A cosa punta davvero Berlusconi?
Anti-europeista e anti-euro: cerchiamo di capire qual è la verità dietro le ultime dichiarazioni dell'ex premier
Che cosa vuole davvero Silvio Berlusconi? Qual è la sua idea di Europa? Dev’essere considerato un europeista o un anti-europeista? Vede l’Italia dentro o fuori dell’Eurozona? Vuole candidarsi a fare il presidente del Consiglio? Il ministro dell’Economia? O tornare a vita privata?
La lettura dei quotidiani non aiuta la comprensione.
Il “Corriere della Sera”, per esempio, nel fondo di Massimo Franco critica il ritorno del Cavaliere nella trincea della politica come un ostacolo per l’azione di Mario Monti, mentre il retroscena di Francesco Verderami tratteggia un Berlusconi “montiano”: i problemi per il Professore non verrebbero dal Cavaliere, “ma dall’Europa”. E ancora: gli ultimi sondaggi sono confortanti o no per il PDL? E quale strategia politica suggeriscono?
Insomma, la confusione regna sovrana nel centrodestra e destreggiarsi tra segnali così diversi, spesso contraddittori, non è facile. Proviamo a mettere qualche punto fermo.
1. Berlusconi non è “tornato”, semplicemente perché non se n’è mai andato. Dietro le quinte, ha continuato a esercitare un potere che nasce dal voto degli italiani e dal carisma di presidente e fondatore prima di Forza Italia, poi del PDL. In alcune recenti interviste come negli incontri con i gruppi parlamentari, soprattutto dopo le elezioni amministrative, Berlusconi è sembrato tornare in prima linea, sotto la luce dei riflettori, dopo che una delle ragioni della sconfitta del PDL nelle amministrative era stata individuata nella sua assenza dall’agone politico. E, comunque, Berlusconi non è personaggio da andare in pensione o arrendersi.
2. Le sue critiche alla politica economica di Monti derivano dall’idea che questo governo di “tecnici” avrebbe dovuto fare di più non tanto sul fronte dei tagli e delle tasse (dove, anzi, “Monti ha esagerato”), ma su quello della crescita e della riforma della giustizia. E in queste critiche è in sintonia con la gran parte degli elettori del PDL, ed è potenzialmente capace anche di recuperare sui delusi e gli indecisi. Al dunque, però, Berlusconi è consapevole che la corda non si può tirare più di tanto, pena la caduta del governo e una fase disastrosa per il Paese.
3. Berlusconi non ha proposto l’uscita dall’Euro e il ritorno alla Lira. E non ha fatto dichiarazioni anti-europeiste. Anzi, sia in pubblico che nell’intervista al Wall Street Journal ha detto di “sognare gli Stati Uniti dell’Eurozona” con una piena unione sotto tutti gli aspetti (fiscale, politico, bancario etc) e in cui non vi siano più premier e ministri dell’Economia dei singoli Stati, ma premier e ministri dell’Economia di tutta l’Eurozona. La Francia dovrebbe abdicare a quote di sovranità, e la Germania alla pretesa d’imporre un rigore assoluto. Certo, ha detto, se l’Eurozona dovesse implodere e i veti non cadere, si porrebbe oggettivamente il problema dell’uscita o della Germania o dell’Italia dall’Euro. E parlarne non sarebbe una bestemmia.
4. L’attivismo di Berlusconi e i toni critici verso il governo e verso la gestione della politica europea hanno restituito al PDL una parte del consenso perduto. I sondaggi segnalano una rimonta, anche se per il momento limitata, insieme a un primo calo (non marcato, eppure significativo) del Movimento 5 Stelle di Grillo. Resta il fatto che se Casini dovesse confermare l’orientamento a schierarsi con il PD, il “cartello” del centrosinistra avrebbe delle chance in più rispetto al PDL (anche se tornasse alleato della Lega) e alla sinistra radicale e giustizialista di Vendola, Di Pietro, Grillo. Di qui la prudenza nel non premere troppo l’acceleratore del voto anticipato.
5. Berlusconi ha detto che non si sarebbe candidato per la sesta volta a Palazzo Chigi, e anche l’ipotesi di fare “il ministro dell’Economia nel governo Alfano” è una boutade che serve a saggiare gli elettori, a segnalare che il Cavaliere è ancora in sella ma che non intende delegittimare il suo delfino, Angelino Alfano. Il resto si vedrà.