A Bologna nasce la "Social Street"
Una pagina facebook fa nascere una nuova comunità che sembrava sparita (ma era solo nascosta)
Diventare famosi per un gesto di fiducia che, moltiplicato 160 volte, in altrettante strade di una quarantina di città italiane sta cambiando il modo di vivere. In una “social street” suonare al campanello del dirimpettaio per un uovo che manca non rischia più di essere inteso come un’invadenza.
Da quando sono spariti i cortili, la propensione è di farsi ognuno i fatti propri al di là di uno striminzito “buongiorno” o “buonasera”. Qualche volta neppure quello. Ad alcuni sta bene. Alla maggior parte no. Federico Bastiani, 36 anni, giornalista, è tra questi. «Possibile che il mio bambino non abbia nessuno con cui giocare?!». L’idea è nata così. Un gruppo chiuso su Facebook intitolato “Residenti in via Fondazza a Bologna” e poi l’invito a ritrovarsi per un caffè in piazza in una domenica di inizio autunno. E la cosa, dopo i primi momenti di fisiologica diffidenza da parte di qualcuno, incredibilmente si è fatta da sé. Da venti perfetti sconosciuti, davanti a quella prima tazzina di caffè, sono diventati circa 600 in poco più di cinque mesi.
Un nome inglese per un’ idea tutta italiana? «Beh sì, ne indica l’apertura mentale. E poi in casa con mia moglie Laurell, originaria del Sud Africa, parliamo inglese».
Il pregio dell’iniziativa è il desiderio spontaneo di conoscere e creare un rapporto di fiducia con i propri vicini.«Ho messo i contorni ad una cosa semplice». Semplice, si fa per dire. Relazionarsi implica non solo la voglia di farlo, ma anche un certo impegno, disponibilità e attenzione. Altrimenti perché mai dare una mano a due studenti appena arrivati che non sanno come arrangiarsi per fare due buchi nel muro? Inserito un post nella pagina facebook, dove chiedono se qualcuno può prestare loro un trapano per una mezz’oretta, poco dopo risponde un signore che abita due piani sopra e si offre di mettergliela lui la mensola per il semplice piacere di farlo. Non si erano mai neppure incrociati sulle scale. I due ragazzi ringraziano con una bottiglia di vino pugliese doc. Quando fai un gesto gentile, la cortesia ti ritorna.
500 metri di strada, sentirsi parte di una comunità dove ciascuno è importante e tutti sono bene accolti perché ci si fida. L’entusiasmo delle persone nasce da questo e per questo è contagioso tanto che a Bologna oggi si contano 40 social streets.
Grazie alla forza propositiva di chi ne fa parte, nuove iniziative nascono senza sforzo. Verrebbe quasi da pensare che si presentino da sole. Così Laurell Boyers Bastiani, scambiando due parole con un vicino di casa esprime il desiderio, comune a tante mamme, di andare al cinema con il proprio bambino. Il signore in questione è proprietario proprio di un cinema e nasce il “Mummy Cinema”, appuntamento il sabato mattina per mamme e anche papà. Dimostrazione lampante, la Social Street, della fertilità che un clima di fiducia genera, moltiplicando motivazioni e atteggiamenti responsabili. Le persone, infatti, sono diventate più attente a chi vive loro vicino e si mettono volentieri in gioco per creare piacevoli momenti di condivisione.
Federico ci tiene a sottolinearlo, tutto questo è nato dopo. «L’intento originario è stato costruire relazioni improntate alla fiducia reciproca. Sapere di poter contare sul proprio vicino è rassicurante e un forte antidoto al senso diffuso di solitudine e isolamento».
La notizia, ripresa da quotidiani e tiggì, ha varcato l’oceano e proprio in questi giorni un docente universitario cileno ne ha riportato l’esperienza nel corso di un convegno organizzato nella sua terra.
Ora c’è chi fiuta l’affare, ma le social streets non cercano sponsor. Il loro obiettivo è dare forma ad un bisogno diffuso, stare insieme e farlo nel migliore dei modi. «Mi piacerebbe che le buone pratiche venissero replicate agevolmente. Si tratta di un’idea che parte dal basso e così mi auguro continui». Il sito “Social Street Italia” nasce per questo, affiancando la pagina Facebook con i suoi 3600 “Mi piace” in aumento.