I dove giunge già in coma. A ferirla era stato un proiettile calibro 22, sparato dall'alto verso il basso. La studentessa di 22 anni muore in terapia intensiva alle 22 (quasi una cabala) del 13 maggio.
Gli inquirenti incappano in una prima pista che porta al magazzino della ditta di pulizie appaltatrice dei locali dell'università. Vengono trovate alcune P38 e altre armi giocattolo. In realtà si scoprirà che si trattava di un poligono improvvisato dai dipendenti della ditta.
Lo sgomento tra gli studenti è altissimo. Il 14 maggio sono oltre 5.000 i ragazzi che sfilano in silenzio in un corteo per ricordare Marta. Tre giorni dopo i funerali i Ris scoprono tracce di polvere da sparo sul davanzale dell'aula 6 dell'Istituto di Filosofia del Diritto a Scienze Politiche. Viene fermato il direttore dell'Istituto Bruno Romano con l'accusa di favoreggiamento. sarà successivamente scagionato
Un mese dopo il delitto il Gip Muntoni emette tre ordini di custodia cautelare nei confronti dei due assistenti dell'istituto Salvatore Ferraro e Giovanni Scattone e dell'usciere Francesco Liparota. Ad incastrarli una superteste, la segretaria Gabriella Alletto.
Essendo quest'ultima tra gli indagati, la difesa dei tre fermati esprime subito il dubbio della ricattabilità della segretaria, messa sotto pressione dai numerosi interrogatori dei giorni precedenti.
Nell'ottobre successivo viene confermata la presenza di polvere da sparo sulla camicia di Scattone e ad un anno dal delitto inizia nell'aula bunker del Foro Italico il processo, che vedrà nei vari gradi infliggere pene sostanzialmente leggere agli imputati, che rimangono due dopo l'assoluzione dell'usciere Liparota. Per Scattone 5 anni e 4 mesi, per Ferraro 4 anni e 2 mesi.
Scattone però ha già scontato la pena con il carcere preventivo quando viene arrestato nuovamente alla fine del 2003.
L'arma del delitto non sarà mai ritrovata e Giovanni Scattone, libero, può tornare alla vita civile. Nel 2005 fu supplente di storia e filosofia al Liceo Scientifico Primo Levi di Roma, dove fu costretto ad abbandonare dopo le polemiche che scatenò la sua assunzione. Andrà ancora peggio nel maggio del 2011 quando fu preso come docente allo scientifico Cavour, lo stesso dove si era diplomata Marta Russo.
Grazie alle volontà di Marta Russo sulla donazione dei suoi organi, si salveranno ben 6 persone. Il suo cuore sarà donato ad una casalinga siciliana, Domenica Virzì, che all'epoca aveva 38 anni.