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Aborto: così l'Irlanda va al referendum

In vantaggio il fronte a favore della liberalizzazione. E intanto i colossi del web mettono un freno alle inserzioni provenienti da paesi stranieri

Il 25 maggio gli irlandesi sono chiamati a decidere se rendere legale l'aborto con un referendum in cui è chiesto loro se vogliono abrogare l'articolo 40.3.3 della Costituzione, meglio noto come ottavo emendamento. Si tratta di un articolo aggiunto in seguito ad un altro referendum tenutosi nel 1983, che di fatto rende illegale l'aborto nel paese in quasi tutte le circostanze.

Tutto proibito

Tra tutti i paesi dell'Unione Europea, dall'Italia alla Svezia, dalla Croazia all'Ungheria, dall'Estonia alla Bulgaria, solo in Irlanda e a Malta l'aborto non è consentito. Il divieto riguarda praticamente tutte le situazioni, dallo stupro alle malformazioni del feto, e l'interruzione di gravidanza può essere consentita solo laddove sia in pericolo la vita della donna. Si deve questa eccezione al Protection of Life During Pregnancy Act, un legge approvata solo nel 2013 in seguito all'ondata di indignazione suscitata dalla morte dovuta alla gravidanza di una donna alla quale era stato negato l'aborto.

Il rischio imminente e sostanziale per la vita della donna include anche il pericolo che commetta un suicidio. In questo caso però è necessario che si esprimano fino a 6 medici ai quali spetta la decisione definitiva se concedere alla donna la possibilità di abortire.

L'ottavo emendamento mette sullo stesso piano il diritto di vita del feto e quello della madre, il che rende impossibile abortire anche in situazioni estremamente gravi, come appunto il fatto di essere rimaste incinte in seguito a uno stupro, oppure la presenza di difetti congeniti nel feto tali da impedirgli comunque di sopravvivere al di fuori dell'utero materno.

Chiunque procuri un aborto o aiuti una donna a procurarsi un aborto in Irlanda, al di fuori dei ristrettissimi confini di ciò che è consentito dall'attuale legge, è passibile di una condanna fino a 14 anni di carcere.

I numeri dell'esodo

L'ottavo emendamento aggiunto alla Costituzione nel 1983 rendeva illegale anche dare informazioni a una donna su dove ottenere un aborto, e vietava a una donna incinta recarsi in un altro paese per poter interrompere la gravidanza. Solo con l'approvazione del tredicesimo e quattordicesimo emendamento, nel 1992, queste due situazioni sono diventate legali.

Ma è di fatto dagli anni '80 che le donne irlandesi che si trovano nella necessità di interrompere la gravidanza vanno all'estero, sopratutto nel Regno Unito, ma anche in Olanda, per abortire. Si stima che siano state 170mila tra il 1980 e il 2016, ma si tratta di cifre approssimate per difetto, perché molte donne non dichiarano di risiedere in Irlanda nelle cliniche in cui viene effettuata la procedura.

Tra gli argomenti forti della campagna per il sì al referendum, e quindi per ottenere che l'aborto sia libero, legale e gratuito, c'è quello della discriminazione economica. Di fatto in Irlanda è impossibile abortire solo per chi non si può permettere di volare in Gran Bretagna a farlo: il viaggio può arrivare a costare 1000 euro, una cifra che non tutte hanno a disposizione.

Negli ultimi anni il trend dei viaggi è in diminuzione, di pari passo con l'aumento di sequestri di pillole abortive, sistema che viene scelto da un numero crescente di donne per interrompere la gravidanza ma che, come tutti gli altri, è illegale. Questi farmaci vengono acquistati online, quindi non vi sono certezze sulla loro sicurezza. Inoltre vengono assunti senza nessuna assistenza medica il che espone le donne a ulteriori pericoli. 

Il vento sta cambiando

Gli ultimi sondaggi vedono in vantaggio i sostenitori del sì. Sono soprattutto le giovani a sostenere la causa della liberalizzazione dell'aborto, in quanto sono quelle maggiormente interessate a poter in futuro avere la possibilità di scegliere. La forbice tra favorevoli e contrari all'abrogazione dell'ottavo emendamento sembra però restringersi e un elettore su cinque si dichiara ancora indeciso.

Comunque, in quello che è da molti considerato il paese più cattolico del mondo, la Costituzione è stata già emendata nel 1996 per eliminare il divieto di divorziare e in tempi recentissimi i cittadini si sono espressi in massa in favore dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Senza dimenticare che lo scorso anno è stato eletto Primo Ministro Leo Varadkar, un medico 39enne di origini asiatiche dichiaratamente gay, che manco a dirlo è favorevole alla liberalizzazione dell'aborto. I tempi sembrano dunque maturi per consentire alle donne di scegliere se interrompere la gravidanza, non solo nel caso in cui la loro stessa vita sia messa a repentaglio.

Facebook e Google bloccano la pubblicità

Questo referendum sarà anche un banco di prova per testare il nuovo approccio dei colossi di internet rispetto alle ingerenze straniere sulle altrui elezioni. Prima Facebook e poi, il giorno dopo, Google hanno bloccato tutti gli annunci pubblicitari relativi al referendum provenienti da inserzionisti non irlandesi.

Questa decisione ha ottenuto il plauso degli attivisti per il sì, mentre sembra scontentare i gruppi anti-aborto, che in una dichiarazione congiunta descrivono il divieto come "un tentativo di manipolare il referendum". Secondo le associazioni Save The 8th, Pro Life Campaign e The Iona Institute la decisione sarebbe il frutto di pressioni da parte di un establishment tutto in favore del sì. Per il fronte del no, internet "era l'unica piattaforma disponibile per la campagna per il no per parlare direttamente con gli elettori. Questa piattaforma viene ora indebolita al fine di impedire al pubblico di ascoltare il messaggio di una parte".

Sul suo blog Facebook spiega così la sua nuova politica, volta a limitare le intromissioni straniere sulle elezioni. "Il nostro approccio aziendale è quello di costruire strumenti per aumentare la trasparenza della pubblicità politica in modo che le persone sappiano chi paga per gli annunci che vedono e per garantire che qualsiasi organizzazione che pubblica un annuncio politico si trovi in quel paese".

In seguito alla scoperta di possibili ingerenze straniere sui risultati delle elezioni presidenziali americane del 2016, Facebook ha operato diversi cambiamenti per affrontare le preoccupazioni sul ruolo che il social network svolge nelle elezioni e nella politica in tutto il mondo. Ha per esempio modificato l'algoritmo dei feed di notizie per attenuare le notizie politiche e ha assunto migliaia di moderatori per individuare contenuti estremisti.

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Marta Buonadonna